Vita Chiesa
Vescovi toscani: «La fede aiuta a vivere meglio»
«Accresci in noi la fede!» È la domanda che gli apostoli rivolgono a Gesù, ed è anche il titolo che i Vescovi toscani hanno scelto per l’esortazione che rivolgono, nell’Anno della fede, ai cristiani e a «tutte le persone che cercano la verità con cuore sincero». Un piccolo volume (32 pagine) corredato con le immagini a colori di opere d’arte custodite nelle cattedrali della Toscana. Il documento viene distribuito, questa settimana, in allegato a Toscana Oggi (clicca qui): un modo, scrivono i vescovi nell’introduzione, per «incoraggiare tutti coloro che ogni giorno con la parola e con l’esempio annunciano che il Signore è vivo e presente in mezzo a noi» ma anche per esprimere vicinanza, nella fede, «a tutti quelli che sono nella prova, perché la grazia dello Spirito Santo li sostenga e li rafforzi». Un documento, aggiungono i vescovi, offerto anche a chi desidera «conoscere e approfondire la nostra fede».
A spiegarci le ragioni e i contenuti di questo documento è il vescovo di Fiesole, Mario Meini.
Perché i vescovi toscani hanno voluto pubblicare questa esortazione sul tema della fede? A chi si rivolge?
«L’idea è venuta nel corso di una riunione della Conferenza episcopale toscana. Ci siamo detti: nell’Anno della fede diamo anche noi una testimonianza. La nostra è un’esortazione diretta ai fedeli innanzitutto: un tentativo di riflettere sulla fede con linguaggio attuale. Ma diretta a chiunque: anche a chi ci guarda, ci osserva, a chi presta attenzione alla Chiesa o desidera prestare attenzione alla Chiesa, perché in un linguaggio diretto possa sentire, vedere, toccare ciò che i cristiani credono».
Qualcuno potrebbe dire: in un momento di crisi economica, sociale, politica, perché parlare proprio di fede?
«Bella domanda. Resto convinto che questa è una crisi sociale ed economica, frutto di una crisi finanziaria ma prima ancora frutto di una crisi culturale e spirituale. Se metto Dio da parte, alla fine trovo che l’uomo rimane solo e si isola nel suo egoismo. E allora chi più può, più prende, si approfitta. Quando mi metto davanti al Signore, all’unico Padre di tutti, a quel punto nasce la solidarietà. In fondo la vera crisi è una crisi di fede».
Il documento quindi propone la fede come risposta anche ai tanti problemi della vita di ogni giorno, della quotidianità delle persone?
«Laicamente posso dire che la fede è un contributo davanti alla crisi; da cristiano dico che è il contributo vero di fonte a ogni crisi. Quando sento Dio come Padre, quando prendo il Vangelo e leggo gli insegnamenti del Signore, quando mi lascio trasportare dalla forza dello Spirito il mio cuore è diverso e c’è vera solidarietà».
La fede non come un fatto privato ma come qualcosa che ha rilevanza pubblica, che oriente scelte di vita, relazioni, comportamenti delle persone…
«Certo. Si fa tanto per reclinare la fede nel privato, per togliere l’aspetto pubblico della fede e non ci si rende conto che così si impoverisce la nostra Europa e l’Occidente in genere».
Nel documento si parla anche del “cristianesimo fai da te” e di chi dice di credere in Gesù, ma fuori dalla Chiesa. Cosa dicono i vescovi a chi pensa così?
«Questo era un argomento caro a papa Benedetto. Se conosci Gesù, se conosci il Vangelo, chi te lo ha dato se non la Chiesa? Il Vangelo è nato nella Chiesa, è un frutto della Chiesa e anche oggi lì lo ritroviamo. Chi fa un ragionamento del genere lo fa per istinto, lo fa per mancanza di conoscenza, lo fa perché forse non si è reso conto che chi coglie il Vangelo ha incontrato già la Chiesa».
Dalla fede nasce anche la carità: chi crede in Dio e in Gesù, scrivono i vescovi, impara a donarsi agli altri. Questo secondo lei si riscontra? O come cristiani dobbiamo anche farci un esame di coscienza?
«Se guardo quello che fanno i credenti trovo degli esempi belli, meravigliosi. A partire dall’intimità degli affetti familiari: una mamma verso i figli, ma anche i figli verso un genitore anziano… E poi nell’attenzione agli altri: la cura dei malati, l’attenzione a chi soffre, l’andare incontro ai poveri, il volontariato… Al tempo stesso trovo degli egoismi, prima di tutto in me stesso: credo che ognuno di noi sia impastato in questo. Ha un istinto che lo porta verso la chiusura, verso il profitto, il proprio egoismo, e ha una forza dello Spirito che lo spinge a farsi generoso. Questo è nella vita di ciascuno, e poi lo si ritrova nelle comunità, nelle parrocchie e così via».
La fede si esprime nella preghiera. Ma c’è anche chi non prega, ricorda il documento, “forse solo perché non ha mai gustato la gioia di saper pregare”. Quali consigli darebbe a chi volesse iniziare a pregare?
«Una ricetta non esiste, sono espressioni dell’anima, della persona, della coscienza. La prima cosa che mi viene in mente è la coscienza libera: mettersi di fronte davanti a Dio, davanti a se stessi e vedere come lo Spirito ci guida. Lo Spirito Santo magari non si conosce però agisce in noi e la prima esigenza è la libertà interiore. Non metterci la maschera. Un altro consiglio può essere quello di cogliere alcune opportunità: penso ai pellegrinaggi, alla contemplazione di alcune opere d’arte, al riflettere sulle esigenze del prossimo… Situazioni diversissime tra di loro che però convergono nel fare cogliere l’intimità della persona rivolta verso Dio. E poi c’è l’esempio delle persone che pregano e che gustano la preghiera, le anime semplici, le persone semplici che gioiscono nel pregare e trasmettono questa gioia. Chi di noi non ha trovato delle persone consacrate, o delle persone buone in famiglia con un sorriso profondo, intimo… Da dove gli viene? Il Signore li aiuta: è tutto!»
Un documento che abbraccia due papi: inizia da papa Benedetto, che ha voluto l’anno della fede, e si conclude con la gioia dei vescovi toscani per l’elezione di papa Francesco. Due pontefici con uno stile molto diverso. Ma la fede nel Signore li accomuna, come accomuna tutti i cristiani.
«Credo, senza presunzione, che queste pagine le potrebbero accogliere e fare proprie sia papa Benedetto che papa Francesco. L’Anno della fede fu indetto da papa Benedetto e questo documento è stato proposto dall’assemblea dei Vescovi sotto il suo pontificato; poi c’è stata la rinuncia e l’elezione di papa Francesco. Ci è sembrato giusto nell’introduzione ringraziare papa Benedetto per l’Anno della fede e per tutto il Magistero che ci ha dato, e nella conclusione metterci sotto la guida di papa Francesco per sentirci in comunione con lui e perché ci aiuti nel professare bene la nostra fede, questa fede che dilata i cuori e fa sentire ogni cristiano, e la Chiesa nel suo insieme, aperta sul mondo come continuamente papa Francesco ci invita ad essere».