Haiti, il paese più povero delle Americhe, e cinque paesi africani – Liberia, Botswana, Eritrea, Niger e Comore – corrono, secondo la Fao (organismo Onu per il cibo e l’agricoltura) i pericoli maggiori tra i 22 paesi del mondo più a rischio a causa degli aumenti di prezzo dei prodotti alimentari e dei combustibili che stanno già colpendo stabilità e crescita di tutto il pianeta. La Fao, che apre oggi a Roma un vertice dedicato soprattutto all’emergenza alimentare, ha realizzato una mappa della vulnerabilità in base a fattori come l’ elevato livello di sottonutrizione e la dipendenza dalle importazioni di prodotti petroliferi (fino al 100% in molti dei paesi indicati) e di materie prime agricole come cereali riso, frumento e granturco per il consumo interno. Oltre ai sei maggiormente a rischio, tutti nel Sud del mondo, la lista della Fao include altri 13 paesi africani (Etiopia, Burundi,Sierra Leone, Zambia, Repubblica Centrafricana, Mozambico, Tanzania, Guinea-Bissau, Madagascar, Malawi, Rwanda, Zimbabwe, e Kenya) e infine Cambogia, Repubblica democratica popolare di Corea (Corea del nord) e Tajikistan. La Fao definisce allarmante la percentuale di aumento del costo dei prodotti importati, sottolineando che già l’anno scorso il costo globale delle importazioni di prodotti alimentari era giunto a 812 miliardi di dollari, il 29% più dell’anno precedente, una crescita che per I paesi maggiormente dipendenti da importazioni di cibo e petrolio potrebbe salire fino a tassi dell’88% in Eritrea, dell’80% nelle Comore e del 72% ad Haiti. Sorprendentemente, lo Zimbabwe – che da tempo non gode certo di buona stampa, meno che mai economica – sarebbe, secondo la mappa della Fao, il paese che tra i 22 subisce il minor rincaro delle importazioni: appena due punti percentuali.Misna