Vita Chiesa
Venerdì Santo, p. Cantalamessa: «Se lo vogliamo può essere il principio di una nuova vita»
Il titolo scelto per questa omelia, pronunciata davanti a Papa Francesco e ad una basilica piena di fedeli da ogni parte del mondo desiderosi di stringersi attorno al nuovo Vescovo di Roma nel suo primo Triduo pasquale, è “Giustificati gratuitamente per mezzo della fede nel sangue di Cristo”. P. Cantalamessa ha subito esortato ad un gesto “definitivo”: “Abbiamo la possibilità di prendere, in questo giorno, la decisione più importante della vita – ha affermato -, quella che spalanca davanti le porte dell’eternità: credere! Credere che ‘Gesù è morto per i nostri peccati ed è risorto per la nostra giustificazione’”. Questa convinzione fa dire che “in Cristo morto e risorto il mondo ha raggiunto la sua meta finale”.
La situazione del mondo non è statica anzi, ha notato il predicatore della Casa pontificia, “il progresso dell’umanità avanza oggi a un ritmo vertiginoso e l’umanità vede schiudersi dinanzi a sé nuovi e impensati orizzonti, frutto delle sue scoperte. Eppure, si può dire che è già venuta la fine dei tempi, perché in Cristo, salito alla destra del Padre, l’umanità ha raggiunto la sua meta ultima. Sono già cominciati i cieli nuovi e la terra nuova”. P. Cantalamessa ha spiegato il perché di questa fiducia nell’azione salvifica di Cristo: “Quello che vediamo con i nostri occhi può suggerirci il contrario, ma il male e la morte sono in realtà sconfitti per sempre. Le loro sorgenti sono disseccate; la realtà è che Gesù è il Signore del mondo. Il male è stato radicalmente vinto dalla redenzione da lui operata. Il mondo nuovo è già iniziato”. Per diffondere questa novità, l’unica “in grado di svelarci qualcosa del mistero della nostra vita”, esprime quindi un auspicio: “La fede cristiana potrebbe ritornare nel nostro continente e nel mondo secolarizzato per la stessa ragione per cui vi fece il suo ingresso: come l’unica, cioè, che ha una risposta sicura da dare ai grandi interrogativi della vita e della morte”.
Parlando della necessità odierna dell’annuncio cristiano, p. Cantalamessa ha poi affermato: “L’evangelizzazione cristiana non è conquista, non è propaganda; è il dono di Dio al mondo nel suo Figlio Gesù. È dare al Capo la gioia di sentire la vita fluire dal suo cuore verso il suo corpo, fino a vivificarne le membra più lontane”. Il predicatore ha quindi invitato tutti i fedeli perché collaborino nella Chiesa all’evangelizzazione e “il messaggio possa uscire da essa libero e gioioso come quando iniziò la sua corsa. Sappiamo quali sono gli impedimenti che possono trattenere il messaggero: i muri divisori, a partire da quelli che separano le varie chiese cristiane tra di loro, l’eccesso di burocrazia, i residui di cerimoniali, leggi e controversie passate, divenuti ormai solo dei detriti”. Di fronte al rischio di rimanere fermi davanti a vecchi e nuovi “ostacoli”, ha aggiunto, “bisogna avere il coraggio di abbatterli e riportare l’edificio alla semplicità e linearità delle sue origini”. L’invocazione conclusiva del predicatore della Casa pontificia è stata che “lo Spirito Santo, in questo momento in cui si apre per la Chiesa un tempo nuovo, pieno di speranza, ridesti negli uomini che sono alla finestra l’attesa del messaggio e nei messaggeri la volontà di farlo giungere ad essi, anche a costo della vita”.