Fiesole

Veglia di Pentecoste a San Giovanni ValdarnoIl Vescovo: lo Spirito annulla la nostra mediocrità

DI GIOVANNI PIANIPentecoste, la solennità che chiude il Tempo Pasquale con il ricordo della discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli riuniti nel Cenacolo: questa la cornice in cui i diciottenni della nostra diocesi vengono ogni anno chiamati a rinnovare la loro professione di fede, a conferma degli impegni presi quando hanno ricevuto la Cresima. I diciottenni sono stati posti al centro della celebrazione della Veglia di Pentecoste, sabato 10 maggio, che si è tenuta, presieduta dal Vescovo, nella basilica di S. Maria delle Grazie in San Giovanni Valdarno: è la diocesi intera che si riunisce in questo santuario mariano per stringersi attorno a questi suoi figli e fratelli, a rivivere l’esperienza del Cenacolo. «Siete qui – ha detto mons. Giovannnetti nella sua omelia durante la Veglia – a rivivere l’esperienza della Pentecoste, nella consapevolezza dell’importanza dello Spirito Santo nella vostra vita», portando nel cuore i desideri che contraddistinguono in modo particolare i giovani: il desiderio di verità, di bellezza, di una vita intensa. Desideri cui l’unica piena risposta è Cristo: «Chi ha sete, venga me e beva» ha detto il Signore, e in queste Sue parole bisogna trovare la forza ed il coraggio per «affidarci a Cristo che ci conosce e conosce i nostri desideri» nella sicurezza che grazie a Lui «tutto è nostro, ma noi siamo di Cristo».Il Vescovo ha parlato dello Spirito Santo utilizzando le immagini con cui viene presentato nella Scrittura: l’acqua viva, il fuoco, l’Amore. Lo Spirito Santo, come Gesù, è fonte continua ed inesauribile di acqua viva, che si dispensa a noi nella famiglia, negli amici, negli educatori… Un dono ricevuto e che pretende di non esser tenuto per se stessi: «Anche voi, ora maturi nella fede, siate fonte di acqua viva». Lo Spirito Santo è fuoco, disceso sugli apostoli nel Cenacolo, venuto a «bruciare, annullare la nostra mediocrità e la nostra indifferenza». Forte è stato l’invito del Vescovo a non presentare mai questi atteggiamenti, perché «l’indifferente è persona morta prima del tempo, che vive già nel sepolcro. Ed infine lo Spirito Santo è fuoco di Amore, che aiuta a vivere in piena unità con Cristo. Questa è la ricerca che deve sempre accompagnare la vita dei giovani, come sta accompagnando l’intera diocesi, sotto il pungolo della domanda che Gesù stesso rivolse agli apostoli: «Ma voi, chi dite ce io sia?». Ed è lo Spirito Santo che, solo, può darci l’ispirazione e la forza per rispondere con fede: «Tu, Gesù, sei veramente figlio di Dio». Lo Spirito Santo è dispensatore di doni, ed il Vescovo ha invitato a pregare incessantemente perché doni a ciascuno «un cuore nuovo, non di pietra ma di carne, vivo», simile al cuore squarciato di Cristo da cui nasce la Chiesa, che nella Pentecoste, riceve visibilità. La Pentecoste è invito alla missione: gli apostoli sono intimoriti, se ne stanno chiusi nel Cenacolo: è lo Spirito che li guida fuori, che insegna loro come portare nel mondo il lieto annuncio. Rivivere la Pentecoste è accettare questo invito, sull’esempio dell’apostolo Paolo, che ha vissuto l’esperienza del Cenacolo, pur non essendo, come noi, fisicamente presente insieme agli apostoli quando lo Spirito scese su di loro. NEL POMERIGGIO GIOVANI E FAMIGLIE INSIEMEDI FRANCESCA CAPPELLINella festa dei giovani e delle famiglie, al centro delle riflessioni c’è l’amore. Ogni tipo d’amore, con le sue caratteristiche, le sue difficoltà e la sua bellezza. L’amore, la cui fonte vera è