Una parrocchia che venga coraggiosamente rivista e completata, evitando l’eccessiva frammentazione, come pure mere operazioni di ingegneria pastorale. Queste le coordinate dettate da mons. Gaetano Bonicelli, vescovo emerito di Siena, all’apertura della 60a Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, avviata oggi pomeriggio a Capiago (Como). Tema dell’appuntamento, organizzato dal Centro di orientamento pastorale (Cop), sono le nuove forme di comunità cristiana. La parrocchia è la nostra ostinazione, ha ribadito mons. Bonicelli, convinto della necessità di ridefinirla in funzione dei mutamenti, se non si vuole che rimanga ai margini. Punto di partenza delle unità, o comunità, pastorali è stato il vistoso calo dei sacerdoti, ma ben altro dev’essere l’impegno pastorale globale poiché si tratta finalmente di valorizzare più e meglio tutti gli operatori pastorali. Una nuova giovinezza sta davanti alla parrocchia, ha rimarcato il vescovo, se questa è capace ancora oggi d’incarnare la sua missione di fontana che fa zampillare la sua acqua per tutti gli abitanti del villaggio. Il fine dell’agire pastorale ha concluso non può essere né il grande, né il piccolo gregge; piuttosto, la disponibilità, nella missione sacramentale, ad attrezzare gli uomini perché diventino popolo di Dio e ad accompagnarli sulla strada della sequela del Signore. Viviamo un momento storico di movimento della pastorale della parrocchia e le nuove forme di comunità tra parrocchie si propongono come esperienze transitorie’ nel cammino di ricerca di come attuare nella prassi l’ecclesiologia di comunione e di missione della Chiesa. Lo ha rilevato oggi pomeriggio a Capiago (Como) don Giovanni Villata, responsabile del Centro studi e documentazione della diocesi di Torino, portando alla 60a Settimana nazionale di aggiornamento pastorale del Cop i risultati di una ricerca sulle forme di comunità tra parrocchie. Tra i dati, la diffusione delle unità pastorali: Il 68% delle diocesi che hanno dichiarato di aver scelto le unità e comunità parrocchiali sono al Nord, il 20% al Centro e il 12% al Sud, ha reso noto Villata, ricordando quindi che il fenomeno non è un’esclusiva nordista’. In secondo luogo, il calo dei sacerdoti. I risultati della ricerca ha affermato il sacerdote dicono che le parrocchie senza parroco residente sono in notevole aumento e che, ormai, non sono solo più una faccenda attinente alle piccole parrocchie di campagna, di collina o di montagna (65%), ma un problema che interessa anche le città piccole e grandi (35%). Ancora, le parrocchie senza parroco residente sono più diffuse al Nord (47%) rispetto al Centro (37%) e al Sud (16%). Ma a chi sono affidate le parrocchie senza parroco residente?. I dati dell’indagine rilevano che l’83% delle parrocchie senza parroco sono curate da un parroco vicino e il 37% in solido da più sacerdoti; i diaconi permanenti hanno la responsabilità del 15% delle parrocchie del campione senza parroco residente; infine un 8% è affidato alle famiglie e il 5% ai religiosi e religiose. La ricerca indaga poi i settori in cui cooperano le parrocchie che compongono le unità/comunità pastorali, rilevando che la scelta dei settori di cooperazione conferma che la pastorale di queste nuove forme si orienta sugli standard della pastorale della Chiesa italiana, ancora piuttosto rivolta all’interno della comunità, alla cura di coloro che vi partecipano attivamente, con particolare riferimento ai soggetti tradizionali, un tempo punti forza della pastorale, ma oggi piuttosto deboli, come la famiglia e i giovani. Meno attenzione spiega Villata viene data alla cosiddetta pastorale d’ambiente: lavoro, questioni sociali, ecc. Il 25% delle diocesi del campione, tuttavia, risulta impegnata ad attivare cooperazione tra parrocchie vicine nella pastorale del tempo libero, secondo una tendenza che persiste e si consolida.Sir