Benedetto XVI
Viaggio a Valencia (Spagna), i discorsi
1. Con grande emozione arrivo oggi a Valencia, alla nobile e sempre cara Spagna, che tanti grati ricordi mi ha lasciato nelle mie precedenti visite quando ho partecipato a Congressi e riunioni.
2. Saluto cordialmente tutti, coloro che sono qui presenti e quanti seguono questo momento attraverso i mezzi di comunicazione.
Ringrazio Sua Maestà il Re Don Juan Carlos per la sua presenza, insieme alla Regina e, specialmente, per le parole di benvenuto che mi ha rivolto a nome del popolo spagnolo.
Esprimo altresì la mia deferente riconoscenza al Signore Presidente del Governo ed alle altre Autorità nazionali, autonomiche e municipali, manifestando loro la mia gratitudine per la collaborazione prestata alla migliore realizzazione di questo V Incontro Mondiale.
Saluto con affetto Monsignore Agustín García-Gasco, Arcivescovo di Valencia, e i suoi Vescovi Ausiliari, così come tutta l’Arcidiocesi levantina che mi offre una calda accoglienza nell’ambito di questo Incontro Mondiale, e che questi giorni accompagna nel dolore le famiglie che piangono i loro cari, vittime di un tragico evento, e che si sente vicina anche ai feriti.
I miei affettuosi saluti si dirigono anche al Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, Cardinale Alfonso López Trujillo, così come agli altri Cardinali, al Presidente e ai membri della Conferenza Episcopale Spagnola, ai sacerdoti, alle persone consacrate e tutti i fedeli laici.
3. Il motivo di questa attesa visita è partecipare al V Incontro Mondiale delle Famiglie il cui tema è “La trasmissione della fede nella famiglia”. Il mio desiderio è proporre il ruolo centrale, per la Chiesa e la società, che ha la famiglia fondata sul matrimonio. Questa è un’istituzione insostituibile secondo i piani di Dio, ed il cui valore fondamentale la Chiesa non può smettere di annunciare e promuovere, affinché sia vissuto sempre con senso di responsabilità e gioia.
4. Il mio venerato predecessore e gran amico della Spagna, il caro Giovanni Paolo II, convocò questo Incontro. Mosso dalla stessa sollecitudine pastorale, domani avrò la fortuna di chiuderlo con la celebrazione della Santa Messa nella Città delle Arti e delle Scienze.
Profondamente unito a tutti i partecipanti, implorerò dal Signore, per intercessione della nostra Santissima Madre e dell’Apostolo San Giacomo, abbondanti grazie per le famiglie della Spagna e di tutto il mondo.
Cari Fratelli nell’episcopato,
Con la gioia nel cuore, ringrazio il Signore per avere potuto venire in Spagna come Papa, a partecipare all’Incontro Mondiale delle Famiglie a Valencia. Vi saluto con affetto, Fratelli Vescovi di questo caro Paese, e vi ringrazio anche per la vostra presenza e per i molti sforzi che avete realizzato nella preparazione e celebrazione del medesimo evento. Apprezzo particolarmente il grande lavoro dell’Arcivescovo di Valencia e dei suoi Vescovi Ausiliari affinché questo avvenimento tanto significativo per tutta la Chiesa ottenga i frutti desiderati, contribuendo a dare un nuovo impulso alla famiglia come santuario dell’amore, della vita e della fede.
In realtà, la sollecitudine di tutti voi ha consentito il crearsi di un ambiente di famiglia tra gli stessi collaboratori e partecipanti delle diverse parti della Spagna. È un aspetto promettente davanti ai desideri che avete manifestato nel vostro messaggio collettivo su questo Incontro Mondiale, e anche un invito a ricevere i frutti dello stesso Incontro per proseguire un’incessante e incisiva pastorale familiare nelle vostre diocesi che faccia entrare in ogni casa il messaggio evangelico che fortifica e dà nuove dimensioni all’amore, aiutando così a superare le difficoltà che trova nel suo cammino.
