Opinioni & Commenti
Vuoti politici e silenzi assordanti interpellano i cattolici
di Domenico Delle Foglie
Bisognerà pure che qualcuno risponda al «sogno» più volte evocato dal cardinale Angelo Bagnasco: «Una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni».
Ma se non vogliamo che resti un «sogno», bisognerà parlare un linguaggio di verità. Magari partendo da alcuni punti fermi. Innanzitutto, senza atteggiarci a esegeti del Bagnasco-pensiero, possiamo presumere che quel suo ragionamento riveli un’insoddisfazione di fondo rispetto allo stato delle cose. Se non altro, ci dice che sulla scena politica italiana mancano presenze di quel tipo. E la responsabilità ricade direttamente sulle spalle del laicato cattolico italiano. Certo, si potrebbe obiettare che questo è il risultato proprio delle dinamiche post-conciliari, della cosiddetta «scelta religiosa» dell’Azione cattolica, dell’esplosione dei movimenti ecclesiali, dell’affermazione del volontariato. E più in generale della scelta fatta dal laicato cattolico, in accordo con i propri pastori, di indirizzare prevalentemente le forze verso un agire intraecclesiale.
Ma ora ci si accorge che si è creato un «vuoto» politico. Di sicuro, in questi anni, soprattutto nell’ultimo decennio, non si è stati con le mani in mano. Basti pensare alla nascita delle tre «Reti» di ispirazione cristiana (Forum delle associazioni familiari, Scienza & Vita e Retinopera) che hanno avuto un ruolo decisivo in due momenti pubblici di straordinario valore sociale culturale e politico come il referendum sulla Procreazione medicalmente assistita (2005) e il Family Day (2007). Ma queste «Reti» (soprattutto Scienza & Vita e Retinopera) sembrano aver ormai abbandonato la linea della presenza nello spazio pubblico per concentrarsi su quella più strettamente culturale. Dunque, meno protagonismo pubblico e solo discernimento culturale.
Abbandonata la prospettiva delle «Reti», resta la domanda sul che fare, sul come muoversi e su quali debbano essere i nuovi attori di questo rinnovato protagonismo. Intanto registriamo il silenzio assordante da parte del laicato cattolico rispetto all’ennesima esternazione del cardinale Bagnasco sull’Osservatore Romano. Cosa cela questo immobilismo? Imbarazzo, sconcerto, una richiesta di indirizzo, una sollecitazione più diretta? Chi può dirlo? Intanto, sulla scorta di questo silenzio, lo storico del Cristianesimo Massimo Faggioli, su Il Mulino, ha facile gioco nello scrivere che il «sogno di Bagnasco equivale da parte del leader dei vescovi italiani a una dichiarazione di impotenza». Brutta diagnosi che meriterebbe una risposta adeguata. Ma a chi tocca reagire? Forse ai laici cattolici, ma dovrebbero avere dei «luoghi» in cui confrontarsi e poi parlare, magari, con una sola voce.
Va detto, per onestà intellettuale, che è difficile formare una «generazione nuova» senza adeguati incubatori. Forse i vescovi pensano che sia sufficiente «delegare» il compito ad associazioni e movimenti. Basterà? Nessuno può garantirlo. Nel frattempo, ci si prepara all’appuntamento della Settimana sociale di Reggio Calabria sperando che almeno lì nasca qualcosa.
Altrimenti continueremo a sognare a occhi aperti, mentre il destino del Paese, dimentico del bene comune, apparirà sempre più nelle mani dei potenti che si attovagliano sulle terrazze romane e alla mercé di vecchie e nuove massonerie.