Cultura & Società
Valdarno aretino: Una terra di vino, olio, fagioli e stufati
di Gian Marco Mazzanti
Si tratta di un territorio affascinante e singolare, risultato di una complessa storia geologica: nel pliocene la valle dell’Arno era occupata da un grande lago, poi prosciugatosi; di questo periodo, durato milioni di anni, rimane un giacimento di reperti geologici fra i più famosi d’Italia, in parte conservati nel Museo Paleontologico di Montevarchi.
Le acque del lago plasmarono quelle che oggi sono una delle attrattive paesaggistiche più affascinanti della vallata: le «Balze», erosioni rocciose che troviamo da Terranova fino a Castelfranco.
Proprio le «Balze» sono una delle aree protette di questo territorio, assieme alla «Valle dell’inferno» e alla Riserva naturale di «Ponte Buriano e Penna».
La «Setteponti» ricalca l’antico percorso etrusco e romano della «Cassia Vetus»: è la strada delle pievi romaniche, semplici e solenni. Molte di queste pievi sorgono sui resti di edifici preesistenti del periodo romano o paleocristiano e furono ricostruite secondo gli stili dell’architettura romanica, che, da queste parti, si caratterizza per il materiale da costruzione (la pietra arenaria), le facciate severe e disadorne, l’assenza di decorazioni in marmo e l’interno a tre navate.
Pievi e abbazie come San Pietro a Cascia, Santa Maria a Piandiscò, San Giustino e Gropina a Loro Ciuffenna, ma anche tante altre chiese minori, offrono l’occasione di un viaggio tra terra e cielo, dove gli interessi spirituali e artistici si incontrano di continuo con i richiami romani e rinascimentali.
L’Arno è protagonista e artefice dell’ambiente di fondovalle, dove si mescolano insediamenti industriali e urbani con realtà commerciali e vie di comunicazione. Attorno al fiume si trovano altissimi pioppi, ontani, salici, ma anche boschi di robinie e querce.
Salendo verso la «Setteponti», inizia un paesaggio completamente diverso, tipicamente toscano con colline più dolci e dove l’uomo è riuscito nei secoli ad integrarsi con l’ambiente naturale. Uomo che ha abitato questo territorio fin dalla preistoria, come testimoniano gli insediamenti e i reperti risalenti all’età della pietra, e in particolare proprio lungo l’antica via dei «Setteponti» dove si trovano diversi toponimi come Gropina, Perlina, Ciuffenna e altri che attestano presenze etrusche o addirittura civiltà anteriori.
Quest’area per lo più collinare, era fortemente caratterizzata da una buona viabilità (soprattutto di pellegrini che si recavano a Roma) e dall’intensa attività agricola, tanto che, proprio per questi motivi, la vallata fu oggetto e teatro di sanguinose contese tra le due città che aspiravano al predominio in Toscana: la guelfa Firenze e la ghibellina Arezzo.
Ma tutta questa area, che ha resistito agli anni frenetici del boom economico e dell’espansione urbanistica, è anche all’origine di un insieme di qualità universalmente riconosciute e dove il terreno, il clima e il lavoro dell’uomo, hanno caratterizzato produzioni alimentari di grande valore.
Prima di tutto il vino, che qui ha una storia molto antica, e che oggi, soprattutto con il Chianti dei Colli Aretini e con gli igt a base di sangiovese, ha ottenuto importanti consensi sia nei concorsi internazionali che nelle riviste di settore. Per non parlare dell’olio: lungo la Setteponti, l’olivo è molto più di una pianta, tanto che è radicato nello stesso paesaggio. A novembre, quando esce dal frantoio, l’olio nuovo è verde vivo, sapido e pungente, dal fruttato intenso e dalla bassissima acidità. Notevole anche la lavorazione della carne di maiale, a cominciare dal prosciutto, la spalla, la gota, il salame, la tarese e la finocchiona. Altri prodotti che meritano di essere rammentati sono la ricotta e il raveggiolo, anche se, il formaggio più noto è senz’altro il pecorino che è prodotto sia a pasta tenera (venti giorni di stagionatura) o semidura (invecchiato alcuni mesi).
Poi c’è tutto un mondo di prodotti e di sapori cosiddetti «minori» a volte dimenticati o che sono stati vicini all’estinzione. Prodotti che sono un patrimonio di cultura di questa zona e che per fortuna oggi sono stati in buona parte salvati per la passione di agricoltori e allevatori, come il famoso fagiolo zolfino, il cece piccolo, il fagiolo coco, ma anche come il sedano di Montevarchi senza fili che è l’ingrediente principale dei tradizionali rocchini in umido. Tra le razze animali è da segnalare il pollo del Valdarno, un vero pollo ruspante, il cui allevamento era stato abbandonato negli scorsi anni ed ora è recuperato grazie alla collaborazione di alcuni allevatori e le istituzioni locali.
Con tutti questi prodotti, la cucina di questa zona è decisamente grande perché è fatta di poche cose essenziali risultando asciutta e schietta e intimamente legata alle più antiche produzioni dell’agricoltura.
Una cucina di pane, presente nei piatti della tradizione rurale: la ribollita, la panzanella, la pappa al pomodoro, l’acquacotta; ma anche pane e olio, pane e vino, pane e formaggio, pane e pomodoro
Ma anche una cucina dalla quale provengono molti piatti della grande tradizione gastronomica toscana: le pappardelle (al sugo di lepre, di coniglio, di anatra o «nana»), la minestra di ceci, gli gnocchi di patate, la stidionata, lo stufato alla sangiovannese.
Insomma una cucina che parte da ingredienti genuini e strettamente legata alla cultura del territorio.
Pecorino baccellone Varietà di pecorino che ha come caratteristica principale la stagionatura che non supera i 5-7 giorni di maturazione dopo l’immersione in salamoia.
Raveggiolo Prodotto caseario artigianale ottenuto semplicemente aggiungendo il caglio al latte ovino, senza sale né cottura.
Pollo del Valdarno È un pollo dalla pelle gialla e sottile, con pochissimo grasso; ha un piumaggio bianco, la cresta accentuata, i bargigli di colore rosso vivo, le zampe gialle e slanciate.
Fagiolo zolfino Varietà di fagiolo piccolo, rotondo, giallo e con la particolarità di una buccia molto sottile; quando è cotto è saporito, delicato e cremoso e si scioglie in bocca come burro.