Dossier
Unioni civili, ecco i Dico
Quale prospettiva culturale apre il progetto di legge sui «Dico»?
«Il rischio maggiore è il rafforzamento di un’idea di gradualità, che sbiadisce l’assunzione di responsabilità. Per i giovani oggi passare all’età adulta è diventato sempre più difficile, un processo che dura a lungo. Un tempo si entrava nel mondo del lavoro con un atto deciso e vi si partecipava da subito, divenendo a pieno titolo lavoratori. Analogamente, si entrava nella famiglia con un momento preciso di passaggio. Oggi questa indefinitezza è un punto di fragilità, e riconoscere una condizione di incertezza, di legame fragile aggiunge debolezza a debolezza. Così non si rafforza il passaggio all’età adulta».
Si parla di legge che difende i diritti dei più deboli, ma tra questi non andrebbero considerati anche i giovani che rischiano di perdere riferimenti vitali, come quello della famiglia fondata sul matrimonio?
«Più che altro sono lasciati soli, come se non ci fosse mai un riconoscimento della loro cittadinanza. Il fare famiglia, che è un’azione di cittadinanza attiva, viene confinato nella sfera del privato e dell’individualismo. Così però il giovane non viene rispettato nelle sue scelte, ma piuttosto lasciato a se stesso, con un accordo di intensità minore rispetto a quello che è il matrimonio. D’altra parte la tutela della parte debole, nella convivenza, è risolvibile con altri strumenti…».
Quali?
«Ad esempio, la cointestazione di un appartamento o del contratto d’affitto, oppure un’autocertificazione con cui si autorizza il convivente a prestare assistenza in caso di ricovero ospedaliero. Su un paio di questioni, invece, ci sono grossi problemi. Il tema della pensione di reversibilità conferma la problematicità di questa legge. Essa deve essere strettamente collegata a una forte assunzione di responsabilità della coppia, come si ha nel matrimonio, altrimenti sarebbe solo un diritto dell’individuo. In secondo luogo pensiamo ai problemi che possono sorgere in caso di persone sposate, che poi stringono un legame di convivenza: a chi va la titolarità della pensione di reversibilità? E lo stesso si può dire dell’eredità. Quando si tratta di questioni patrimoniali si entra in conflitto tra diverse forme di legame: un Dico pesa quanto un matrimonio? Secondo la logica di tutela che sottende il provvedimento potrebbe essere ingiusto rispondere negativamente, ma il tipo di assunzione di responsabilità è diverso».
Equiparazione tra coppie eterosessuali e omosessuali: un altro fronte aperto.
«La distinzione va fatta tra la famiglia come luogo che ha rilevanza sociale e altre forme di convivenza che non hanno rilevanza sociale. La prima non può che passare da un matrimonio: si fonda sull’alleanza con la società, ha responsabilità, diritti e doveri che investono tutto il tessuto circostante. La questione delle relazioni affettive tra persone dello stesso sesso rimanda, poi, all’identità della famiglia, che ha dentro di sé anche un compito generativo e di legame tra le generazioni che non corrisponde alla natura del rapporto omosessuale. Non c’è nessuna pretesa di normare scelte di vita privata, ma non si può neppure pretendere che queste scelte abbiano un’assimilazione all’identità della famiglia».
A difesa del provvedimento, viene addotto il motivo che altri Paesi europei hanno già legiferato in tal senso. Siamo davvero il fanalino di coda?
«I confronti europei sono utilizzati quasi sempre in maniera strumentale. Se volessimo veramente un confronto, allora chiederei innanzitutto che le nostre politiche fiscali fossero assimilate a quelle della maggior parte dei Paesi europei, che, per esempio, riconoscono i carichi familiari. Ma questo, che interesserebbe 20 milioni di famiglie, non entra nel dibattito. L’Europa va bene quando corrisponde ai nostri pensieri, è politicamente a noi simile, mentre viene trascurata quando non è in sintonia».
