Terremoti, uragani e altre sciagure che colpiscono insieme colpevoli e innocenti non sono mai un castigo di Dio. Dire il contrario, significa offendere Dio e gli uomini. Lo ha detto padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, nella predica del Venerdì Santo pronunciata oggi nella Basilica di San Pietro. La meditazione era partita con una serie di interrogativi suscitati dai terribili fatti dell’attualità. Come avere il coraggio di parlare dell’amore di Dio ha detto Cantalamessa -, mentre abbiamo davanti agli occhi tante sventure umane, come la catastrofe abbattutasi sul Giappone, o le tragedie consumatesi in mare nelle ultime settimane. Non parlarne affatto? Ma rimanere del tutto in silenzio sarebbe tradire la fede e ignorare il senso del mistero che stiamo celebrando. Se la corsa per la vita finisse quaggiù, ci sarebbe davvero da disperarsi. Il pensiero di padre Cantalamessa si è rivolto anche ai milioni e forse miliardi di esseri umani che partono svantaggiati, inchiodati dalla povertà e dal sottosviluppo al punto di partenza, e questo mentre alcuni pochi si concedono ogni lusso e non sanno come spendere le somme spropositate che guadagnano. Di fronte a questa umanità sofferente, la risposta della Croce non può essere solo per noi cristiani ma per tutti. Ma cosa possiamo offrire a chi non crede, si è chiesto il predicatore. Possiamo soffrire con chi soffre, piangere con chi piange. In questo momento ha aggiunto Cantalamessa -, soffrire e piangere, in particolare, con il popolo giapponese, reduce da una delle più immani catastrofi naturali della storia. Possiamo anche dire a questi fratelli in umanità che siamo ammirati della loro dignità e dell’esempio di compostezza e mutuo soccorso che hanno dato al mondo. La globalizzazione ha almeno questo effetto positivo: il dolore di un popolo diventa il dolore di tutti, suscita la solidarietà di tutti. Ci dà occasione di scoprire che siamo una sola famiglia umana, legata nel bene e nel male. Ci aiuta a superare le barriere di razza, colore e religione. Terremoti, tsunami e altre sciagure non sono un castigo di Dio. Sono però ha precisato padre Cantalamessa – un ammonimento: in questo caso, l’ammonimento a non illuderci che basteranno la scienza e la tecnica a salvarci. Se non sapremo imporci dei limiti, possono diventare, proprio esse, lo stiamo vedendo, la minaccia più grave di tutte. La predica si è conclusa con una nota di speranza. Ci fu un terremoto anche al momento della morte di Cristo. Ma ce ne fu un altro ancora più grande’ al momento della sua risurrezione. Così sarà sempre. A ogni terremoto di morte succederà un terremoto di risurrezione e di vita. (Sir)