Cultura & Società
Siena: il Palio dell’Assunta e il Corteo dei Ceri e dei Censi
Un rito ancora vivo che si ripete da otto secoli e s'inserisce nei festeggiamenti del 16 agosto, a sottolineare il profondo legame della città con la Madonna, come gesto di omaggio e sottomissione di tutte le sue terre alla Vergine.
“L’Assunzione al Cielo di Maria Vergine Santiss. Madre di Dio, Madre e Signora di Siena. Festa principale della Città e di tutto lo Stato Sanese”. Così lo storico Girolamo Gigli, agli inizi del ’700, annuncia il giorno della solennità dell’Assunta nel suo “Diario Senese” (2, 110). Madre di Dio, Madre e Signora di Siena e del suo antico Stato: un rapporto singolare quello fra Siena e la Vergine di cui tanto si è discorso e altrettanto è noto, ma che riserva sempre delle singolari preziosità spirituali, oltre che storiche, a partire dalle più celebri sue tradizioni, come le celebrazioni dell’Assunta, o di “Santa Maria di mezz’agosto”, che culminano il 16, giorno successivo alla festa, con la carriera del Palio.
La solennità dell’Assunzione della Beata Vergine è certamente legata in maniera viscerale al contesto della Cattedrale, che in quei giorni diventa il principale scenario delle celebrazioni liturgiche e civiche in onore alla patrona. Questo ha ingenerato infatti la venerabile tradizione che la Cattedrale Metropolitana sia intitolata all’Assunta. Non esiste tuttavia documento alcuno, provvedimento pontificio o emanazione dell’autorità episcopale, che attribuisca questo titolo alla Cattedrale; essa piuttosto appare nei testi medievali come “Ecclesia Sanctae Mariae”, Chiesa di Santa Maria, senza specificare attributo alcuno di devozione mariana. Maria Santissima è la Madre e Signora di Siena, e così viene venerata e celebrata dalla tradizione senese in tutte le declinazioni mariologiche dell’anno liturgico. Le celebrazioni senesi dell’Assunta non nascono pertanto come festa «titolare» della Cattedrale, ma vi entrano a pieno titolo perché si tratta di una vera e propria festa patronale della Città e del suo antico Stato, una sorta di “festa nazionale” ante litteram, che coinvolgeva tutte le comunità della Repubblica senese e che sopravvive anche dopo l’avvento della dominazione medicea, grazie a una relativa indipendenza istituzionale che la Casa granducale garantisce, almeno fino alle riforme leopoldine del XVIII secolo.
In questo contesto si sviluppa la tradizione del Palio dell’Assunta, che ha connotati diversi inizialmente rispetto a quello di luglio, in onore alla Madonna di Provenzano, proprio perché agosto rimane in bilico fra memoria della perduta indipendenza e celebrazione di una società moderna, ormai quasi completamente asservita al dominatore mediceo.
La più antica testimonianza di questa festa di Stato, ancora oggi viva nei riti del Palio dell’Assunta, e attestata almeno da oltre otto secoli, è il Corteo dei Ceri e dei Censi, che si snoda la sera del 14 agosto, vigilia della festa, attraverso le vie della Città e giunge in Cattedrale, portando ai piedi dell’altare l’omaggio in cera delle Contrade e il cero votivo del Comune, finemente decorato, che rimane acceso per tutto l’anno davanti all’immagine della Madonna del Voto, massima icona mariana dell’Arcidiocesi. Al termine dell’omaggio fa ingresso il drappellone, il cosiddetto “cencio”, il “palio” (dal latino pallium, drappo di stoffa preziosa) che per sineddoche dà poi il nome a tutta la manifestazione. È proprio nel momento in cui il drappellone giunge e sosta in silenzio davanti all’altare, su cui è eccezionalmente esposta la sacra effigie della Madonna del Voto, che si percepisce forse il rapporto intimo fra la città, il contesto culturale che nei secoli ha generato, e la Madre di Dio: un gesto silenzioso, intimo ed eloquente, l’offerta alla Madonna di ciò che in quei giorni è l’oggetto più ambito, come segno di ossequio filiale, espresso dagli antichi linguaggi giuridici medievali, fatti di gesti prima ancora che di parole. Il Corteo infatti, almeno fino alla sua temporanea soppressione nei decenni successivi all’Unità d’Italia, era il gesto di omaggio e di sottomissione di tutte le terre e i castelli della Repubblica alla Vergine, che portavano l’offerta in cera o in danaro: non sottomissione a Siena, ma alla sua Patrona e Regina, la cui maggior festa liturgica diventa automaticamente festa dello Stato. La celebrazione oggi si chiude in Cattedrale con la benedizione del drappellone e del popolo da parte dell’arcivescovo, il quale, riprendendo il testo liturgico dell’orazione colletta della Messa vigilare della Solennità dell’Assunta, invoca la Vergine come Colei che è “innalzata alla sublime dignità di madre”, facendo eco agli attributi più cari offerti a Lei dalla tradizione. Dopo la benedizione, il Palio rimane esposto in Cattedrale, su un pilastro, a fare da cornice a tutte le celebrazioni religiose, fino alla mattina del 16, quando rientra in Palazzo Pubblico, per essere poi portato nel corteo storico. Al termine della carriera tornerà in Cattedrale per il giubilo della Contrada vincitrice; un contesto certamente meno composto dell’antico cerimoniale del Corteo dei Ceri e dei Censi, ma antropologicamente non meno significativo, sottolineando la familiare confidenza, arrivando quasi all’apparente irriverenza, di Siena con Maria, Madre e Signora, Regina del suo antico Stato.