Sapete che seguo da vicino e con molto interesse gli avvenimenti della Chiesa nel vostro Paese, un Paese di profonde radici cristiane e che tanto ha contribuito ed è chiamato a contribuire alla testimonianza della fede e alla sua diffusione in molte altre parti del mondo. Mantenete vivo e vigoroso questo spirito che ha accompagnato la vita degli spagnoli nella loro storia, affinché esso continui, nutrendo e dando vitalità all’anima del vostro popolo.
Conosco e incoraggio l’impulso che state dando all’azione pastorale, in un tempo di rapida secolarizzazione che a volte colpisce perfino la vita interna delle comunità cristiane. Continuate dunque a proclamare, senza scoraggiarvi, che prescindere da Dio, agire come se non egli esistesse o relegare la fede all’ambito meramente privato, mina la verità dell’uomo e ipoteca il futuro della cultura e della società. Al contrario, rivolgere lo sguardo al Dio vivo, garante della nostra libertà e della verità, è una premessa per arrivare ad un’umanità nuova. Il mondo ha bisogno oggi in modo particolare che si annunci e si renda testimonianza di Dio che è amore e, pertanto, l’unica luce che, in fondo, illumina l’oscurità del mondo e ci dà la forza per vivere e agire (cf. Deus caritas est, 39).
In momenti o situazioni difficili, ricordate le parole della Lettera agli Ebrei: “corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia, e non vi stanchiate perdendovi d’animo” (12, 1-3). Proclamate che Gesù è “il Cristo, il Figlio di Dio vivente” (Mt 16, 16), quello che ha “parole di vita eterna” (cf. Gv 6, 68), e non vi stanchiate di dare ragione della vostra speranza (cf. 1 P 3, 15).
Mossi dalla vostra sollecitudine pastorale e dallo spirito di piena comunione nell’annuncio del Vangelo, avete orientato la coscienza cristiana dei vostri fedeli su diversi aspetti della realtà davanti alla quale si trovano e che in alcune occasioni perturbano la vita ecclesiale e la fede dei semplici. Avete pure posto l’Eucaristia come tema centrale del vostro Piano di Pastorale, al fine di “rivitalizzare la vita cristiana dal suo stesso cuore, poiché addentrandoci nel mistero eucaristico entriamo nel cuore di Dio” (n. 5). Certamente, nell’Eucaristia si realizza “l’atto centrale di trasformazione capace di rinnovare veramente il mondo” (Omelia in Marienfeld, Colonia, 21 agosto 2005).
Cari fratelli e sorelle,
Arrivando a Valencia, ho voluto innanzitutto visitare il luogo che rappresenta il centro di questa antichissima e fiorente Chiesa particolare che mi riceve: la sua bella Cattedrale, dove ho pregato davanti al Santissimo Sacramento e ho sostato davanti alla rinomata reliquia del Santo Calice. Lì ho salutato i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose che si sforzano di mantenere viva, secondo i propri ministeri e carismi, la luce della fede.
In seguito, davanti alla Vergine degli “Desamparados” che i valenziani venerano con grande fervore e profonda devozione, l’ho implorata affinché sostenga la loro fede e ricolmi di speranza tutti i suoi figli. Lì, insieme alle famiglie delle vittime della Metropolitana, ho recitato con loro la preghiera del Padrenostro e l’eterno riposo per i loro cari.
Ora desidero salutarvi con affetto, cari seminaristi, accompagnati dai vostri familiari che vivono con gioia la gioiosa esperienza della vostra vocazione. L’amore, consegna e fedeltà dei genitori, così come la concordia nella famiglia, è l’ambiente propizio affinché si ascolti la chiamata divina e si accolga il dono della vocazione. Vivete intensamente gli anni di preparazione nel Seminario, con l’aiuto ed il discernimento dei formatori, e con la docilità e fiducia totale degli Apostoli che seguirono prontamente Gesù. Imparate dalla Vergine Maria come si accoglie senza riserve questa chiamata, con gioia e generosità. Questo lo ricordiamo e lo chiediamo precisamente nella bella preghiera dell’Angelus che ora reciteremo tutti insieme, chiedendo anche al Padrone della messe che mandi operai nella sua messe (Mt 9, 38).
