Vita Chiesa
Vita consacrata, ricchezza di carismi da valorizzare
La Chiesa celebra, il 2 febbraio, la giornata per la vita consacrata. Intervista a Eliana Karram, madre generale delle suore carmelitane di Santa Teresa di Firenze e vicepresidente di Usmi toscana
La Chiesa celebra, il 2 febbraio, la giornata per la vita consacrata. Un’occasione per porre l’attenzione su una porzione di Chiesa che vive, nei nostri territori, momenti segnati da fatiche e difficoltà ma che rappresenta anche un bene prezioso di cui riconoscere il valore.
Eliana Karram, madre generale delle suore carmelitane di Santa Teresa di Firenze, è vicepresidente di Usmi toscana (l’Unione delle superiori). Originaria di Haifa, a 30 chilometri da Nazareth, è cresciuta sul monte Carmelo. Sua sorella, Margaret Karram, è la presidente del movimento dei Focolari.
Madre Eliana, tra i primi atti del suo pontificato, nel 2014 papa Francesco istituì l’anno della vita consacrata in cui invitava a «guardare il passato con gratitudine, vivere il presente con passione, abbracciare il futuro con speranza». Quanto e come vengono vissute oggi queste indicazioni?
«Data la situazione attuale della vita consacrata in genere, penso che il primo invito del Papa -“guardare il passato con gratitudine”-, è quello più facile da compiere anche se non è scontato. Ripensando alle origini del proprio Istituto, ogni consacrato è portato a ringraziare il Signore per tutte le meraviglie che ha compiuto attraverso i diversi fondatori, fondatrici, consacrati, missionari; per tutto il bene che la vita consacrata ha offerto all’umanità, specialmente alla parte sofferente di essa. Per quanto riguarda il “vivere il presente con passione” e “abbracciare il futuro con speranza”, umanamente parlando, sembrano dinamiche più difficili da compiere, a causa della crisi e di questa fase di passaggio che stiamo attraversando e che può indurre allo scoraggiamento e alla tristezza. Ma aiutati dalla fede in Cristo Risorto e dalla grazia dello Spirito Santo, in forza della nostra consacrazione, stiamo cercando di vedere la realtà con occhi nuovi, la crisi come opportunità di una nuova Pentecoste. È una morte per una vita nuova. Tenendo fisso lo sguardo su Gesù e su ciò che è essenziale siamo chiamati a discernere e cogliere i segni dei tempi e chiederci: Cosa ci sta chiedendo il Signore qui e ora? Che cosa il Signore ci sta dicendo attraverso la realtà? Che cosa ci sta suggerendo? Come possiamo compiere meglio la missione che ci è stata affidata? Quale è il modo migliore oggi di poter annunciare il Vangelo? Forse dobbiamo cercare modalità e strutture diverse che ci permettano di continuare ad annunciare la Buona Novella a tutti. Come faceva notare Luigino Bruni: “Il grande segno dei tempi di oggi è: imparare a riconoscere la voce dello Spirito nel piccolo dentro il quotidiano; non più nelle cose grandi ma nella sottile voce di oggi”. Con questi sentimenti di fede, di fiducia, di “parresia” possiamo “vivere il presente con passione e abbracciare il futuro con speranza”. Anche il cammino sinodale della Chiesa universale ci aiuta a camminare insieme non solo dentro le proprie famiglie religiose ma con i vari Istituti e realtà ecclesiali . Questo infonde carica e ci aiuta a essere credibili segni di speranza».
Quale situazione, in particolare, si vive in Toscana? In questa terra sono fiorite in passato molte storie di santità, sono nate congregazioni. Quali sono oggi le difficoltà, quali sono le ricchezze e le risorse da valorizzare?
«La Toscana è una “terra benedetta” che ha dato alla Chiesa tanti santi; tante congregazioni religiose sono nate in Italia e in Toscana in particolare. Le difficoltà che si stanno vivendo: calo numerico di vocazioni, invecchiamento, chiusura di conventi, le opere proprie che vengono meno, strutture grandi vuote da gestire. Ma la ricchezza dei vari carismi è da valorizzare. L’essenza della vita consacrata non è venuta meno; la bellezza dell’evangelizzazione non si ferma. Forse ora più che mai possiamo essere più prossimi alla gente, testimoniare l’amore di Dio e aiutare i giovani a dare senso alla loro vita. Al capitolo 3 del Vangelo di S. Marco (la chiamata degli apostoli) leggiamo che Gesù scelse i dodici perché stessero con lui e per mandarli a predicare e liberare l’uomo. Dimensione divina e umana; dimensione contemplativa e missionaria. La contemplazione del mistero di Cristo e lo stare con lui diventa la fonte dell’azione missionaria e quella dell’annuncio. “La vita consacrata è invitata a essere un vangelo per il mondo di oggi”, ci dice papa Francesco».
Ci sono case religiose che faticano a portare avanti le loro opere, conventi che chiudono, causando spesso il profondo dispiacere di chi è affezionato alla presenza religiosa in parrocchie e paesi. Come gestire questi passaggi, spesso complessi?
«La chiusura di tanti conventi e il ritiro di tante comunità religiose dal luogo dove hanno operato e servito per tanti anni causa dispiacere nelle persone abituate alla loro presenza e al loro contributo. Bisogna accompagnare questi passaggi ed effettuarli con gradualità, cercando di passare l’opera a dei laici o movimenti impegnati affinché il bene iniziato posso continuare attraverso altri canali».
In molti ordini si tocca con mano l’universalità della Chiesa, i legami con le missioni aperte in passato oggi portano in Italia, dall’estero, nuova linfa e nuove vocazioni. Come vivere, in maniera equilibrata, queste situazioni.
«Ogni consacrato ovvero ogni battezzato è missionario dovunque si trova. L’universalità della Chiesa è una ricchezza che chiama a vivere l’unità nella diversità. È importante un’integrazione che porta tutti a lavorare per il Regno di Dio ovunque, ad annunciare il Vangelo dell’amore a tutti. Per vivere con equilibrio queste situazioni bisogna essere radicati nella vita evangelica, fedeli al proprio carisma, custodendo il senso di appartenenza, fissando lo sguardo su ciò che è essenziale. Essere profezia con la propria vita; vivere esperienze di gratuità perché il dono della gratuità è un dono aperto al futuro».