di Elia FrosiniIn un clima di allegria e di grande gioia la scorsa domenica, 16 ottobre, si è tenuta la messa internazionale organizzata da tutte le comunità cattoliche straniere della diocesi di Prato.Mons. Santino Brunetti, vicario episcopale per gli immigrati, ha celebrato la messa, insieme ai nove sacerdoti delle cappellanie delle etnie presenti nel nostro territorio. Una messa celebrata anche in suffragio del massacro degli egiziani copti perpetrato lo scorso 9 ottobre durante uno scontro nella provincia di Assuan. «Dobbiamo pensare a tutti i cristiani che soffrono in molte parti del mondo ha detto in apertura don Santino e delle minoranze che sono costrette a stringere i denti per professare la propria fede. Eppure la certezza che uno solo è il Signore e una sola è la fede ci aiuta a superare ogni razzismo e ogni disuguaglianza».Una messa molto colorata, con canti in tutte le lingue e grande partecipazione sia da parte dei credenti stranieri sia dei cattolici italiani, segno che l’interesse a un cammino comune è forte e abbraccia tutta la comunità diocesana.Il cuore di tutta la celebrazione è stato il messaggio del Vangelo del giorno, che ha permesso al vicario Brunetti di approfondire una tematica quanto mai attuale, ossia la necessità di «dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio»: «Dobbiamo essere persone che vivono con giustizia e legalità e che si preoccupano del bene della società in cui vivono», ha detto don Santino. «Ma per fare questo dobbiamo anche condividere il nostro personale carisma, perché il Signore ama il suo popolo attraverso i doni che gli ha dato. Ma così come è giusto assolvere ai nostri doveri civili, non dobbiamo dimenticarci la seconda parte del messaggio, ossia dare al Signore ciò che gli spetta: amore e fedeltà».Un’omelia densa di significato, i cui punti fondamentali sono stati tradotti in tutte le lingue dai sacerdoti delle varie comunità. A metà celebrazione è intervenuto anche il vescovo Simoni, per un breve saluto alla folta platea accorsa a questo evento. «Gesù ci insegna che è giusto fare il nostro dovere nella società ha confermato mons. Simoni ma non dobbiamo dimenticarci che Dio è la nostra sicurezza e la nostra confidenza; ciò che va contro i suoi insegnamenti è sbagliato».Il segnale trasmesso da questo pomeriggio di preghiera e condivisione è lampante: i cattolici stranieri della Diocesi sono una realtà forte e in espansione, che però non può sopravvivere senza un processo di integrazione all’interno delle singole parrocchie; l’ideale di unità deve diventare un punto fermo dell’apostolato di tutte le comunità parrocchiali perché di fronte alle ingiustizie e alle persecuzioni del mondo il popolo di Dio si può difendere solo con una salda cooperazione.