Cari fratelli e sorelle,
Provo una grande gioia nel prendere parte a questo incontro di preghiera, nel quale si vuole celebrare il dono divino della famiglia. Sono molto vicino con la preghiera a tutti quelli che recentemente sono stati colpiti dal lutto in questa città, e con la speranza in Cristo risorto che dà coraggio e luce soprattutto nei momenti di maggiore sofferenza umana.
Uniti dalla stessa fede in Cristo, ci siamo raccolti qui, da tante parti del mondo, come una comunità che ringrazia e rende gioiosa testimonianza che l’essere umano è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio per amare, e che si realizza pienamente in sé stesso solo quando fa dono sincero di sé agli altri. La famiglia è l’ambito privilegiato dove ogni persona impara a dare e ricevere amore. Per questo motivo la Chiesa manifesta costantemente la sua sollecitudine pastorale in questo ambito fondamentale della persona umana. Così essa insegna nel suo Magistero: “Dio che è amore e che ha creato l’uomo per amore, l’ha chiamato ad amare. Creando l’uomo e la donna, li ha chiamati nel Matrimonio a un’intima comunione di vita e di amore fra loro, così che non sono più due, ma una carne sola (Mt 19, 6)” (Catechismo della Chiesa Cattolica. Compendio, 337).
Questa è una verità che la Chiesa proclama nel mondo senza stancarsi. Il mio caro predecessore Giovanni Paolo II, diceva che “L’uomo è divenuto immagine e somiglianza’ di Dio non soltanto attraverso la propria umanità, ma anche attraverso la comunione delle persone che l’uomo e la donna formano sin dall’inizio L’uomo diventa immagine di Dio non tanto nel momento della solitudine quanto nel momento della comunione” (Catechesi, 14-XI-1979). Perciò ho confermato la convocazione di questo V Incontro Mondiale delle Famiglie in Spagna, e segnatamente a Valencia, ricca nelle sue tradizioni ed orgogliosa della fede cristiana che si vive e coltiva in tante famiglie.
La famiglia è un’istituzione intermedia tra l’individuo e la società, e niente può supplirla totalmente. Essa stessa si fonda soprattutto su una profonda relazione interpersonale tra il marito e la moglie, sostenuta dall’affetto e dalla mutua comprensione. Per ciò riceve l’abbondante aiuto di Dio nel sacramento del matrimonio che comporta una vera vocazione alla santità. Possano i figli sperimentare più i momenti di armonia e di affetto dei genitori che non quelli di discordia o indifferenza, perché l’amore tra il padre e la madre offre ai figli una grande sicurezza ed insegna loro la bellezza dell’amore fedele e duraturo.
La famiglia è un bene necessario per i popoli, un fondamento indispensabile per la società ed un grande tesoro degli sposi durante tutta la loro vita. È un bene insostituibile per i figli che devono essere frutto dell’amore, della donazione totale e generosa dei genitori. Proclamare la verità integrale della famiglia, fondata nel matrimonio come Chiesa domestica e santuario della vita, è una grande responsabilità di tutti.
Il padre e la madre si sono promessi davanti Dio un “sì” totale, che costituisce la base del sacramento che li unisce; allo stesso modo, affinché la relazione interna della famiglia sia completa, è necessario che dicano anche un “sì” di accettazione ai loro figli generati o adottati e che hanno propria personalità e proprio carattere. Così, questi continueranno a crescere in un clima di accettazione ed amore, ed è auspicabile che, raggiungendo una maturità sufficiente, vogliano restituire a loro volta un “sì” a chi hanno dato loro la vita.
Le sfide della società attuale, segnata dalla dispersione che si genera soprattutto nell’ambito urbano, richiedono la garanzia che le famiglie non siano sole. Un piccolo nucleo familiare può trovare ostacoli difficili da superare se si sente isolato dal resto dei suoi familiari e amici. Perciò, la comunità ecclesiale ha la responsabilità di offrire sostegno, stimolo e alimento spirituale che fortifichi la coesione familiare, soprattutto nelle prove o nei momenti critici. In questo senso, è molto importante il ruolo delle parrocchie, così come delle diverse associazioni ecclesiali, chiamate a collaborare come strutture di appoggio e mano vicina della Chiesa per la crescita della famiglia nella fede.
