Toscana

Villa: «Ecco come è rinata la Richard Ginori»

di Damiano Fedeli

Nel 2007 il baratro sembrava ormai vicino, con lo storico stabilimento di Sesto Fiorentino e i suoi circa 300 dipendenti più volte a rischio. E invece la Richard Ginori ce l’ha fatta. Da poco tornata in Borsa, ha un bilancio ancora in rosso, ma con una perdita dimezzata in un anno, e un piano industriale ambizioso che prevede fino al 2011 una crescita media annua del fatturato di circa il 25%.

Roberto Villa, presidente di Richard Ginori 1735 Spa, ci vuole raccontare le tappe principali che hanno portato l’uscita dell’azienda dal tunnel culminato nel 2007?

«Il 2007 è stato l’anno in cui Starfin Spa ha acquisito la maggioranza di Richard Ginori e da quel momento è iniziato un nuovo percorso per il gruppo. È stato infatti avviato un progetto industriale e finanziario con l’obiettivo di rilanciare nel mondo un’azienda e un marchio storici qual è Richard Ginori 1735. E questo con importanti investimenti sia in risorse umane, con l’assunzione di circa 30 professionisti, tra cui tutta la prima linea di manager, sia dal punto di vista finanziario attraverso la delibera, ad agosto 2008, di un aumento di capitale fino a un massimo di 40 milioni di euro, di cui la prima tranche pari a 20 milioni sarà attivata già nel corso dell’esercizio 2009. Obiettivo sarà rafforzare ulteriormente il gruppo anche attraverso importanti investimenti destinati all’innovazione del prodotto e all’ottimizzazione della nostra capacità produttiva».

Dopo una sospensione che durava dal 2006, la Richard Ginori 1735 Spa è tornata a Piazza Affari (seppure ancora nella «lista nera» della Consob, l’organismo di controllo della Borsa). Quale significato ha avuto questa tappa nella vostra storia recente?

«Anche la riammissione del nostro titolo in Borsa rappresenta un obiettivo importante per il progetto di rilancio. Siamo orgogliosi di aver riportato sul listino un gruppo storico e questo progetto ha contribuito ulteriormente a “managerializzare” la nostra struttura e a dotarla di una forte identità societaria. Ora siamo concentrati nel raggiungimento degli obiettivi previsti dal nostro piano industriale 2009-2011 che prevede una rifocalizzazione sulla porcellana, da sempre nostro settore principale, un recupero delle quote in mercati in cui il gruppo è già presente oltre che l’apertura di nuovi mercati internazionali. Sul fronte della distribuzione, il piano triennale prevede un rafforzamento dei “canali alternativi” attraverso l’apertura di punti vendita in outlet e la penetrazione del segmento design d’interni. A livello internazionale il nostro piano si concentra su mercati dal potenziale di crescita rilevante: Usa, Russia, Medio Oriente, Sud-est asiatico».

È stato da poco approvato il bilancio 2008: perdita netta di 6,1 milioni, ma con un rosso quasi dimezzato rispetto all’anno precedente. Quali sono a suo avviso i risultati principali dell’esercizio appena chiuso?

«Siamo soddisfatti dei risultati raggiunti dal gruppo nell’esercizio 2008 con una crescita in termini di risultato netto di oltre il 40%. Resta inteso che l’obiettivo sarà raggiungere un margine operativo lordo positivo già dal 2009 oltre che centrare gli obiettivi finanziari stabiliti nel nostro piano industriale triennale, che se pur ambizioso, prevede una crescita dei ricavi nell’ordine del 25% annuo».

Del 25% annuo? Davvero ambizioso…

«Il nostro piano industriale dal 2009 al 2011 prevede una crescita media annua del fatturato di circa il 25% e un ritorno a margini operativi lordi positivi dal 2009. Per il prossimo triennio, prevediamo infatti una crescita graduale della media dei pezzi prodotti al giorno che passerà dai circa 12mila degli ultimi mesi del 2008 ai 16mila pezzi previsti nel 2011; una riduzione degli articoli non corrispondenti agli elevati standard di qualità, oltre che una riduzione dei tempi di evasione degli ordini di vendita fino a un just-in-time (come dire, fatto e venduto, Ndr) sui modelli e decori più richiesti. Infine nel tableware, gli articoli per la tavola, prevediamo una crescita media annua di circa il 22% e puntiamo a raggiungere il 10% del fatturato complessivo nella manifattura artistica, che oggi rappresenta il 2%».

In un momento in cui grandi marchi internazionali delle porcellane di lusso vivono una notevole crisi, vi sentite al riparo?

«Il mercato mondiale delle porcellane è stato particolarmente colpito dalla congiuntura economica attuale. Basti pensare alla crisi che stanno attraversando grandi marchi quali Rosenthal, Wedgwood e Villeroy&Boch. Da una parte questo potrebbe consentirci di acquisire importanti quote di mercato, ma quello che ci rende fiduciosi è il poter contare su una tradizione di oltre 300 anni, e su un prodotto che riposizionato su una fascia medio-alta del mercato, potrà consentirci, nel prossimo triennio, di penetrare nuovi mercati».

Uno dei punti del vostro rilancio è la realizzazione di un nuovo stabilimento a Sesto…

«Il nostro piano industriale prevede un programma di investimenti per 7,6 milioni di cui oltre 6,3 milioni di euro da realizzare già nel 2009 e che saranno principalmente destinati all’acquisto del terreno che ospiterà il nuovo stabilimento oltre che al ripristino dei macchinari e degli impianti necessari all’incremento della produzione».

Quando sembrava incerto il futuro dello stabilimento e dei dipendenti di Sesto, le istituzioni locali si sono mobilitate più volte. Oggi com’è il rapporto con gli enti locali?

«Abbiamo un confronto diretto e continuo con gli enti locali con cui dialoghiamo costantemente. Bisogna ricordare che il nostro obiettivo è mantenere lo stabilimento nell’area di Sesto Fiorentino, che rappresenta la tradizione e il “sapere” del nostro gruppo».