«È una strada difficile ma è l’unica strada che ci porta alle sorgenti della nostra regalità. L’unica porta che ci introduce nella casa della credibilità perduta è la porta del servizio. Solo se avremo servito potremo parlare e saremo creduti Solo così scorgeremo il volto di Cristo primo servo, nostro fratello povero che ci incoraggia a testimoniare la speranza in un mondo nuovo che irrompe. La Madonna ci ritagli – dal suo – un pezzo di grembiule». Non è casuale la scelta del brano messo a chiusura del libretto dell’Ordinazione diaconale celebrata lo scorso giovedì – solennità dell’Immacolata – nella Cattedrale di Pisa. Le parole sono di don Tonino Bello, contenute in uno dei suoi scritti più famosi, «La Chiesa del grembiule». Il ministero del diaconato – ultimo passo verso il sacerdozio – è insieme servizio e offerta esclusiva della propria vita a Dio e ai fratelli. Proprio nel servizio don Tonino Bello, vescovo di Molfetta scomparso nel ’93, vedeva rispecchiarsi il volto di una Chiesa povera, semplice, credibile.A concelebrare – nel Duomo pieno di amici e familiari dei tre seminaristi – erano in 70 fra sacerdoti e diaconi, assieme al vescovo emerito di Volterra Vasco Giuseppe Bertelli e all’Arcivescovo di Pisa, che ha presieduto il rito. I nuovi diaconi I tre giovani che ti presentiamo per la consacrazione diaconale sono lo specchio fedele della comunità del nostro Seminario, così variegata per età, retroterra culturale, storie spirituali ed ecclesiali» ha detto monsignor Roberto Filippini – rettore del Seminario – presentando all’Arcivescovo i candidati all’ordinazione. «Federico, Lorenzo e Simone sono molto diversi ma certamente hanno in comune lo stesso desiderio di servire il Signore e la Chiesa, con tutto ciò che hanno e tutto ciò che sono: perciò, insieme agli altri formatori, li ritengo pronti per il diaconato». Federico Franchi è il più giovane dei tre: ha 26 anni e viene dalla parrocchia di San Giuseppe in Pontedera. Diplomato all’Itis, dopo un anno di servizio civile nella Caritas ha deciso di entrare in Seminario. «La vita comune e le occasioni formative, i confronti con i compagni e l’ascolto docile degli educatori, lo hanno condotto ad una maturazione graduale e decisa della sua personalità, in una serena consapevolezza di potenzialità e pregi, ma anche di limiti e fragilità che lo rende equilibrato e fiducioso».Lorenzo Bianchi proviene invece dal barghigiano, dal paese di Fornaci di Barga. Ha 35 anni ed ha maturato la scelta di iniziare il cammino verso il sacerdozio dopo la laurea in Giurisprudenza. «A Lorenzo costava soprattutto lasciare il suo habitat – ha detto di lui monsignor Filippini – la sua amata comunità dove per molti anni si era speso con grande impegno nell’ animazione giovanile e nella catechesi». Ma «con l’aiuto della sua famiglia, gente di gran fede, e del suo direttore spirituale, don Simone Giusti, ha fatto il primo passo e poi, seguendo il cammino formativo di questi anni, con ritmo da montagna, uno dopo l’altro ha compiuto i passi che lo hanno portato alla scelta di donare la sua libertà al Signore e alla Chiesa per servire i fratelli dove ci sarà bisogno». Una storia ancora diversa è quella di Simone Binelli. Quarantenne, della Versilia, Simone è appassionato di surf: «sembra sempre cercare l’onda perfetta» dice il rettore. Il suo percorso di vita lo ha portato – dopo la laurea in Filosofia e il lavoro – a bussare alla porta dei Francescani e dei Piccoli fratelli di Gesù; per poi arrivare in Seminario. «Il tirocinio pastorale a Porta a Lucca, a Barga e a Oratoio e il corso di counseling che segue allo Studio teologico interdiocesano, lo hanno aiutato certamente a modellare il suo equilibrio spirituale e ad accettare la realtà ordinaria delle piccole onde, che forse danno meno emozioni ma riservano ugualmente grandi meraviglie».Scelti dal Signore, come MariaSe stasera siete qui – ha detto monsignor Giovanni Paolo Benotto ai tre seminaristi durante l’omelia – è perché vi siete lasciati trovare da Dio che vi ha cercati. In realtà Dio non ha bisogno di cercarci, perché da sempre ognuno di noi è all’interno del suo disegno di salvezza». Davanti al progetto di Dio è però necessario un consenso, come quello che Maria diede all’angelo. «Il diaconato non è per voi la tappa definitiva: a Dio piacendo è nostro desiderio che giungiate all’ordinazione presbiterale. Ma costituisce uno spartiacque irreversibile. Dal momento in cui imporrò su di voi le mani e pronuncerò la consacrazione, anche se niente sembrerà cambiare in apparenza, tutto cambierà in voi: non sarete più vostri, sarete del Signore in una donazione completa a lui».Dopo i riti di ordinazione Federico, Lorenzo e Simone sono stati aiutati dai rispettivi parroci a vestire l’abito diaconale – la dalmatica – e hanno ricevuto il libro dei Vangeli. Sono stati quindi accolti nella comunità dei diaconi. A fine Messa l’Arcivescovo ha colto l’occasione per salutare fra i celebranti anche alcuni compagni di studi dei tre, divenuti diaconi a La Spezia nei giorni scorsi, e Valentino Buchignani – uno dei primi diaconi permantenti ordinati in diocesi – che ha ricevuto il ministero l’8 dicembre di 20 anni fa.