Assume sempre più i contorni di un’operazione militare pianificata nei dettagli l’assalto di questa mattina all’ambasciata americana nello Yemen: secondo le ultime ricostruzioni, il complesso super-fortificato nella zona orientale di San’a è stato investito da almeno cinque esplosioni. Durante l’attacco conferma l’agenzia di stampa locale Saba hanno perso la vita almeno 16 persone, delle quali sei guardie di sicurezza yemenite, quattro civili e sei assalitori. Secondo alcuni funzionari pubblici e responsabili di polizia al corrente delle indagini, l’assalto è iniziato pochi minuti dopo le nove: da un furgoncino sarebbero partite alcune raffiche di colpi di armi automatiche e diversi razzi anticarro tipo rpg; mentre la battaglia era ancora in corso, due automobili cariche di esplosivo si sarebbero schiantate contro il muro di cemento che protegge la parte interna del complesso. In una nota diffusa nel pomeriggio, i diplomatici americani di San’a hanno attribuito l’attacco a non meglio precisati terroristi armati; a evocare la costante minaccia del terrorismo è stato anche un portavoce della Casa Bianca, secondo il quale Washington intende portare avanti la collaborazione con il governo dello Yemen per impedire nuovi attentati. Le responsabilità dell’assalto, in realtà, non sono chiare: la rivendicazione della Jihad islamica nello Yemen, un gruppo pressoché sconosciuto che ha minacciato di colpire anche le sedi diplomatiche di Arabia Saudita, Gran Bretagna ed Emirati arabi uniti, è tutta da verificare.Misna