Fra i bei presepi di Sansepolcro, prediligo maggiormente i seguenti: quello allestito dalla Società Rionale di Porta Romana nella chiesa di Santa Marta per la forza del suo messaggio. Ambientato in un’Africa splendidamente ricostruita, ci parla di «un continente dimenticato dagli uomini ma non da Dio». Poi, quello della chiesa di Sant’Antonio per la mia appartenenza alla zona e l’amore per quel corso del Tevere, che adesso non è più possibile vedere integro, rievocato con nostalgia dagli autori; e infine quello, preparato da sola, della signora Anna Bellini per l’originalità e la creatività nella ricostruzione accurata di una vecchia bottega artigiana del centro storico. In questi, e negli altri, presepi, i Magi sono ormai alla capanna o alla grotta per onorare il loro re.Per noi è ancora tempo di regali. Dopo Babbo Natale, o Gesù Bambino – che spesso sembra valere solo per questo – ecco la Befana. Anche i Magi hanno portato i loro doni che sanno di Oriente e di terre lontane. Personaggi misteriosi e di grande complessità, sui quali non è qui il caso di parlare, essi vengono da un mondo favoloso e ad esso ritornano dopo il loro omaggio, anche se la tradizione, dopo averne stabilito il numero in tre, vuole le loro reliquie a Colonia fin dal 1164. E’ questo il luogo del loro riposo dopo che Elena, madre di Costantino, li dissotterrò dalla Collina della Vittoria, tra la Persia e l’India, dove la stella era stata avvistata la prima volta e dove essi, raggiunti prima i propri paesi, avvisati poi dalla stessa stella, erano tornati a morire. I loro nomi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, sono gli ultimi di una lunga serie che ad essi sono stati attribuiti; il primo rimanda all’oriente iranico, il secondo al termine arabo Malik (re, capo), il terzo a Baal cananeo (signore, dio) e tutti indicano terre lontane e di diversa civiltà che «convenerunt in unum».Ma gli strani personaggi, cosa hanno trovato nella capanna? Un re e un dio al quale è dovuto il culto santificato dall’incenso. Non solo. I Magi sono sapienti e saggi, sanno leggere il cielo e se il loro cercare si conclude davanti ad un bambino, non se ne lasciano deludere; comprendono immediatamente il mistero dell’incarnazione e il programma di salvezza, perciò adorano il corpo del Verbo, e la sapienza e la giustizia che sono virtù di re e capi. Sapienza e giustizia non sono riconducibili ai nostri metri. L’una è la conoscenza del mondo fin nelle minime parti come dotato di senso; l’altra è la ragione intrinseca di ogni cosa ad esistere secondo la norma, perché tutto trovi il suo equilibrio. Giustizia è l’adeguamento del fatto alla norma, quindi la pace. Giusto è San Giuseppe che sta scomparendo dalla scena della Natività dopo aver eseguito compiutamente il suo compito. Questo credo che sia il senso dell’Epifania, la manifestazione della Divinità, nel suo risvolto culturale e civile.Giuliana Maggini