Lucca
Venerdì 7 luglio a Lucca, don Severino Dianich su “Prospettive di riforma nella Chiesa”
Sappiamo che il tema della riforma è al centro della riflessione di papa Francesco, che ci invita a ritrovare le radici più autentiche del nostro essere cristiani, al di là di tante incrostazioni, ed anche a ripensare a modelli organizzativi e culturali e formule pastorali che hanno svolto una loro funzione nel passato ma che non necessariamente possono essere riproposti allo stesso oggi, in un contesto culturale profondamente mutato.
Il cristiano non può dire «Si è sempre fatto così»: un’espressione diffusa nel mondo cattolico lucchese più tradizionalista, ma non rispondente alla realtà storica. In realtà tante cose sono cambiate nei duemila anni di cammino storico della Chiesa: formule catechetiche, testi liturgici, versioni bibliche, scelte pastorali, modi di incarnare il Vangelo nella società, modelli di rapporto tra la Chiesa e la vita politica.
Questa esigenza è tanto più forte a cinquecento anni dall’avvio della Riforma protestante di Lutero: si tratta di riscoprire, in una prospettiva non più di contrapposizione manichea ma di dialogo fecondo, quei valori che i fratelli separati hanno saputo custodire, mentre magari noi li abbiamo trascurati per lungo tempo, come l’ascolto della parola di Dio mediante la lettura personale e comunitaria della Bibbia, ed il sacerdozio comune di tutti i battezzati. Se ripercorriamo il cammino plurisecolare della Chiesa possiamo vedere che sin dal Medioevo all’interno della Chiesa cattolica tanti credenti hanno auspicato una sua riforma «in capite et in membris», al vertice e nelle membra, ossia dalla gerarchia sino ai laici. Una riforma intesa anzitutto come riforma interiore, come adeguamento continuo, e mai definitivo, all’immagine divina che è in noi ed al modello di Cristo, e come riscoperta della freschezza originaria del Vangelo; poi anche come conversione continua delle strutture per renderle sempre più trasparenti. Prima dell’affissione delle tesi di Lutero tanti cattolici hanno chiesto una riforma della Chiesa, ma spesso non sono stati ascoltati. Nell’Ottocento il beato Rosmini denunciò le «cinque piaghe della Chiesa», tra cui collocava la separazione tra clero e laicato.