Cristo ha rivelato quale è sempre la fonte suprema della vita per tutti e, pertanto, anche per la famiglia: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” (Gv 15,12-13). L’amore di Dio stesso si è riversato su di noi nel battesimo. Per questo le famiglie sono chiamate a vivere quella qualità di amore, poichè il Signore è colui si fa garante che ciò sia possibile per noi attraverso l’amore umano, sensibile, affettuoso e misericordioso come quello di Cristo.
Insieme alla trasmissione della fede e dell’amore del Signore, uno dei compiti più grandi della famiglia è quello di formare persone libere e responsabili. Perciò i genitori devono continuare a restituire ai loro figli la libertà, della quale per qualche tempo sono garanti. Se questi vedono che i loro genitori -e in generale gli adulti che li circondano- vivono la vita con gioia ed entusiasmo, anche nonostante le difficoltà, crescerà più facilmente in essi quella gioia profonda di vivere che li aiuterà a superare con buon esito i possibili ostacoli e le contrarietà che comporta la vita umana. Inoltre, quando la famiglia non si chiude in sé stessa, i figli continuano ad imparare che ogni persona è degna di essere amata, e che c’è una fraternità fondamentale universale fra tutti gli esseri umani.
Questo V Incontro Mondiale c’invita a riflettere su un tema di particolare importanza e che comporta una grande responsabilità per noi: “La trasmissione della fede nella famiglia“. Lo esprime molto bene il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Come una madre che insegna ai suoi figli a parlare, e quindi a comprendere e a comunicare, la Chiesa nostra Madre, ci insegna il linguaggio della fede per introdurci nell’intelligenza della fede e nella vita di fede” (n. 171).
Come simbolizzato nella liturgia del battesimo, con la consegna del cero acceso, i genitori sono associati al mistero della nuova vita come figli di Dio che si diventa per mezzo dell cqua battesimale.
Trasmettere la fede ai figli, con l’aiuto di altre persone e istituzioni come la parrocchia, la scuola o le associazioni cattoliche, è una responsabilità che i genitori non possono dimenticare, trascurare o delegare totalmente. “La famiglia cristiana è chiamata Chiesa domestica, perché manifesta e attua la natura comunionale e familiare della Chiesa come famiglia di Dio. Ciascun membro, secondo il proprio ruolo, esercita il sacerdozio battesimale, contribuendo a fare della famiglia una comunità di grazia e di preghiera, una scuola delle virtù umane e cristiane, il luogo del primo annuncio della fede ai figli” (Catechismo della Chiesa Cattolica. Compendio, 350). E inoltre: “I genitori, partecipi della paternità divina, sono per i figli i primi responsabili dell’educazione e i primi annunciatori della fede. Essi hanno il dovere di amare e di rispettare i figli come persone e come figli di Dio… In particolare hanno la missione di educarli alla fede cristiana” (ibid., 460).
Il linguaggio della fede si impara nel focolare domestico dove questa fede cresce e si fortifica attraverso la preghiera e la pratica cristiana. Nella lettura del Deuteronomio abbiamo ascoltato costantemente la preghiera ripetuta per il popolo eletto, la Shema Israel, e che Gesù ha ascoltato e ripetuto nella sua casa di Nazaret. Egli stesso l’ha ricordato durante la sua vita pubblica, come ci riferisce il Vangelo di Marco (Mc 12,29). Questa è la fede della Chiesa che viene dall’amore di Dio, per mezzo delle vostre famiglie. Vivere l’integrità di questa fede, nella sua meravigliosa novità, è un grande dono. Ma nei momenti in cui sembra che si nasconde il volto di Dio, credere è difficile e comporta un grande sforzo.
Questo incontro dà nuovo vigore per continuare ad annunciare il Vangelo della famiglia, riaffermare la sua validità ed identità basata nel matrimonio aperto al dono generoso della vita, e dove si accompagna ai figli nella sua crescita fisica e spirituale. In questo modo si rifiuta un edonismo molto impregnato che banalizza le relazioni umane e le svuota del suo genuino valore e della sua bellezza. Promuovere i valori del matrimonio non ostacola la gioia piena che l’uomo e la donna trovano nel loro mutuo amore. La fede e l’etica cristiana, dunque, non pretendono di soffocare l’amore, bensì renderlo più sano, forte e realmente libero. Perciò, l’amore umano deve essere purificato e deve maturare per essere pienamente umano e principio di una gioia vera e duratura (cf. Discorso in san Giovanni in Laterano, 5 giugno 2006).
