In scena è andato un copione sbagliato e così la revoca della scomunica ai vescovi ordinati nel 1988 è diventato un nuovo caso mediatico pieno di toni emotivi. E’ quanto scrive Carlo Di Cicco, vicedirettore dell’Osservatore Romano, sulla vicenda della revoca della scomunica ai lefebvriani. Con tempismo frettoloso denuncia il quotidiano vaticano – si è addossata a Benedetto XVI la colpa non solo di resa a posizioni anticonciliari, ma perfino, se non la connivenza, almeno l’imprudenza di sostenere tesi negazioniste sulla Shoah. Al contrario, le parole del Papa ai vespri conclusivi della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e la sua riflessione alla preghiera dell’Angelus sono state una smentita a queste paure diffuse. Benedetto XVI, infatti, ha detto parole importanti sul Concilio, definito provvida decisione. È in forza della convinzione nei confronti del concilio quale avvenimento ispirato dall’alto che si deve leggere il gesto di revoca della scomunica, la tesi di fondo del giornale del Papa, in cui si fa notare che la riforma del Concilio non è ancora del tutto attuata, ma è ormai talmente consolidata nella Chiesa cattolica che non può essere messa in crisi da un magnanimo gesto di misericordia. Ispirato per di più al nuovo stile di Chiesa voluto dal concilio che preferisce la medicina della misericordia alla condanna. La revoca che ha suscitato tanto allarme non conclude una vicenda dolorosa come lo scisma lefebvriano, precisa Di Cicco, ma con essa il Papa sgombera il campo da possibili pretesti per infinite polemiche, entrando nel merito del vero problema: l’accettazione piena del magistero, compreso ovviamente il concilio Vaticano II. In particolare, pare un esercizio retorico, se non proprio offensivo, pensare che Benedetto xvi possa svendere anche in parte il concilio a chicchessia. Come retorico è il ricorrente chiedersi di alcuni se il Papa sia davvero convinto del cammino ecumenico e del dialogo con gli ebrei. Il dialogo è parte costitutiva della Chiesa conciliare prosegue l’articolo – e Benedetto XVI ha ripetuto più volte, e di nuovo ora, che l’ecumenismo richiede la conversione di tutti anche della Chiesa cattolica a Cristo. Anche se, dunque, la revoca della scomunica non è ancora la piena comunione, il percorso di riconciliazione con i tradizionalisti è una scelta collegiale e già nota della Chiesa di Roma e non un gesto repentino e improvviso di Benedetto XVI. Dall’accettazione del concilio discende necessariamente anche una limpida posizione sul negazionismo, conclude Di Cicco citando la Nostra aetate: Le recenti dichiarazioni negazioniste contraddicono questo insegnamento e sono pertanto gravissime e incresciose, quindi inaccettabili.Sir