Vita Chiesa

VIA CRUCIS AL COLOSSEO: LE PAROLE DI BENEDETTO XVI

Ricordando l’evangelista Marco, che al termine del racconto della Passione descrive il centurione che trovandosi di fronte a Cristo esclama “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”, non può “non sorprenderci la professione di fede di questo soldato romano, che aveva assistito al succedersi delle varie fasi della crocifissione”: “Quando le tenebre della notte si apprestavano a scendere su quel Venerdì unico nella storia, quando ormai il sacrificio della Croce si era consumato e i presenti si affrettavano per poter celebrare regolarmente la Pasqua ebraica, le poche parole, carpite dalle labbra di un anonimo comandante della truppa romana, risuonarono nel silenzio dinanzi a quella morte molto singolare”. Nella riflessione di Benedetto XVI al termine della Via Crucis al Colosseo, la figura dell’ufficiale della truppa romana “che aveva assistito all’esecuzione di uno dei tanti condannati alla pena capitale” è l’immagine di colui che sa “riconoscere in quell’Uomo crocifisso il Figlio di Dio, spirato nel più umiliante abbandono”: “Anche noi, come lui, ci soffermiamo a fissare il volto esanime del Crocifisso” dopo aver rivissuto “la vicenda tragica di un Uomo unico nella storia di tutti i tempi, che ha cambiato il mondo non uccidendo gli altri, ma lasciandosi uccidere appeso ad una croce”.“La dolorosa passione del Signore Gesù non può non muovere a pietà anche i cuori più duri, poiché costituisce l’apice della rivelazione dell’amore di Dio per ciascuno di noi” e, come osserva san Giovanni, “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Per amore nostro, sottolinea il Santo Padre, “Cristo muore in croce” e “lungo il corso dei millenni, schiere di uomini e donne si sono lasciati affascinare da questo mistero e hanno seguito Lui, facendo a loro volta, come Lui e grazie al suo aiuto, della propria vita un dono ai fratelli”: “Sono i santi ed i martiri, molti dei quali restano a noi sconosciuti. Anche in questo nostro tempo, quante persone, nel silenzio della loro quotidiana esistenza, uniscono i loro patimenti a quelli del Crocifisso e diventano apostoli di un vero rinnovamento spirituale e sociale”. Ma “cosa sarebbe l’uomo senza Cristo?”, si domanda il Papa. Per rispondere, vengono in soccorso le parole di sant’Agostino: “Ti saresti trovato sempre in uno stato di miseria, se Lui non ti avesse usato misericordia. Non saresti ritornato a vivere, se Lui non avesse condiviso la tua morte. Saresti venuto meno, se Lui non fosse venuto in tuo aiuto. Ti saresti perduto, se Lui non fosse arrivato”.È necessario, dunque, fermarsi a contemplare il volto sfigurato di Cristo, “il volto dell’Uomo dei dolori, che si è fatto carico di tutte le nostre angosce mortali”: “Il suo volto si riflette in quello di ogni persona umiliata ed offesa, ammalata e sofferente, sola, abbandonata e disprezzata. Versando il suo sangue, Egli ci ha riscattati dalla schiavitù della morte, ha spezzato la solitudine delle nostre lacrime, è entrato in ogni nostra pena ed in ogni nostro affanno”. E “mentre svetta la Croce sul Golgota”, conclude Benedetto XVI che richiama la tragedia del terremoto in Abruzzo, “lo sguardo della nostra fede si proietta verso l’alba del Giorno nuovo ed assaporiamo già la gioia e il fulgore della Pasqua” ricordando la lezione di San Paolo: “Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con Lui”.Sir