Invito, dunque, i governanti e i legislatori a riflettere sul bene evidente che i focolari domestici in pace e in armonia assicurano all’uomo, alla famiglia, centro nevralgico della società, assicurano le case che vivono nella pace, nell’armonia, come ricorda la Santa Sede nella Lettera dei Diritti della Famiglia. L’oggetto delle leggi è il bene integrale dell’uomo, la risposta alle sue necessità e aspirazioni. Questo è un notevole aiuto alla società, del quale non può privarsi, e per i popoli è una salvaguardia e una purificazione. Inoltre, la famiglia è una scuola di umanesimo, affinché cresca fino a diventare veramente uomo. In questo senso, l’esperienza di essere amati dai genitori porta i figli ad avere coscienza della loro dignità di figli.
La creatura concepita deve essere educata nella fede, amata e protetta. I figli, insieme al fondamentale diritto a nascere e essere educati nella fede, hanno pure diritto ad una casa che abbia come modello quello di Nazaret e siano preservati da tutte le insidie e le minacce.
Desidero ora rivolgermi ai nonni, così importanti nelle famiglie. Essi possono essere -e sono tante volte – i garanti dell’affetto e della tenerezza che ogni essere umano ha bisogno di dare e di ricevere. Essi offrono ai piccoli la prospettiva del tempo, sono memoria e ricchezza delle famiglie. Mai per nessuna ragione siano esclusi dall’ambito familiare. Sono un tesoro che non possiamo strappare alle nuove generazioni, soprattutto quando danno testimonianza di fede all’avvicinarsi della morte.
Cari fratelli e sorelle,
In questa Santa Messa che ho l’immensa gioia di presiedere, concelebrando con numerosi Fratelli nell’episcopato e con un gran numero di sacerdoti, ringrazio il Signore per tutte le amate famiglie che si sono qui riunite formando una moltitudine giubilante, e anche per tante altre che, da terre lontane, seguono questa celebrazione attraverso la radio e la televisione. Tutti vi saluto ed esprimo il mio grande affetto con un abbraccio di pace.
Le attestazioni di Ester e Paolo che abbiamo ascoltato prima nelle letture, mostrano come la famiglia è chiamata a collaborare nella trasmissione della fede. Ester confessa: “Mio padre mi ha raccontato che tu, Signore, scegliesti Israele tra le nazioni” (14,5). Paolo segue la tradizione dei suoi antenati ebrei dando ascolto a Dio con coscienza pura. Loda la fede sincera di Timoteo e gli ricorda “fede che fu prima in tua nonna Loide, poi in tua madre Eunice e ora, ne sono certo, anche in te” (2 Tm 1,5). In queste attestazioni bibliche la famiglia comprende non solo genitori e figli, ma anche nonni e antenati. La famiglia si mostra così come una comunità di generazioni e garante di un patrimonio di tradizioni.
Nessun uomo si è dato l’essere a sé stesso né ha acquisito da solo le conoscenze elementari della vita. Tutti abbiamo ricevuto da altri la vita e le verità basilari di essa, e siamo chiamati a raggiungere la perfezione in relazione e comunione amorosa con gli altri. La famiglia, fondata nel matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna, esprime questa dimensione relazionale, filiale e comunitaria, ed è l’ambito dove l’uomo può nascere con dignità, crescere e svilupparsi in modo integrale.
