Lettere in redazione
«Vieni via con me», i lettori si dividono
Saviano e quella frase sui «dottor morte»
La trasmissione «Vieni via con me» ha avuto i suoi meriti, ma ha suscitato anche tanti dubbi, come quando lo scrittore Saviano ha detto: «la forza di Beppiuno Englaro è quella di aver agito nel diritto… Poteva pagare la classica tangente come si fa di solito, perché l’eutanasia già esiste negli ospedali italiani, si paga qualcuno nel silenzio…».
Saviano, paladino della legalità, della lotta alla mafia e alla camorra, non utilizzi gli stessi modi che dice di voler combattere; faccia nomi, luoghi, tempi e denunci alla magistratura i medici che si fanno pagare per uccidere le persone. Se non è in grado di farlo chieda scusa pubblicamente ai medici.
Dopo aver letto gli interventi dei lettori riportati sul n. 42 di Toscana Oggi a proposito della trasmissione «Vieni via con me», mi permetto di fare alcune osservazioni fuori dal coro. A me il programma di Fazio e Saviano è sostanzialmente piaciuto, possono esserci stati dei momenti meno felici, più o meno condivisibili però ritengo che abbia contribuito a far discutere, a prendere posizione, allo scontro dialettico e tutto questo lo ritengo un fatto positivo. Il dibattito anche duro è il sale della democrazia; senza contare che parlare di impegno per la legalità, contro le discriminazioni e contro le mafie è un contributo importante per la convivenza civile. Tra l’altro la presenza di Don Ciotti all’ultima puntata è significativa.
Mi ha colpito il duro attacco da parte di alcuni lettori di Toscana oggi a don Andrea Gallo ospite alla trasmissione di Fazio. Come è noto don Gallo è un prete che si sporca le mani nei bassifondi della società. Non si tratta di un sacerdote raffinato e da salotto e parla e opera forse stando sul filo del rasoio quanto a canoni dottrinari , ma grazie a Dio c’è qualcuno che vive il vangelo in certe zone. Un noto prelato parlando di una certa «bestemmia» ha detto che prima di criticare è necessario contestualizzarla. Se questo vale per la blasfemia, a maggior ragione dovrebbe valere per le parole di un «prete da marciapiede» , secondo la colorita definizione dell’indimenticabile Candido Cannavò nel suo saggio «Pretacci», oppure la contestualizzazione vale solo per i personaggi «autorevoli e potenti»?
Sulla trasmissione «Vieni via con me» continuiamo a dare spazio ai lettori e alle loro opinioni, che giustamente possono essere anche opposte. Il nostro giudizio lo abbiamo già formulato nella risposta alle lettere sul n. 42 (Un programma «fazioso» che esalta l’eutanasia), in un corsivo di Riccardo Bigi, pubblicato dopo la prima puntata e nella recensione televisiva di Mauro Banchini, sull’ultimo numero (Fazio-Saviano, l’ideologia ha di nuovo prevalso sul buonsenso?). Anche noi abbiamo riconosciuto dei meriti alla trasmissione, sia per l’idea complessiva che per alcuni interventi davvero stimolanti e apprezzabili. Ma rimaniamo dell’idea che i due autori, forse mal consigliati, o perché «prigionieri» della cultura liberal-radicale, abbiano sbagliato a non voler dar voce ad una delle tante persone che sulla propria pelle ha vissuto o vive in modo diverso il rapporto con patologie particolarmente gravi. Non per contrapporli a Beppino Englaro e a Mina Welby, ma per aprire altre finestre su un orizzonte al quale ci si deve accostare in punta di piedi, con grande delicatezza. Non averlo fatto, lo consideriamo un errore. Così come ha ragione il signor Innocenti a lamentarsi per quella frase inopportuna di Saviano sui medici, che a pagamento, sarebbero disposti a violare la legge e la deontologia, praticando l’eutanasia. Se li conosce, li denunci.