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UNIONI GAY, 173 PARLAMENTARI FIRMANO DOCUMENTO PDL CONTRO EQUIPARAZIONE CON MATRIMONIO

(ASCA) – «Non siamo disposti a svuotare l’istituzione del matrimonio, attribuendo a unioni affettive, anche omosessuali, un riconoscimento giuridico analogo a quello matrimoniale». E’ questo il punto centrale del documento su unioni civili e matrimoni gay, primi firmatari Eugenia Roccella, Raffaele Calabrò, Alfredo Mantovano, Maurizio Gasparri, Maurizio Sacconi e Gaetano Quagliariello, sottoscritto da 173 deputati e senatori del Popolo della Libertà e da alcuni parlamentari non iscritti ai gruppi del PdL (Stefania Craxi, Valerio Carrara, Maria Giuseppa Castiglione, Roberto Centaro, Mario Ferrara, Alberto Filippi, Salvo Fleres, Roberto Marmo, Andrea Ronchi, Maurizio Saia, Giorgio Stracquadanio, Pasquale Viespoli, Riccardo Villari). Il documento parte dal presupposto che “neanche i documenti elaborati in materia dal Pd e dall’Udc, con il relativo seguito di polemiche, hanno chiarito a sufficienza i nodi reali della questione” e “nonostante la gravità e l’impellenza della crisi economica, il tema sembra aver assunto nuova centralità nel dibattito pubblico”. Dunque, il primo concetto messo in chiaro è che “l’introduzione del matrimonio omosessuale nel nostro ordinamento giuridico non è e non potrebbe essere una proposta reale e attuale da parte di nessun partito.Tale obiettivo, infatti, sarebbe impossibile da raggiungere se non attraverso una modifica della Costituzione: impresa nella quale nessuna forza politica può o vuole al momento cimentarsi”. Il vero tema sul quale le forze politiche sono chiamate a pronunciarsi è quindi quello del riconoscimento delle cosiddette ‘unioni civili’. Ma, spiegano i parlamentari, “anche se formalmente sotto questa dicitura vengono ricomprese tanto le coppie formate da persone dello stesso sesso quanto le unioni fra persone di sesso diverso, nella sostanza le proposte sulle unioni civili sono finalizzate a riconoscere in forma giuridicamente rilevante le coppie omosessuali”.

Il documento boccia poi i registri anagrafici per i conviventi istituiti in alcuni Comuni, tra cui Milano: “Si tratta di iniziative di natura prettamente ideologica, di atti simbolici compiuti per creare consenso ma privi di valore giuridico e non rispondenti ad alcuna esigenza popolare”. Per altro “la loro inutilità è attestata dal fatto che in qualsiasi comune siano stati istituiti, i registri, anche quelli delle unioni civili, sono rimasti pressoché vuoti”. Differente, si evidenzia infine, “è il discorso dei diritti che il nostro ordinamento riconosce ai componenti di una coppia di fatto. L’elenco delle previsioni normative già attualmente vigenti è lungo, articolato, e copre quelle voci che spesso sono evocate a fondamento della richiesta di riconoscimento. Per esempio, non vi è nessun ostacolo all’assistenza del convivente nei confronti del proprio partner (in base alla legge 1° aprile 1999 n. 91, il convivente viene informato e può decidere addirittura un’operazione di trapianto di organo). L’estensione al convivente di diritti riconosciuti al coniuge, derivante dalla legge ordinaria o dalla giurisprudenza, esiste già in tema di assistenza da parte dei consultori, di interdizione e inabilitazione, di figli, di successione nella locazione, di successione nell’abitazione di proprietà e nell’assegnazione di un alloggio popolare. Il partner di fatto ha titolo, a determinate condizioni, al risarcimento del danno subito dall’altro partner; perfino la legislazione sulle vittime di mafia o terrorismo non conosce trattamenti diversificati fra convivente e coniuge”. Alla luce di tutto questo, conclude il documento, «ci opponiamo a qualsiasi tentativo di decostruzione della famiglia basata sul matrimonio, che resta il cuore della ‘eccezione italiana’».