Toscana

Violenza su donne, al Pecci di Prato la giornata internazionale

“Un luogo simbolo della contemporaneità per un problema che è tra noi, profondamente incuneato nelle nostre vite – ha affermato la vicepresidente Monica Barni -, che solo attraverso una cultura realmente vissuta, come accade qui, sarà possibile eliminare portandone alla luce le cause profonde che lo determinano”.Questo impegno della Regione Toscana ha ricevuto il plauso del Comitato Nazionale Italia Donne delle Nazioni Unite: “Siamo a complimentarci con Voi per il supporto all’iniziativa in questione, parlare delle tematiche di genere e di come contrastare la violenza di genere è un argomento di estrema importanza che riguarda non solo le donne ma tutti noi. Per questo motivo vi siamo riconoscenti di aver condiviso con UN Women il Vostro impegno nell’organizzazione dell’evento sulla Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, e ci auguriamo di accogliere in futuro altre attività in linea con i nostri principi”.Davanti ad una rappresentanza studentesca pratese, all’assessora all’istruzione Mariagrazia Ciambellotti e all’assessore alla cultura Simone Mangani del Comune del Prato, alla presidentessa della Fondazione per le arti contemporanee, Irene Sanesi, la compagnia teatrale pistoiese Gli Omini ha presentato una performance scenica sul tema della violenza di genere. E’ stato inoltre proiettato un video girato per l’occasione: un percorso audiovisivo narrato da Paolo Ruffini, voce recitante di due composizioni della poetessa toscana Beatrice Niccolai, che di persona ha poi letto una sua poesia, accompagnato dalle pitture ad inchiostro realizzate dall’artista sudafricana Marlene Dumas per la mostra in corso al Pecci “La fine del mondo”.NUMERI E LEGGI IN TOSCANA. La Toscana si è dotata di una legge sulla violenza di genere già nel 2007, quando ancora di femminicidio si parlava molto poco, nonostante da anni ormai sui territori operassero servizi e centri antiviolenza. Una legge che ha consentito lo svilupparsi di esperienze assolutamente positive come il Codice Rosa, che ormai ha assunto una rilevanza nazionale, ed ha portato ad una sempre maggiore integrazione, anche in termini di linguaggi e procedure tra tutti gli attori coinvolti, pubblici e del privato sociale. Le reti territoriali sono infatti la chiave per il successo di qualsivoglia politica di prevenzione e contrasto alla violenza di genere: una vittima va ascoltata, accolta, va valutato il rischio cui è esposta, e se del caso occorre attivare meccanismi di protezione e sostegno, sia esso di tipo abitativo, di reinserimento lavorativo, di recupero dell’autonomia e dell’autostima.Tramite le reti si è potuto veicolare e mettere a frutto le risorse per il contrasto alla violenza sulle donne erogate per la prima volta, nel 2014, dallo Stato, in attuazione della legge 119/2013 sul femminicidio. “Oggi l’augurio – ha aggiunto la vicepresidente Barni – è che possano al più presto arrivare le risorse relative al biennio 2015/2016, nonché i fondi previsti dal Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, poiché ogni politica non può dirsi tale se non può contare su risorse stabili e adeguate”.Nelle more dell’intervento statale, la Toscana ha inteso dimostrare ancora una volta il proprio impegno, rimarcando la centralità e trasversalità del tema (andando a costituire una cabina di regia regionale cui partecipano molti degli attori coinvolti, ciascuno con le proprie competenze, a partire dalle assessore Saccardi, Grieco e Barni) e soprattutto stanziando risorse proprie: 450.000 euro per l’anno 2016 e 400.000 per il 2017.Buona parte delle risorse 2016 andranno a contribuire alle spese sostenute dai centri antiviolenza, cui ogni anno si rivolgono oltre 2500 donne. Numeri elevatissimi, certo, sebbene probabilmente il fenomeno sia ancora sommerso: la violenza di genere non è solo quella che sfocia nell’uccisione della donna, ma è anche quella – più frequente – che si limita a maltrattamenti ed abusi, sia fisici che psicologici, e che per lo più si consuma in famiglia o comunque all’interno della cerchia degli affetti e delle conoscenze, con tutto quel che ne consegue in termini di pudore e ritegno,o addirittura timore, per sé e per il futuro dei propri figli nel denunciare. Per questo partirà una campagna di informazione sulla creazione del numero verde nazionale 1522, cui potersi rivolgere per essere indirizzati in primis ai centri antiviolenza attivi nei territori.Dal 2009 alla prima metà del 2015 il numero totale di donne accolte dai Centri antiviolenza toscani è stato pari a oltre 13mila. Ce lo dice un rapporto regionale in materia che verrà presentato tra pochi giorni; e da cui si può anticipare che negli ultimi tre anni la media di nuove utenti che si sono rivolte ai Centri per una richiesta di aiuto è stata di circa 2.500 donne, di ogni classe di età, estrazione sociale e livello culturale di cui due terzi italiane, per uscire soprattutto da situazioni di maltrattamento domestico. In otto anni sono state registrate 81 vittime per femminicidio; in oltre il sessanta per cento dei casi l’aggressore è stato il partner, quasi sempre davanti ai figli.