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Vaticano, arrivano le carte di Pio XI

Lunedì 18 settembre, riprendono, dopo le ferie estive, le attività dell’Archivio Segreto Vaticano e degli altri Archivi della Santa Sede con un’importante novità. Infatti, come già annunciato dalla Sala Stampa della Santa Sede lo scorso 30 giugno, per decisione del Santo Padre Benedetto XVI sarà resa accessibile ai ricercatori tutta la documentazione relativa al pontificato di Pio XI (6 febbraio 1922 – 10 febbraio 1939). “Tale apertura – si legge nel comunicato della Sala Stampa Vaticana – già auspicata dal compianto Pontefice Giovanni Paolo II, rende disponibili alla ricerca storica, entro i limiti dei regolamenti, tutte le fonti documentarie fino a febbraio 1939 conservate nelle diverse serie degli Archivi della Santa Sede e principalmente nell’Archivio Segreto Vaticano e nell’Archivio della Seconda Sezione della Segreteria di Stato (già Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari)”.

Tra i documenti su cui gli storici potranno indagare: la Santa Sede e il fascismo, i Patti Lateranensi, la questione razziale e gli ebrei, i rapporti con nazismo e comunismo… Di questa decisione di Benedetto XVI e dell’importanza dell’Archivio storico per la ricerca, ne abbiamo parlato con lo storico PAOLO PRODI, docente all’Università di Bologna.

Che significato ha questa decisione di Benedetto XVI?

“Corrisponde a quello che attualmente è l’indirizzo di tutte le Istituzioni: aprire gli archivi fino al periodo in cui la memoria storica non può essere manipolabile per gli scopi della politica e dei giochi di potere attuali. Così è per il periodo di Pio XI, che si può dire consegnato alla storia, a differenza degli anni del pontificato del suo successore, Pio XII, per i quali è ancora necessaria una sedimentazione prima di poter avviare un’indagine storica del tutto immune da strumentalizzazioni. In ogni caso auspico che anche i documenti relativi al pontificato di Pio XII possano essere messi a disposizione di tutti gli studiosi al più presto per ottenere una visione più completa di quegli anni cruciali”.

Con che spirito lo storico, o il ricercatore, deve approcciarsi a queste “nuove fonti” rese disponibili alla ricerca?

“È lo spirito che anima il mestiere dello storico. Un mestiere che non gode certamente di garanzie d’infallibilità: i nostri grandi maestri dicevano sempre che la qualità principale di uno storico è l’onestà del metodo, cioè la comparazione critica tra fonti e testimonianze per arrivare il più possibile vicini alla definizione di quella che è stata la realtà degli avvenimenti. Pur sapendo, senza illusioni, che non potrà mai essere raggiunta in modo completo e oggettivo”.

Quali i criteri che dovrebbero guidare la ricerca?

“Non bisogna solo non manipolare le fonti, ma anche non tacere nulla di ciò di cui abbiamo testimonianza. Tutto ciò si traduce in tecniche precise che costituiscono il lavoro quotidiano dello storico: lettura delle testimonianze, loro comparazione e critica, fino alla stesura di un racconto storico nel quale si espone, con onestà intellettuale, il divenire degli avvenimenti. Piuttosto, oggi ci sono due pericoli fondamentali da cui guardarsi. Il primo è la manipolazione per scopi politici o di potere, mentre il secondo – oggi ancora più forte del precedente – consiste nel mescolare la realtà storica con elementi di fiction , inventati. Proprio per quanto riguarda la storia della Chiesa abbiamo avuto testimonianze recenti: pensiamo solo al successo dei romanzi di Dan Brown, che implicano una deformazione delle fondamenta e del materiale storico. Vedo con preoccupazione l’incapacità della gente di distinguere tra narrazione storica e invenzione”.

Quale il valore dell’Archivio storico e, in particolare, dell’Archivio storico della Chiesa?

“L’apertura degli Archivi non solo apre alla conoscenza, ma, alla luce dei pericoli odierni di distorsione, ha un compito pedagogico: dice come la storia si faccia con i documenti e le testimonianze, implicando un’onestà e un rigore che nulla hanno in comune con l’invenzione che tende, anche attraverso i mass media, a dominare la scena. L’Archivio Vaticano ha poi una funzione fondamentale, in particolare per quanto riguarda il Novecento, l’età dei Totalitarismi, in cui sono nate le grandi religioni politiche. Da una parte osserviamo la Chiesa di Roma che tenta di conservare la sua funzione universalistica, mentre dall’altra gli Stati sono sempre più soggetti alla tentazione di costruirsi proprie religioni politiche, che siano uno strumento del potere. In questo grande quadro l’apertura degli Archivi Vaticani può fornire materiale di prima importanza per la comprensione del mondo da cui noi adesso usciamo”.

C’è interesse dei giovani per la ricerca storica? Cosa può significare?

“Ci troviamo in una situazione equivoca, e quasi paradossale. Da una parte c’è una grande fame di storia, e ne è dimostrazione il dibattito sulla nostra identità. Le risposte sono però dei surrogati, una storia fatta a uso e consumo del presente, adulterata e, perciò, pericolosa. Pensiamo, ad esempio, alle nostre Università: le discipline storiche vengono spinte sempre più ai margini, mentre l’offerta si concentra quasi esclusivamente sull’attualità. Ma così è come se si valorizzasse la scatola, ignorando il contenuto che essa ha all’interno”.a cura di Vincenzo Corrado e Francesco Rossi