Quando un bambino nasce, attraverso la relazione coi suoi genitori incomincia a fare parte di una tradizione familiare che ha radici ancora più antiche. Col dono della vita riceve tutto un patrimonio di esperienza. In riferimento a questo, i genitori hanno il diritto e il dovere inalienabile di trasmetterlo ai figli: educarli alla scoperta della loro identità, introdurli alla vita sociale, all’esercizio responsabile della loro libertà morale e della loro capacità di amare attraverso l’esperienza di essere amati e, soprattutto, nell’incontro con Dio. I figli crescono e maturano umanamente nella misura in cui accolgono con fiducia quel patrimonio e quell’educazione che continuano ad assumere progressivamente. In questo modo sono capaci di elaborare una sintesi personale tra ciò che hanno ricevuto e quello che imparano, e che ognuno e ogni generazione è chiamata a realizzare.
Nell’origine di ogni uomo e, pertanto, in ogni paternità e maternità umana è presente Dio Creatore. Per questo motivo i coniugi devono accogliere il bambino che nasce come figlio non solo loro, ma anche di Dio che lo ama per quello che è e lo chiama alla filiazione divina. Più ancora: ogni atto generativo, ogni paternità e maternità, ogni famiglia ha il proprio principio in Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo.
Con la memoria dei suoi antenati e del suo popolo, il padre di Ester le aveva trasmesso quella di un Dio dal quale tutti provengono e al quale tutti sono chiamati a rispondere. Si tratta della memoria di Dio Padre che ha scelto il suo popolo e che agisce nella storia per la nostra salvezza. La memoria di questo Padre illumina l’identità più profonda degli uomini: da dove veniamo, chi siamo e quanto grande è la nostra dignità. Veniamo certamente dai nostri genitori e siamo loro figli, ma veniamo anche da Dio che ci ha creati a sua immagine e ci ha chiamati ad essere suoi figli. Per questo motivo nell’origine di ogni essere umano non esiste il caso o la fatalità, bensì un progetto dell’amore di Dio. È quello che ci ha rivelato Gesù Cristo, vero Figlio di Dio e uomo perfetto. Egli conosceva da dove veniva e da dove veniamo tutti: dall’amore di suo Padre e nostro Padre.
La fede non è, dunque, una mera eredità culturale, bensì un’azione continua della grazia di Dio che chiama, come anche della libertà umana che può aderire oppure non aderire a quella chiamata. Benché nessuno risponda per un altro, tuttavia i genitori cristiani sono chiamati a dare un’attestazione credibile della loro fede e speranza cristiana. Devono fare in modo che la chiamata di Dio e la Buona Novella di Cristo arrivino ai loro figli con la più grande chiarezza e autenticità.
Col passare degli anni, questo dono di Dio che i genitori hanno contribuito a illustre ai piccoli dovrà anche essere coltivato con saggezza e dolcezza, facendo crescere in essi la capacità di discernimento. In questo modo, con la testimonianza costante dell’amore coniugale dei genitori, vissuto ed impregnato di fede, e con il sostegno affettuoso della comunità cristiana, si favorirà nei figli un approccio personale al dono stesso della fede, affinché scoprano attraverso di essa il senso profondo della propria esistenza e si sentano perciò riconoscenti.
La famiglia cristiana trasmette la fede quando i genitori insegnano ai loro figli a pregare e pregano con essi (cf. Familiaris consortio, 60); quando li avvicinano ai sacramenti e li introducono nella vita della Chiesa; quando tutti si riuniscono per leggere la Bibbia, illuminando la vita familiare con la luce della fede e lodando Dio come Padre.
Nella cultura attuale si esalta molto spesso la libertà dell’individuo inteso come soggetto autonomo, come se egli si facesse da solo e bastasse a sé stesso, al di fuori della sua relazione con gli altri come anche della sua responsabilità nei confronti degli altri. Si cerca di organizzare la vita sociale solo a partire da desideri soggettivi e mutevoli, senza riferimento alcuno ad una verità oggettiva previa come sono la dignità di ogni essere umano e i suoi doveri e diritti inalienabili al cui servizio deve mettersi ogni gruppo sociale.
La Chiesa non cessa di ricordare che la vera libertà dell’essere umano proviene dall’essere stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. Perciò, l’educazione cristiana è educazione alla libertà e per la libertà. “Noi facciamo il bene non come schiavi che non sono liberi di fare diversamente, ma lo facciamo perché portiamo personalmente la responsabilità per il mondo; perché amiamo la verità e il bene, perché amiamo Dio stesso e quindi anche le sue creature. È questa la libertà vera, alla quale lo Spirito Santo vuole condurci” (Omelia nella veglia di Pentecoste, L’Osservatore Romano, ed. lingua spagnola, 9-6-2006, p. 6).