Francesco Rossi
AZIONE CATTOLICA ITALIANA. “Siamo all’indomani dell’approvazione, da parte del Consiglio del ministri, del disegno di legge sui Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi. Riteniamo si tratti di un provvedimento non prioritario nell’agenda politica nazionale. È tempo, piuttosto, che si proceda agli interventi legislativi di cui hanno realmente bisogno le famiglie italiane, ovvero politiche sociali, fiscali, del lavoro e della previdenza esplicitamente mirate alla loro promozione e tutela, messa pericolosamente in discussione dalle dinamiche che governano la nostra società”: è quanto scrive in una nota a firma della presidenza nazionale, l’Azione Cattolica Italiana all’indomani del varo dei “Dico”. “Pur riconoscendo l’impegno di chi ha operato per migliorare proposte precedenti – prosegue il documento – il testo inviato alle Camere suscita gravi preoccupazioni per le conseguenze che potranno prodursi sulla vita sociale, culturale e civile del nostro Paese. Tali conseguenze, oltre ad indebolire l’istituto del matrimonio, espongono le giovani generazioni al pericolo di una ambigua equiparazione tra forme di relazioni affettive radicalmente diverse…. Questo ci spinge a un lavoro ancora maggiore di approfondimento e formazione, per una testimonianza sempre più coerente della vita familiare nella sua “unicità irripetibile” (Benedetto XVI) e nel suo profondo valore antropologico… Su questi temi il nostro Paese non ha bisogno di scontri, ma di un dibattito pubblico serio ed aperto, sottratto a semplificazioni e irrigidimenti ideologici, in modo tale che tutti i cittadini siano messi in condizione di comprendere la reale posta in gioco, nell’orizzonte di un’autentica cultura del bene comune”. La nota della presidenza ACI annuncia che il prossimo convegno nazionale delle presidenze diocesane dell’associazione sarà sul tema: “Le responsabilità pubbliche dell’amore: matrimonio, famiglia, educazione” (Roma, 27-30 aprile 2007).
ACLI. “Un’urgenza tutta ideologica, ma lo spettro dei Pacs si allontana”: così il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero commenta il disegno di legge “sui diritti e i doveri delle persone stabilmente conviventi” elaborato dai ministri Bindi e Pollastrini. “La fretta con cui è stata chiesta e quasi pretesa questa legge – afferma Olivero – è parsa una forzatura ideologica. Nessuno ha saputo spiegare perché questa legge andava fatta entro febbraio, prima ancora si diceva entro gennaio, o entro dicembre. Tanto più che un testo legislativo non sembrava strettamente necessario. La maggioranza dei diritti richiesti era sostanzialmente esigibile sul piano del diritto privato”. Nel merito del provvedimento presentato dal governo, le Acli apprezzano lo sforzo compiuto dagli interlocutori politici e soprattutto i passi avanti fatti rispetto alle prime bozze circolate sui giornali nei giorni scorsi. In particolare, la modifica all’articolo 1 e l’estensione della legge ai legami parentali e di solidarietà, sembra – secondo le Acli – allontanare definitivamente lo spettro dei Pacs dal nostro Paese, rimuovendo così dal dibattito un elemento fortemente ideologico. “Se la famiglia è al centro dell’azione di governo – dice Olivero – pretendiamo che contemporaneamente ad un disegno di legge in materia di evoluzione dei diritti delle persone che convivono, ne venga presentato uno di evoluzione dei diritti giuridici della famiglia. Perché anche e soprattutto la famiglia ha bisogno di nuovi e migliori sostegni giuridici, che la promuovano oltre il campo delle esigenze economiche”. Le Acli chiedono due segnali concreti: l’introduzione del quoziente familiare nel regime fiscale; l’utilizzo dei soldi derivanti dalle maggiori entrate fiscali a sostegno delle politiche per la famiglia.
