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Unioni civili: anche senza le adozioni non sarebbero accettabili
Per indebolire la resistenza nei confronti della proposta «Cirinnà» dicono che le unioni omosessuali sono una cosa diversa dal matrimonio. Infatti – sostengono – il loro fondamento andrebbe trovato nell’art. 2 della Costituzione, dove i diritti umani individuali sono garantiti anche nelle «formazioni sociali», mentre dei «diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» si occupa l’art. 29.
Ma non basta cambiare nome. La disciplina prevista per le «unioni civili» è identica al matrimonio, tanto che alle unioni omosex vengono estese tutte le norme del codice civile e delle leggi complementari che riguardano il matrimonio. Dunque è previsto il matrimonio di due persone dello stesso sesso e di questo dobbiamo discutere.
La Corte Costituzionale, anche quando ha considerato auspicabile un intervento legislativo sulle convivenze omosessuali, ha sempre richiesto una netta differenza rispetto al matrimonio. Basterebbe questa considerazione per giudicare incostituzionale la proposta Cirinnà.
L’art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, tante volte ripetuta nelle convenzioni internazionali e nelle costituzioni nazionali, afferma che «la famiglia è il nucleo fondamentale della società e dello Stato». Non è una formula del catechismo cattolico: è una laicissima espressione della ragione, dell’esperienza e dei sentimenti di tutti i popoli. Perché «fondamentale»? La risposta è evidente: perché la famiglia costituita da un uomo e da una donna garantisce attraverso i figli il futuro dello Stato, della società, della storia. Il matrimonio è una assunzione di responsabilità di fronte alla società e allo Stato che rafforza ciò che già è iscritto nella natura: una grande capacità di educare i figli e di farne buoni cittadini. Chiedo: si può forse dire che una convivenza omosessuale è «fondamentale» per la società e lo Stato?
No, non esiste un interesse pubblico per promuovere le coppie omosessuali. Esiste solo il dovere di garantire la loro libertà, ma non c’è un elemento che trascini dall’ambito dell’autonomia privata fino alla sfera pubblica la libera scelta delle persone. Il dato della «compagnia» non è sufficiente. Tutte le «compagnie» possono essere qualificate «formazioni sociali» inquadrabili nell’art. 2 della Costituzione. Di conseguenza quote di legittima nell’eredità e pensioni di reversibilità dovrebbero essere riferibili a qualsiasi compagnia, tanto più a quelle che – pur prive di ragioni sessuali – perseguono scopi altruistici.
Alla base c’è il figlio. Egli spiega il perché della famiglia e della sessualità. Viene in mente l’art. 3 della Convenzione universale sui diritti del bambino: in ogni decisione relativa ad adulti e minori bisogna dare prevalenza agli interessi dei minori. Si capisce, perciò, perché le critiche più condivise alla proposta Cirinnà riguardano la possibilità per le coppie omosessuali di adottare un bambino. Condivido totalmente questa posizione, ma temo che limitare a questo solo punto la critica sia uno strumento ingannatorio, quasi per farci credere che – eliminata la possibilità di adozione – il riconoscimento delle «unioni civili» divenga accettabile.
Non è così. Il rovesciamento del concetto di matrimonio e di famiglia è il male peggiore. I cattolici non dovrebbero temere di fondare sul primato dei figli e sulla fondamentalità della famiglia una loro rinnovata unità. Anzi, tale unità, in quanto fondata sulla ragione, dovrebbe essere avvertita come presagio e forza propulsiva di una unità più grande.
* Magistrato