Cos’è la giovinezza se non l’età drammatica e splendida del grande mutamento della persona pur nel permanere dell’identità? Cos’è, se non l’abbandono di un porto di sicuri riferimenti infantili verso il mare aperto della responsabilità che pone alla guida di sé? Cos’è, se non una seconda nascita sulla sostanza del patrimonio genetico e culturale consegnato dai genitori? Ebbene, se la giovinezza è tutto questo e molto altro ancora ben si comprende perché tra questo Papa e i giovani di almeno due decenni si sia stabilito un rapporto unico nella sua intimità, per durevolezza e forza. Giovanni Paolo, lo dice lo stesso nome che sibi imposuit, ha unito e mantenuto unito ciò che ordinariamente sta diviso, separato, opposto. Ha unito ciò che appare o, meglio, appariva scisso per definizione: mantenere e cambiare, osare ed essere prudente, obbedire ed essere libero, guardare indietro con gratitudine senza essere prigioniero, guardare avanti senza lasciare per strada nessuno. Lo ha fatto percorrendo un sottile sentiero di crinale, consapevole del rischio, provato dalla fatica, sostenuto dal fascino insopprimibile di una voce interiore che è eco di voce dall’Alto. Così come su una fune senza rete camminano i giovani, tra eccitazione e angoscia, senza possibili scorciatoie. Ad ogni passo di questo cammino Giovanni Paolo ha scoperto, ha inventato un alfabeto, forgiandolo in un dialogo subito annunciato: «Se sbaglierò, voi mi corrigerete». Chi poteva avere l’audacia, la sfrontatezza, l’impertinenza di prendere sul serio e immediatamente tale proposta? I giovani. Ci hanno provato e lui non si è tirato indietro. L’alfabeto ha preso consistenza e le parole della giovinezza di Karol poeta, innamorato, attore, resistente, canottiere, sciatore non si sono perse, sono state travasate nella nuova condizione di uomo vestito di bianco, mescolandosi con il vocabolario millenario dei pontefici. Ne è nata una lingua inedita, che ha più volte lasciato attoniti, ma che ha immediatamente raggiunto chi per condizione oggettiva vive uno sforzo analogo e quotidiano: i giovani appunto, in ogni angolo della terra. Lo hanno accompagnato, andandogli dietro senza potersi nascondere, mentre lui accompagnava loro, indicando l’Altro che lui stesso per primo seguiva: Gesù Cristo. Si sono succeduti, dentro un’intera generazione, a ondate, di lustro in lustro, pieni di stupore per un’avventura che sembrava non finire, spostandosi sempre oltre l’ultimo precario traguardo temporale, fino a sciogliersi nell’eredità già consegnata lungo il cammino e solo al termine pienamente compresa: il traguardo interiore del morire e risorgere ogni giorno. Questo crinale ha il sapore del tragitto di Emmaus. Ecco perché Giovanni Paolo ci scaldava così tanto il cuore, ecco perché più invecchiava e più lo sentivamo giovane, più lo vedevamo debole e più ci appariva forte, più sembrava tormentato e più esprimeva serenità, più assumeva rischi e più era granitica certezza. Per questo i giovani continuano a vegliare in piazza San Pietro, rischiarando di notte in notte il novenario dell’inumazione: per consentire a quelle carezze fuggevoli ricevute sui loro volti di sedimentarsi in una carezza permanente nell’anima. Da Jàsna Gora a Compostela, da Guadalupe al Colorado a Tor Vergata, Giovanni Paolo li ha accolti con i loro modi anche estremi, si è lasciato afferrare e strapazzare, si è trovato bagnato di baci, di sudori, di lacrime che in un attimo perdevano l’anonimato, diventando straordinariamente personali e insieme pudicamente pubbliche. Ha scandito il ritmo per ciascuno di loro, nella stagione in cui il tempo è più che mai soggettivo. Alzando le braccia vigorose, roteando un piccolo bastone, agitando l’unico braccio ancora non infermo: non si è arreso nel tempo della tenacia e si è consegnato in quello del passaggio ineludibile. Giovanni Paolo ha dialogato con loro durante un’intera esistenza riuscita, anzi portandola a compimento insieme e grazie anche a loro, come in ogni dialogo vero in cui si riceve e si dà. Non li ha blanditi, non li ha ingannati, non li ha sedotti. Li ha semplicemente amati. Ha stabilito con loro l’unico vincolo che tiene unito il mondo lasciandolo libero.