Non c’è traccia del cratere, eppure un impatto terribile sulla terra è avvenuto circa 800.000 anni fa, scagliando detriti a distanza di migliaia di chilometri. Oggi un gruppo internazionale di ricercatori del Programma Nazionale delle Ricerche in Antartide (PNRA) ha trovato in Antartide frammenti di crosta terrestre che documentano questo evento catastrofico, e la sua ampiezza, che fino ad oggi sembrava limitata ai paesi del sud est asiatico. Nel corso della Campagna Antartica del 2006 del PNRA abbiamo raccolto molti microtektiti, ovvero degli schizzi vetrosi di crosta continentale che è stata fusa a causa dell’impatto di un asteroide o di una cometa dice Luigi Folco, responsabile delle ricerche presso il Museo nazionale dell’Antartide dell’Università di Siena -. Abbiamo analizzato i frammenti raccolti e oggi sappiamo che questi detriti derivano da un evento già noto agli studiosi, avvenuto quasi un milione di anni fa, del quale non è stato ancora possibile trovare il cratere. I detriti sono stati scagliati fino ad una distanza di 11.000 chilometri, essendo presenti in molti paesi dell’Indocina, in Australia e, oggi lo possiamo dire, anche in Antartide.Il fenomeno già conosciuto come il più violento dei recenti impatti cosmici della storia del nostro pianeta – è stato dunque molto più esteso di quanto si potesse sospettare. Ed è veramente strano che il cratere non sia visibile sulla crosta terrestre. Questo, per ora, riamane un vero e proprio mistero scientifico. La ricerca sta avendo un’ottima risonanza in ambito scientifico internazionale, essendo stata pubblicata dall’importante rivista Geology e ripresa da Discovery Channel. La scoperta dei frammenti è stata fatta sulle cime delle Montagne Transantartiche in Terra Vittoria, da Luigi Folco e Pierre Rochette. Oltre a Folco, del Museo Nazionale dell’Antartide, sezione di Scienze della Terra dell’Università di Siena, collaborano all’analisi dei frammenti Pierre Rochette dell’Università di Aix-Marseille 3, Natale Perchiazzi e Massimo D’Orazio dell’Università di Pisa, Marinella Laurenzi del CNR Pisa, e Massimo Tiepolo del CNR-Pavia.