Dio, l’amore che lo Spirito Santo fa nascere in noi. Diverse voci hanno parlato d’amore, nel pomeriggio presentato da Alessandro, dell’Oratorio Salesiano di San Giovanni e da Luisa, della parrocchia del Giglio di Montevarchi. La musica dei Brotherhood, un gruppo legato alla Fraternità della Visitazione di Pian di Scò, che compone ispirandosi alle molte etnie ed esperienze che si incontrano alla Fraternità. Poi i giovani della parrocchia della Collegiata di Montevarchi, con un video che hanno preparato come introduzione all’incontro: una serie di interviste, giovani e adulti a confronto, sul modo di vedere e vivere l’amore. Infine, le bellissime parole della teologa Ina Siviglia, che ci hanno portati nel cuore della riflessione sull’amore. «Tutta l’umanità sperimenta il bisogno di amare ed essere amati. Ed è per questo che molti giovani, spesso, cercano l’amore in luoghi e modi sbagliati. C’è bisogno di qualcuno che li indirizzi alla vera fonte dell’amore, che è Dio. Nella Lettera di San Giovanni si legge: “Chi ama è in Dio”. Ed è così: chi ama è in Dio anche se non lo sa. Dal missionario che parte e raggiunge una terra lontana, alla coppia di adolescenti al primo amore, chi ama è in Dio. E chi è in Dio impara ad amare. Nel viaggio della vita troviamo tante persone: se non viviamo nella prospettiva dell’amore, ci limiteremo a vedere questi volti, ma non sapremo davvero incontrare nessuno. L’amore ci fa conoscere l’altro. L’amore è ciò che ci permette di non girare a vuoto e di essere persone con una meta. L’amore armonizza tutte le dimensioni dell’uomo. Dio ci ha amati per primi: perciò Gesù può darci il comandamento dell’amore, amatevi come io vi ho amato. Come io vi ho amato, cioè donando se stesso, fino alla morte. L’amore è anche sacrificio, perdono, dono totale di sé. Oggi è la vigilia della Pentecoste. Accogliere lo Spirito significa spalancare la nostra esistenza all’inondazione dell’amore. Lo Spirito fece agli apostoli il dono delle lingue: a noi dona la capacità di parlare un linguaggio comprensibile a tutti, ci rende possibile comunicare con tutti: giovani, adulti, famiglie, anziani, malati… Maria risplende di questo amore dello Spirito, che genera in lei il Figlio. Lei ci insegna come amare: restando un po’ in disparte, meditando, vivendo in intimità gioiosa con Dio». Dopo la riflessione, un momento di scambio e dialogo: giovani, sacerdoti, seminaristi, religiose e famiglie si sono divisi in gruppi, mescolandosi, proprio per portare in ogni gruppo esperienze diverse e arricchenti per ciascuno. Dai gruppi sono emerse molte riflessioni, domande, suggestioni, che poi Ina Siviglia ha commentato. Riguardo la differenza tra innamoramento e amore: «L’innamoramento è una prima fase, e devono intervenire la ragione, il sentimento e la volontà perché questo si stabilizzi in amore». Una delle tante riflessioni ci ha portati a considerare l’amore e la diversità: l’amore deve rispettare la diversità, perché non è omologante. Si diventa una cosa sola, ma rimaniamo sempre due. Poi, una domanda sul tema così attuale dei rapporti prematrimoniali, a cui Ina Siviglia ha risposto che l’importante è «coltivare il valore della verginità all’interno del valore dell’amore, ed educare al suo significato. I ragazzi oggi non accettano falsi moralismi, ma accolgono un valore, se ne comprendono il senso». Infine, un pensiero sulle prove che l’amore deve superare: un amore provato è un amore che ha garanzia di stabilità. Non c’è da avere paura, quando Dio permette che l’amore si trovi davanti ad una difficoltà: l’importante è essere pronti e viverla insieme.