Arezzo - Cortona - Sansepolcro
Viaggio nell’Abruzzo che vuole ripartire
In più di due anni cambiano moltissime cose. Altre invece rimangono immobili, come la fotografia di un attimo ormai superato. Questa è l’impressione che si ha mettendo piede nei paesi e nelle città dell’Aquilano, epicentro del terremoto che nel 2009 ha travolto la vita di migliaia di abruzzesi. Più di 300 le vittime e oltre 1600 i feriti. 10 miliardi di euro i danni stimati.
Le ragazze del servizio civile della Caritas diocesana di Arezzo-Cortona-Sansepolcro sono partite chiedendosi cosa avrebbero potuto trovare 27 mesi dopo quel terribile 6 aprile. Con loro, le «colleghe» di Firenze e alcuni giovanissimi volontari dalla diocesi di Pescia, oltre a due studentesse americane in Erasmus a Siena.
È solo il primo dei numerosi gruppi che durante quest’estate si succederanno tra Fossa, Villa Sant’Angelo e San Demetrio: la zona subequana che fin dalla prima emergenza è stata affidata alle cure di Caritas Toscana, e che continua ad essere la meta di servizio di moltissimi giovani da tutte le diocesi della Regione.
Che tipi di servizio? Innanzitutto il grest, l’attività di animazione estiva per i bambini del territorio, attraverso momenti ludici, laboratori e attività di socializzazione.
Due, in particolare, i campi estivi che hanno impegnato i giovani volontari toscani: uno a Villa Sant’Angelo, presso la scuola «Nino Sospiri», la prima struttura realizzata dopo il terremoto; l’altro, parrocchiale, a San Giacomo, frazione del comune de L’Aquila.
E poi le attività di sostegno alle famiglie, le visite domiciliari, i servizi di accompagnamento. Non poche emozioni hanno suscitato nei più giovani le visite agli anziani ospitati nelle case di riposo di Fontecchio e San Demetrio.
Tanto è stato fatto, tanto c’è ancora da fare: ora che la prima emergenza è stata superata, e le persone rimaste senza casa sono state alloggiate nei cosiddetti m.a.p., i moduli abitativi provvisori, da ricostruire non ci sono solo i paesi abbandonati, che incastonati ai piedi delle montagne sembrano tanti piccoli villaggi fantasma, o il centro storico de L’Aquila, che con i suoi palazzi puntellati da impalcature di legno sembra un enorme e triste set cinematografico.
Da ricostruire c’è soprattutto il tessuto sociale, le relazioni, la spinta a reagire.
«Prima del terremoto avevo con i miei vicini di casa un rapporto quasi parentale. Adesso, che abitiamo nei villaggi di prefabbricati, non attraversiamo neanche la strada per farci una visita», racconta una signora di Villa Sant’Angelo.
Questo è quello che manca maggiormente. La gente dell’Aquilano sembra essersi ripiegata su se stessa, spegnendo in una routine emergenziale e provvisoria l’entusiasmo della rinascita.
C’è chi ha perso tutto, nel terremoto: gli affetti, la casa, il lavoro, i propri beni. E ora passa le giornate in un tabacchi, con lo sguardo incollato al televisore, sperando che una vincita alla lotteria gli risolva tutti i problemi.
Ma poi c’è la signora che, nonostante gli 80 anni che si porta addosso e i dolori che ha dovuto sopportare, non perde la fiducia nel futuro e la voglia di andare avanti, scegliendo di guardare gli aspetti positivi della nuova realtà: essere ancora vivi, avere un tetto sopra la testa e una bellissima terra da far rinascere.
La stessa forza che si legge negli occhi dei bambini del grest, che si entusiasmano nei laboratori, tra pasta di sale e palloncini, e riscoprono il gioco di squadra, dove il più forte aiuta il più debole.
Ed insieme ai volontari sono riusciti ad organizzare per i propri genitori una festa, con tanto di concerto: i più grandi agli strumenti e più giovani nel coro.
E la piccola Kristina, che nel terremoto ha perso la sorella, trova il coraggio di sorridere e ballare insieme alle animatrici.
Perchè è nella loro voglia di vivere che un territorio ancora profondamente ferito può trovare la forza di rinascere dalle proprie macerie.
Beatrice Bertozzi
Pubblicato nel numero 28 de La Voce di Arezzo-Cortona-Sansepolcro