Livorno

Vivere «la disciplina della pace»

Pensi alla Regola di San Benedetto, e subito ti vengono subito in mente austeri conventi medievali e anziani monaci in preghiera protetti dalle spesse mura di inaccessibili abbazie. Ma c’è anche chi la Regola cerca di portarla nella propria vita quotidiana di giovane dei nostri giorni. Parliamo della Gioventù Benedettina, un gruppo di circa trenta fra ragazzi e ragazze, che da anni si ritrova presso il Santuario di Montenero attorno alla figura di padre Luca Giustarini, e che cercano di realizzare nel mondo di oggi i principi che San Benedetto aveva elaborato quasi un millennio e mezzo fa. «La nostra esperienza cominciò nel 2000 – ci racconta Simone Valenti, presidente e uno dei fondatori del gruppo- all’inizio eravamo solo in quattro: quattro  ragazzi provenienti da storie diverse, ma con una cosa in comune: avevamo scoperto da poco la fede ed eravamo alla ricerca di una guida. E dopo aver cercato a lungo, la abbiamo trovata qui».

E che cosa trovate qui che non avete trovato altrove?«Una delle idee che sta dietro alla Gioventù Benedettina è quella del combattimento spirituale: l’’idea che la vita dell’uomo, fin dalla nascita,  consiste sempre in una lotta quotidiana contro le tentazioni del maligno, contro le proprie debolezze e i propri vizi. Su tutto questo noi crediamo, a differenza anche di molti cristiani, che non si debba mai abbassare la guardia. Una delle nostre preghiere simbolo è proprio quella del combattimento spirituale. E non a caso ci consideriamo una milizia: la “Militia Sancti Benedicti”». Veniamo all’organizzazione: che cosa è e come funziona precisamente il vostro gruppo?«Intanto, il nostro vero nome è Familia Sancti Benedicti, e siamo formalmente una famiglia laica aggregata ai benedettini. L’età media è sui 30 anni. Abbiamo un nostro statuto, un presidente, un’assemblea che si riunisce una volta ogni tre anni, e un Padre assistente, che è don Luca Giustarini. Il nostro scopo consiste, sostanzialmente, nel tentativo di portare nel mondo laico e civile, fuori dalle mura monastiche, la Regola benedettina dell’”Ora et Labora”, vivendo nella nostra esistenza la “disciplina della pace” benedettina». Ma non è difficile portare nella pratica quotidiana di oggi delle prescrizioni di vita pensate per dei monaci che vivono isolati dal mondo?«Naturalmente non è possibile per noi vivere la Regola alla lettera, come la vivono ancora oggi i monaci nei monasteri: quello che noi cerchiamo di fare è vivere nella nostra vita lo spirito di San Benedetto e, in particolare cercare di portare la preghiera nella vita quotidiana, secondo appunto l’insegnamento “ora et labora”. Nel nostro statuto, ad esempio, è previsto che ognuno di noi si impegni a recitare quotidianamente il Santo Rosario, che può essere definito la “preghiera ufficiale” della Gioventù benedettina». Fate anche incontri in comune?«Ogni martedì sera ci incontriamo al Santuario per la recita il Santo Rosario: dopo il Rosario, abbiamo un incontro di catechesi, che viene generalmente condotto da don Luca. Questa catechesi può prendere di volta in volta forme diverse: lettura della vita dei santi, studio del carisma benedettino. Ultimamente abbiamo cominciato un percorso di lettura del Vangelo di San Luca. Oltre a questo, il gruppo svolge attività di caritative e, ogni anno, organizziamo l’”Adunanza eucaristica” del 7-8 dicembre presso il Santuario, che per noi rappresenta l’evento più importante di tutto l’anno». Come si fa a diventare parte della Gioventù Benedettina?«L’accettazione nel nostro gruppo non è immediata: occorre per prima cosa presentare una domanda,  e a quel punto si fa un anno di probandato, durante il quale si frequenta il gruppo e, alla fine del percorso, se tutto è andato bene, si diventa membri effettivi con pieni diritti e doveri di un associato». Perché si deve attendere un periodo così lungo prima di essere ammessi?«Il nostro è un percorso simile a quello svolto dagli aspiranti monaci, che per essere ammessi all’Ordine benedettino devono anche essi fare un anno di prova. In fin dei conti, è giusto che il gruppo vagli la reale convinzione dei richiedenti prima di accoglierli e, d’altra parte, è anche giusto che le persone abbiano a loro volta l’opportunità di conoscere a fondo il gruppo, in modo che possano poi scegliere con piena consapevolezza se farne parte o meno». Un’ultima domanda: in un mondo sempre più irreligioso e materialista come il nostro, che si pone in antitesi totale all’ideale di vita monastico, che significato pensate che possa avere la vostra esperienza, di portare nella vita di oggi i principi della Regola di San Benedetto?«La Regola di San Benedetto, nonostante quello che si può pensare, è in realtà più attuale che mai: solo per fare un esempio, è stato realizzato tempo fa  l’esperimento di portare alcuni elementi della Regola nell’organizzazione di alcune imprese, e si è visto che in questo modo la produttività di queste ultime ha avuto un notevole incremento. Ma anche senza andare a molto lontano, i frutti della Regola si vedono anche da noi: da che il gruppo si è formato, sono già nate cinque famiglie cristiane di ragazzi e ragazze che si sono conosciuti qui, e in più abbiamo avuto ben due vocazioni sacerdotali. Tutto questo dimostra che, se ti rendi veramente conto del valore che ha la Regola di San Benedetto, essa può darti una forza straordinaria e una eccezionale capacità di affrontare il cammino della vita.»