Gesù Cristo è l’uomo perfetto, esempio di libertà filiale, che c’insegna a comunicare agli altri il suo stesso amore: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi; rimanete nel mio amore” (Gv 15,9). A questo riguardo insegna il Concilio Vaticano II che “i coniugi e genitori cristiani, seguendo la propria strada, per tutta la vita devono sorreggersi a vicenda nella grazia con amore fedele ed istruire nella dottrina cristiana e nelle virtù evangeliche la prole, ricevuta con amore da Dio. Così offrono a tutti l’esempio di un amore instancabile e generoso, edificano una comunione di carità e sono testimoni e cooperatori della fecondità della Madre Chiesa come segno e partecipazione di quell’amore con il quale Cristo ha amato la sua Sposa e si è dato per lei” (Lumen gentium, 41).
L’affetto con il quale i nostri genitori ci accolsero ed accompagnarono nei primi passi in questo mondo è come un segno e prolungamento sacramentale dell’amore benevolo di Dio dal quale veniamo. L’esperienza di essere accolti ed amati da Dio e dai nostri genitori è il fondamento solido che favorisce sempre la crescita e lo sviluppo autentico dell’uomo e che tanto ci aiuta a maturare durante il cammino verso la verità e l’amore, come anche ad uscire da noi stessi per entrare in comunione con gli altri e con Dio.
Per avanzare in questo cammino di maturità umana, la Chiesa ci insegna a rispettare e promuovere la meravigliosa realtà del matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna che è, inoltre, l’origine della famiglia. Per questo, riconoscere e aiutare questa istituzione è uno dei più importanti servizi che si possono rendere oggi al bene comune e allo sviluppo autentico degli uomini e delle società, così come la migliore garanzia per assicurare la dignità, l’uguaglianza e la vera libertà della persona umana.
A questo proposito, voglio sottolineare l’importanza e il ruolo positivo che svolgono a le distinte associazioni familiari ecclesiali in favore del matrimonio e della famiglia Pertanto “voglio invitare tutti i cristiani a collaborare, cordialmente e coraggiosamente con tutti gli uomini di buona volontà che vivono la loro responsabilità al servizio della famiglia” (Familiaris consortio, 86), affinché unendo le forze e con una legittima pluralità di iniziative contribuiscano alla promozione del vero bene della famiglia nella società attuale.
Ritorniamo per un momento alla prima lettura di questa Messa, tratta dal libro di Ester. La Chiesa orante ha visto in questa umile regina che intercede con tutto il suo essere per il suo popolo che soffre, una prefigurazione di Maria, che suo Figlio ha dato a tutti noi come Madre; una prefigurazione della Madre che protegge col suo amore la famiglia di Dio che peregrina in questo mondo. Maria è l’immagine esemplare di tutte le madri, della loro grande missione come custodi della vita, della loro missione di insegnare l’arte di vivere, l’arte di amare.
Antes de terminar esta celebración nos dirigimos a la Virgen María, como tantas familias la invocan en la intimidad de su casa, para que las asista con su solicitud materna. Con la intercesión de María, abrid vuestros hogares y vuestros corazones a Cristo para que él sea vuestra fuerza y vuestro gozo, y os ayude a vivir unidos y a proclamar al mundo la fuerza invencible del verdadero amor.
En este momento quiero dar gracias a todos los que han hecho posible el buen desarrollo de este Encuentro. De modo particular deseo reconocer el trabajo sacrificado y eficaz de los numerosos Voluntarios de tantas nacionalidades por su abnegada colaboración en todos los actos. Un agradecimiento especial lo dedico a las numerosas personas y comunidades religiosas, sobre todo de clausura, que con su oración perseverante han acompañado todas las celebraciones.