MCL. “Il Governo ha comunque voluto forzare la mano e varare un discusso e controverso provvedimento, gli hanno cambiato nome da Pacs a Dico, ma si tratta sempre di un surrogato della famiglia. Peraltro, non si comprende l’urgenza di varare un testo del genere, crediamo che l’Italia abbia ben altre emergenze; e anche le famiglie vere, quelle costituite come sta scritto nella Costituzione, abbiano ben altre necessità che invece passano regolarmente in secondo e terzo piano”: questo il pensiero di Carlo Costalli, presidente nazionale del Movimento cristiano lavoratori. “L’unica spiegazione che si può dare a tanta fretta è che ieri il governo ha dovuto pagare una pesante cambiale tutta politica per tacitare le spinte contrastanti e contraddittorie che ha al suo interno. Insomma, la cosiddetta e sempre più evanescente parte moderata della maggioranza, con l’ausilio dei cattolici adulti, ha usato la famiglia per tacitare e accontentare la sinistra radicale dopo le scelte in politica estera e dopo la decisione di allargare la base militare americana di Vicenza, e lo fa calpestando la Costituzione, offendendo i cattolici, e aprendo la strada a futuri provvedimenti per dare alle coppie omosessuali perfino l’adozione dei bambini”. “Noi siamo convinti che chi intende convivere dando vita a coppie etero e omosessuali è libero di farlo, e in questo non ha impedimenti né subisce alcuna discriminazione; ma questa scelta non può determinare alcuna realtà di tipo parafamiliare, e non può quindi giustificare l’attribuzione di diritti identici o assimilabili a quelli derivanti dall’unione coniugale fondata sul matrimonio”.
LAICI ORIONINI. “Ringraziamo il Santo Padre, Benedetto XVI per aver ribadito ancora una volta la centralità della famiglia fondata sul matrimonio e nello stesso tempo vogliamo esprimere la nostra più viva e profonda preoccupazione per il clima che si sta creando attorno alla vicenda pacs e dico”: è il commento dei Laici di Don Orione in merito alle polemiche sorte attorno alla proposta di legge sui Dico. “Lanciamo un appello – continua la nota – per bloccare il processo che porterà all’estinzione della famiglia. Vorremo che ci si impegnasse con altrettanto vigore nel difendere le famiglie italiane sempre più maltrattate, impoverite e messe all’angolo. Non possiamo permettere che l’interesse di pochi sovrasti ed annienti quello dei tanti”.
AGESC. “I Dico – si legge in una nota dell’Agesc – edulcorano la natura del provvedimento ed introducono un vulnus giuridico all’istituto della famiglia fondata sul matrimonio. Liberali, marxisti, radicali o cattolici, i Costituenti riconobbero in questo istituto il legame fondante e generativo della società. Ed allora diciamo no a Pacs, Dico o come vorranno chiamarli per renderli più accettabili, quasi fosse un problema di marketing. Cosa invece chiediamo? Si attui, finalmente, la Costituzione, realizzando politiche familiari concrete per sostenere la famiglia, baluardo della convivenza civile. Per questo chiediamo si introduca in Italia il quoziente familiare. Che, cioè, le tasse che gravano sui nuclei familiari siano commisurate al numero dei componenti. L’esperienza della Francia dimostra che solo politiche familiari serie possono iniziare ad invertire la rotta della disgregazione sociale. Anche per questo i Pacs e i Dico sono fuori luogo”.
RNS. “L’amore, quello vero, è sempre sinonimo di stabilità, di responsabilità e di sacrificio. Non se ne ravvisano le tracce in questo contraltare sociale che si vorrebbe far digerire agli italiani in nome della laicità e del progresso”: così si è espresso Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo, a proposito dei Dico, aggiungendo che essi sono “una barbarie morale, la legalizzazione dell’amore precario, a termine. Ma la famiglia non teme contraffazioni”.
AIART. “Il Grande Fratello e le fiction di Lino Banfi creano un humus favorevole ai Dico e sembrano una sorta di colonna sonora che accompagna l’acceso dibattito sulle coppie di fatto”: lo ha detto Luca Borgomeo, presidente nazionale dell’Aiart (Associazione telespettatori), aggiungendo che “non si può utilizzare la tv per influenzare l’opinione pubblica, magari facendo leva su un pubblico giovane, e instillando in esso la falsa convinzione che una coppia di fatto, addirittura omosessuale, sia uguale ad una famiglia”.
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