Nella Lettera agli Efesini, ha ricordato ieri sera Benedetto XVI, nei Vespri a conclusione dell’Anno paolino, l’Apostolo ci dice che con Cristo dobbiamo raggiungere l’età adulta, un’umanità matura. Paolo desidera che i cristiani abbiano una fede responsabile, una fede adulta. La parola fede adulta negli ultimi decenni, ha detto il Papa, è diventata uno slogan diffuso per indicare l’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere, una fede ‘fai da te’, quindi. E lo si presenta come ‘coraggio’ di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. Tuttavia, coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo ‘schema’ del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una ‘fede adulta’. Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo. Così fa parte della fede adulta impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo. Dunque, la fede adulta s’oppone ai venti della moda.Sempre nella Lettera agli Efesini Paolo ci parla della necessità di essere rafforzati nell’uomo interiore. L’uomo interiore deve rafforzarsi: ecco un imperativo, secondo Benedetto XVI, molto appropriato per il nostro tempo in cui gli uomini così spesso restano interiormente vuoti e pertanto devono aggrapparsi a promesse e narcotici, che poi hanno come conseguenza un’ulteriore crescita del senso di vuoto nel loro intimo. Per il Papa, il vuoto interiore la debolezza dell’uomo interiore è uno dei grandi problemi del nostro tempo. Deve essere rafforzata l’interiorità la percettività del cuore; la capacità di vedere e comprendere il mondo e l’uomo dal di dentro, con il cuore. Noi abbiamo bisogno di una ragione illuminata dal cuore ha aggiunto -, per imparare ad agire secondo la verità nella carità. Questo, tuttavia, non si realizza senza un intimo rapporto con Dio, senza la vita di preghiera. Abbiamo bisogno dell’incontro con Dio, che ci vien dato nei Sacramenti. E non possiamo parlare a Dio nella preghiera, se non lasciamo che parli prima Egli stesso, se non lo ascoltiamo nella parola, che ci ha donato. Inoltre, Paolo ci dice che l’amore vede più lontano della semplice ragione e che solo nella comunione con tutti i santi, cioè nella grande comunità di tutti i credenti e non contro o senza di essa possiamo conoscere la vastità del mistero di Cristo.Profonda emozione. È quella che ha espresso ieri sera Benedetto XVI, chiudendo l’Anno paolino con la celebrazione dei vespri nella basilica di San Paolo fuori le Mura, cui è intervenuta anche una Delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Siamo raccolti presso la tomba dell’Apostolo ha detto -, il cui sarcofago, conservato sotto l’altare papale, è stato fatto recentemente oggetto di un’attenta analisi scientifica: nel sarcofago, che non è stato mai aperto in tanti secoli, è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda, mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino. E’ stata anche rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree. Ma la vera rivelazione è che piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta tra il I e il II secolo. Ciò sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’apostolo Paolo. E, ovviamente, tutto questo riempie il nostro animo di profonda emozione.L’Anno paolino si conclude ha osservato ancora il Papa -, ma essere in cammino insieme con Paolo, con lui e grazie a lui venir a conoscere Gesù e, come lui, essere illuminati e trasformati dal Vangelo, questo farà sempre parte dell’esistenza cristiana. E sempre, andando oltre l’ambiente dei credenti, egli rimane il maestro delle genti, che vuol portare il messaggio del Risorto a tutti gli uomini. Fa parte della struttura delle Lettere di Paolo che esse spieghino innanzitutto il mistero di Cristo, ci insegnino la fede. In una seconda parte, segue l’applicazione alla nostra vita. Così nella Lettera ai Romani l’Apostolo riassume subito il nucleo essenziale dell’esistenza cristiana, affermando che con Cristo è iniziato un nuovo modo di venerare Dio un nuovo culto. E anche noi dobbiamo diventare uomini nuovi, trasformati in un nuovo modo di esistenza. Il mondo è sempre alla ricerca di novità, perché con ragione è sempre scontento della realtà concreta. Paolo ci dice: il mondo non può essere rinnovato senza uomini nuovi. Solo se ci saranno uomini nuovi, ci sarà anche un mondo nuovo, un mondo rinnovato e migliore. Solo se noi stessi diventiamo nuovi, il mondo diventa nuovo. Ciò significa anche che non basta adattarsi alla situazione attuale. L’Apostolo ci esorta ad un non-conformismo.Diventiamo nuovi, ha precisato Benedetto XV, se ci lasciamo afferrare e plasmare dall’Uomo nuovo Gesù Cristo. Egli è l’Uomo nuovo per eccellenza. Paolo rende ancora più chiaro questo processo di rifusione dicendo che diventiamo nuovi se trasformiamo il nostro modo di pensare. Dunque, la nostra ragione deve diventare nuova. Questo ci sorprende. Avremmo forse aspettato che riguardasse piuttosto qualche atteggiamento: ciò che nel nostro agire dobbiamo cambiare. Invece no: Il rinnovamento deve andare fino in fondo. Il nostro modo di vedere il mondo, di comprendere la realtà tutto il nostro pensare deve mutarsi a partire dal suo fondamento. Il pensiero dell’uomo vecchio, il modo di pensare comune è rivolto in genere verso il possesso, il benessere, l’influenza, il successo, la fama e così via. Ma in questo modo ha una portata troppo limitata. Pertanto, bisogna imparare a comprendere la volontà di Dio, così che questa plasmi la nostra volontà. Affinché noi stessi vogliamo ciò che vuole Dio, perché riconosciamo che ciò che Dio vuole è il bello e il buono. Si tratta dunque di una svolta nel nostro spirituale orientamento di fondo.Sir