Ahora tengo el gozo de anunciar que el próximo Encuentro Mundial de las Familias se celebrará el año 2009 en la Ciudad de México. A la amada Iglesia que peregrina en la noble Nación mexicana y en la persona del Señor Cardenal Norberto Rivera Carrera, Arzobispo de aquella ciudad, expreso ya desde ahora mi gratitud por su disponibilidad.
Chères familles de langue française, je vous salue avec joie, vous annonçant que la prochaine Rencontre mondiale des familles aura lieu en 2009 dans la ville de Mexico. Je vous invite à enraciner votre vie et votre amour conjugal sur le sacrement reçu le jour de votre mariage, qui fait de vous des icônes et des témoins de l’amour de Dieu. C’est un amour qui doit aller sans cesse jusqu’au pardon au sein des couples; c’est la voie qui ouvre un avenir aux relations conjugales et familiales. Ainsi, vous serez les témoins de l’amour véritable auprès de vos enfants, leur donnant confiance en eux-mêmes, leur faisant découvrir le Christ, qui veut les aider à édifier leur personnalité intégrale et leur remettre entre leur mains la responsabilité de leur existence. Puissiez-vous annoncer à ceux qui vous entourent que, comme le Christ nous l’a montré, il n’y a pas de plus grand amour que de donner et de se donner à Dieu et à ses frères.
I greet all the English-speaking participants who have gathered from various parts of the world. I trust that your experiences here will have strengthened your commitment to promoting the integrity of family life. May God abundantly bless you and all those you represent, and through the intercession of Mary, Mother of the Church, may you and your families be filled with the wisdom of her Son.
Sehr herzlich grüße ich die Pilger and besonders die Familien aus den Ländern deutscher Sprache. Als Gemeinschaft des Lebens and der Liebe, die in Gott gegründet ist, bleibt die Familie der vorzügliche Ort der Weitergabe des Glaubens. Begleiten wir die Familien mit unserem Gebet. Und werden wir nicht müde im Einsatz für die stets notwendige Förderung von Ehe and Familie im heutigen gesellschaftlichen Kontext. Liebe Freunde, gerne lade ich euch schon heute zum nächsten Weltfamilientreffen in Mexiko-Stadt im Jahr 2009 ein. Der Herr schenke den Familien und uns allen seinen Segen!
Rivolgo un saluto cordiale alle famiglie italiane! Cari amici, in ogni parte del mondo gli italiani sono stati sempre stimati per il loro forte legame alla famiglia e ai suoi valori. Auspico che questo patrimonio spirituale, morale e sociale, costantemente rinnovato alla luce della Parola di Dio e degli insegnamenti della Chiesa, possa essere difeso anche di fronte alle sfide dell’epoca attuale. Invoco a tal fine l’intercessione dei Santi e soprattutto di san Giuseppe e della Vergine Maria, ai quali affido anche il cammino verso il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie, che avrà luogo nel 2009 a Città del Messico.
Saúdo com grande afecto as famílias de língua portuguesa, aqui presentes ou em comunhão connosco, sobre todas invocando a solicitude materna da Virgem Maria para que, em cada lar cristão, se mantenha viva a chama da fé, do amor e da concórdia, como suma e preciosa herança cuja entrega aos filhos deve acontecer em vida dos pais. Queridas famílias, sede abençoadas nos vossos compromissos a bem da humanidade e da Igreja! Se Deus quiser, o próximo Encontro Mundial será em 2009, na cidade do México.
1. Nel concludere il mio gradito soggiorno a Valencia in occasione del V Incontro Mondiale delle Famiglie, ringrazio vivamente le Loro Maestà i Re della Spagna, le Autorità della Nazione, della Generalitat di Valencia e del Comune, così come all’Arcivescovo e tutti voi, per la gentile ospitalità che mi avete dispensato e per le dimostrazioni di affetto in tutti i momenti della mia visita a questa fiorente terra levantina.
2. Confido che, con l’aiuto dell’Altissimo e la materna protezione della Vergine Maria, questo Incontro continui a risuonare come un canto gioioso dell’amore, della vita e della fede condivisa nelle famiglie, aiutando il mondo di oggi a comprendere che l’alleanza matrimoniale, per la quale l’uomo e la donna stabiliscono un vincolo permanente, è un grande bene per tutta l’umanità.