Firenze

Un’agenda di speranza per il futuro di Firenze

C’è bisogno, oggi, di “una rinnovata presenza e un più puntuale e creativo protagonismo del laicato cattolico in questa particolare stagione della vita del nostro Paese, chiamato ad affrontare riforme di grande portata e fortemente bisognoso di un pensiero culturale e di una politica di ben diverso spessore”. È questo l’auspicio che l’Arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori ha espresso oggi presentando l’”Agenda di speranza per il futuro di Firenze”, il documento che la diocesi fiorentina ha stilato mettendo insieme i frutti di una serie di appuntamenti che si sono svolti nei mesi scorsi, come cammino di preparazione alla Settimana sociale dei cattolici italiani che si svolgerà in ottobre a Reggio Calabria. Un documento che declina quindi in chiave locale “L’Agenda per l’Italia” presdisposta per la prossima Settimana sociale e costituisce il contributo fiorentino alle giornate nazionali, ma che viene anche proposto alla città come seguito dei vari richiami lanciati dall’Arcivescovo nei mesi scorsi, per ridare slancio a Firenze e per stimolare un dibattito alto e qualificato sul futuro della città. I problemi e le sfide dell’Italia, ha affermato Betori, “esigono donne e uomini che vivano il proprio impegno sociale e politico con forte spessore morale, come vocazione al servizio del bene comune”. Serve, ha aggiunto, “una vera e propria classe dirigente, ossia persone capaci di una visione alta della politica e di indicare e perseguire obiettivi condivisi e condivisibili di medio e lungo periodo”. I cattolici, ha ricordato ancora l’Arcivescovo di Firenze, “tanto hanno dato e tanto hanno da dare a questo nostro Paese e a questa nostra città. È però necessario che osino ancora di più, elaborando proposte e assumendo impegni e responsabilità chiare e coerenti”. E il lavoro avviato dalla Diocesi di Firenze proseguirà, adesso, con un coinvolgimento ancora più ampio: l’Arcivescovo ha annunciato la creazione di un “laboratorio di formazione al bene comune” che, sulla base la Dottrina Sociale della Chiesa, possa favorire persorsi formativi e motivare giovani e adulti a “una cittadinanza attiva e a un rinnovato impegno in ambito sociale, politico e educativo”.Alla presentazione del testo, nella Sala Verde di Palazzo Incontri, ha partecipato anche il sociologo Luca Diotallevi, Vicepresidente del Comitato organizzatore delle Settimane Sociali, che ha sottolineato l’importanza del contributo che i cattolici possono dare allo sviluppo dell’Italia. Diotallevi ha fatto anche il bilancio del cammino preparatorio verso la Settimana sociale di Reggio Calabria, giunto ormai a conclusione: “Avevamo proposto un processo di discernimento che portasse a definire un’agenda di temi e di impegni per lo sviluppo del Paese, e sono molti gli enti e gli organismi che hanno partecipato. Questo successo non è merito del comitato di cui faccio parte, che ha solo offerto l’occasione di far partire questo processo, ma è merito del fatto che nel mondo cattolico ci sono soggetti vitali capaci di assumersi responsabilità per il bene comune: e non solo individualità, ma collettività in grado di elaborare idee”.Il compito di illustrare il documento fiorentino – 23 cartelle dattiloscritte – ai cattolici impegnati in ambito sociale e politico è spettato invece a don Giovanni Momigli, direttore dell’Ufficio diocesano di pastorale sociale. Il testo, ha spiegato, è frutto di un lavoro che ha coinvolto parrocchie, associazioni ecclesiali e esperti nei vari ambiti e che ha portato a individuare alcune questioni considerate essenziali anche a livello locale. Sei i capitoli dell’”Agenda per Firenze”: il bene comune, il pluralismo nello spazio pubblico, il nuovo welfare, il «terzo settore», l’immigrazione, gli spazi di incontro per i giovani (e non solo per loro). Alla base di tutto, l’importanza delle relazioni e la costruzione della comunità. Il bene comune, si dice tra l’altro, non va visto come un concetto generale ma come “l’alveo nel quale valutare, a tutti i livelli, ogni scelta legislativa e amministrativa”. Il documento ricorda anche che è riduttivo considerare pubblico solo ciò che è statale: va considerato pubblico «tutto quanto concorre al bene pubblico, ossia al bene comune che ha come centro e fine la persona, il bene di tutti e di ciascuno». Si ribadisce, poi, la centralità della persona e della famiglia nell’impostazione di nuove politiche sociali, e l’importanza del terzo settore che costituisce una risorsa preziosa a patto però che ogni realtà che opera in questo ambito “rifletta e ritrovi le radici della propria identità e le ispirazioni valoriali”. Sul fronte dell’immigrazione, si ricorda che molti problemi nascono “dal proliferare delle concentrazioni etniche”, che vanno quindi evitate. Riguardo ai giovani, infine, si ricorda che non vanno lasciati soli e che ogni città ha bisogno di “spazi e luoghi dedicati all’incontro e al dialogo fra le persone, le generazioni, le culture”.