Opinioni & Commenti
Vicofaro e l’accoglienza degli immigrati: troppi urli e poca riflessione
«Ma questa storia … ci ha portato a essere migliori? Ha condotto a migliorare questa città? Ha fatto aumentare il numero delle persone solidali e aperte agli altri? Ha fatto crescere il senso di una fraternità accogliente? Ha permesso una vera integrazione degli ospiti accolti?». La storia sta a Pistoia: ex rossa e oggi guidata dalle destre, luogo dove fare il vescovo è cosa… ardua. Sta a Vicofaro: in quella parte di città, non più centro e non ancora periferia, orientata verso Lucca.
A porre domande centrali per leggere una vicenda molto urlata ma poco riflettuta è il vescovo, il lucchese Fausto Tardelli. Domande centrali che Tardelli, in un lungo e sofferto messaggio pone su una vicenda che si è «ingigantita, complicata, esacerbata». Le pone ai politici e ai governi, ai media e alla città. E le pone a un suo parroco, don Massimo Biancalani: ultra-esaltato o ultra-schifato da orde contrapposte di tifoserie che, specie sui social, spesso diventano becere, ottuse, cattive. Sullo sfondo una chiesa locale da sempre attenta al sociale ma che non si scalda troppo, neppure in sue componenti «progressiste», in favore del parroco così famoso.
E il vescovo risponde. Con un «no» che certo gli è costato, alienandogli le simpatie delle tifoserie, ma che può essere chiave di lettura equilibrata per capire una situazione sempre più incartata. In città – precisa Tardelli – «è aumentata l’intolleranza», nel quartiere «qualcuno è giunto all’esasperazione» e le posizioni «si sono soltanto radicalizzate e politicizzate» in una «chiamata alle armi» che fa felice qualcuno (dalle destre a quel poco che resta delle sinistre, ndr) ma che non aiuta a costruire «una città di pace, bella, accogliente, multietnica e al tempo stesso sicura e ben custodita».
Un messaggio, quello di Tardelli, che sarebbe ingeneroso liquidare come reazione di un presule «arretrato» davanti a un parroco «progressista». Non solo perché oggi è difficile tracciare demarcazioni così nette, ma soprattutto per i contenuti di un testo impossibile da archiviare nel cassetto della conservazione (non è tenero, Tardelli, con le politiche del governo Salvini che rischiano «di offrire obiettivamente spazio a sentimenti razzisti e xenofobi indegni dell’uomo e del nostro Paese»). Né, la posizione del vescovo, può essere bollata come contraria al messaggio di Bergoglio.
A caldo, troppo a caldo, il parroco ha bollato le parole del suo vescovo – da cui in precedenza non erano mancati contatti e consigli – come uno «scaricamento», come il classico modo per mettere il piede in due staffe. Intuibili, specie sui social, le reazioni indignate della tifoseria pro-Biancalani. Ma intuibili, sull’altra sponda, le ironie, spesso le offese, nei confronti di un vescovo tacciato come troppo tiepido verso un suo prete così «esagerato».
In una vicenda ospitata dentro una chiesa ma a forte rischio di strumentalizzazioni politiche, è intervenuta la Regione. Il presidente Rossi (che ha preso da solo la decisione, beccandosi qualche maldipancia in molti fra i suoi) ha pensato bene di offrire al prete pistoiese, in comodato gratuito, una capiente struttura regionale: uno spazio pubblico, forse in Valdinievole ma subito lì si sono arrabbiati, per facilitare quel tipo di accoglienza così radicale praticata fino a ora in locali non adeguati. Una sorta di ammissione su ciò che da più parti si andava da tempo sostenendo circa la inadeguatezza logistica di quel modello. Pare che nessuno, fra gli amministratori locali, fosse informato di questa svolta rossiana. Non resta che attendere gli sviluppi di quello che a destra è stato subito bollato come «soccorso rosso».
Quel tipo di accoglienza stoppato dalle autorità perché fuori dalle regole fissate per legge (accogliere tutti: non solo la dozzina di migranti presi, e retribuiti, in accordo con la Prefettura, ma anche chiunque bussi alla porta della parrocchia; accoglierli tutti in uno spazio insufficiente) non solo sta fuori dai modelli ordinari, ma crea divisioni anche nella comunità pistoiese. Comunità dove, peraltro, operano altri modelli (quasi 670 i profughi accolti) e un sistema «Caritas» che non si tira indietro anche quando arrivano casi «non regolari» da accogliere in base al principio che il volto di Cristo si mostra nel volto dei poveri.
Attorno a Vicofaro c’è anche stata una raccolta di firme: quasi 200 persone, infastidite da rumori e non solo, hanno chiesto chiarezza sulla regolarità di tale accoglienza. Ciò ha poi provocato un blitz delle forze dell’ordine con il parroco impegnato non solo a protestare ma anche ad annunciare… denunce contro i firmatari dell’appello.
Una vicenda che interpella tutti. Partendo da media sempre alla ricerca di personaggi nuovi da far diventare famosi, spremere come limoni e poi abbandonare quando arriva un personaggio ancora più forte.
Interpella una politica priva di visione, specie quando affronta problemi così complessi: una politica oggi abile con post e selfie, che lucra voti facili parlando solo alla pancia e alle paure di cittadini troppo spesso disabituati a usare altri organi, in particolare il cervello ma pure il cuore.
Interpella la Chiesa stessa, quella oggi guidata da Francesco; un papa che su una «accoglienza» chiamata a diventare «integrazione» sta spendendo così tanto della sua missione. Quanti, fra i praticanti, si fanno ingannare da «giuramenti» blasfemi su Vangelo e Rosario? E quanti sono abituati a gestire le normali diversità di opinioni in termini di ascolto reciproco e correzione fraterna?
Interpella gli stessi migranti, vittime incolpevoli di quella «pessima gestione del fenomeno migratorio» che Tardelli attribuisce al governo precedente ma anche di quella «linea dura e non ragionevole di rigore» del governo attuale. Migranti temuti o esibiti, accusati o usati, male percepiti ma anche a noi così spesso utili.
Interpella lo stesso parroco, abile nel diventare star mediatica: le oneste intenzioni di partenza potrebbero – nella situazione data – fare conti più articolati di un post con la complessità dei fenomeni migratori, con le strumentalizzazioni sempre possibili. Ma pure con il rischio da eterogenesi dei fini: sottovalutare il piacere fatto a chi si dice di voler contrastare (un Salvini, e tanti salvinos, che usano Vicofaro per massimizzare la loro facile presa sulla pancia di tante persone impaurite).
Ma interpella anche tutti noi. Troppo abituati a schierarci senza riflettere, a tifare come allo stadio, a farci soprattutto i fatti nostri, a usare donne dall’Est magari pagandole a nero, a temere le violenze dei «neri» per poi, se capita, accoppiarsi con le loro donne rese schiave, a urlare contro i «gialli» quando si è loro appena affittato un capannone, a gridare contro lo spaccio di droga fatto dai «neri» e gestito dai «bianchi».
«Non è lamentandosi che si cambiano le cose, ma acquisendo consensi attorno a valori e a scelte più confacenti alla dignità umana». Come dar torto, anche su questo, al vescovo Fausto?