Di Emanuela PietraroiaLa notte comincia presto per chi vive in strada. Sono appena le 21 quando con la Ronda ci prepariamo a uscire per le strade della città a cercare chi passerà la notte fuori. Si chiama «La Ronda», il servizio coordinato dalla Caritas diocesana e nato dopo la morte di Jonata Montauti e Marco Mignani, trovati uccisi nei giardini di via Curtatone. Sono passati appena due anni da quell’episodio. I volontari, mentre preparano i panini e il caffè, sanno già chi incontreranno quella sera. E d’altra parte anche i senzatetto conoscono i volontari della Caritas, si aspettano la loro visita e quando vengono incontro per salutare è come se aprissero la porta di casa.Davanti alla stazione non manca la «famiglia»: così i volontari chiamano un’intera famiglia, genitori con il figlio ultratrentenne che abitano sulla pensilina di un binario. O almeno lì dormono: il giorno non si sa dove vadano tutti. Alcuni raccontano di sé, dicono di essere in vacanza e che lunedì torneranno a lavorare. Sembra una storia possibile e verosimile, ma i volontari spiegano che molti senzatetto sono soliti raccontare storie false, immaginarie, alle quali forse si sono abituati a credere anche loro. «È sottile la linea tra una vita normale e la vita della strada» dice Alessandra, volontaria del servizio, mentre racconta la storia di alcuni senza fissa dimora. Bruno (i nomi citati sono di pura fantasia per motivi di riservatezza) era un falegname: una partita di legno andata male e arriva il fallimento. Quello che è successo dopo è la storia di oggi: un giorno dopo l’altro a conquistarsi un posto dove stare. In molti casi la vita ha mostrato il suo lato peggiore con queste persone, che dopo la caduta, si sono sedute ai margini e non si sono più rialzate. Giovanni lavorava per il Consiag, una delusione affettiva, l’alcol per non pensare e poi la strada. Le cause di una soluzione simile sono tante e tutte concomitanti, ma quando si incontra lo sguardo di uno di loro, o quando si sente forte la stretta della mano, viene da pensare che possa succedere a chiunque. Bruno è uno che parla bene, sembra una persona informata e consapevole della situazione che si svolge intorno a lui. Ma qui tutto è apparente e tutto in poco tempo può cambiare, per colpa di una bevuta di troppo o per una malattia mentale, che si manifesta solo in alcuni momenti.Maria, 46 anni, parla della sua vacanza a Viareggio con Cristiano, 25 anni. Le domando se hanno fatto nuove conoscenze. Mi risponde di sì: «Sì, ma tutte persone disagiate come noi». Questa consapevolezza che risponde a una domanda non fatta, ma forse scritta sul volto di chi è «normale», lascia senza parole.La Ronda gira un po’ per i luoghi consueti dove queste persone si mettono a dormire, ma la maggior parte di loro aspettano i volontari alla Stazione per scambiare due parole con quel caffè, che non sarà abbastanza dolce, a detta di loro, ma è un efficace sistema per avviare la conversazione. Luca vuole un cuscino. Salvatore una coperta, anzi due. Alcuni di loro, pochi, sono stati seguiti in un percorso di disintossicazione e poi avviati a un lavoro, ma ancora è la strada la loro casa. Quando arriva la sera, ognuno va a cercarsi un posto per dormire, molte volte lo stesso della sera prima. «Finché mi ci fanno stare», dicono, senza specificare chi.Nelle ultime notti di questa estate qualcosa è cambiato. Nessuno lo dice apertamente. Si respira un clima di paura velata, ma reale e opprimente. Qualcuno si apre un po’ di più e dice: «Con quello che è successo, come si può dormire tranquilli?» E per chi ha seguito la cronaca di questo agosto quelle parole significano «dopo la morte di Antonio Esposito», che, come possiamo immaginare, tutti loro conoscevano bene. La vita in strada ha degli strani meccanismi. Queste persone provate dalle esperienze negative, si trovano a condividere situazioni di emergenza e di paura e in questo clima nasce a volte una sorta di inattesa e sensibile solidarietà. Sono i barboni stessi a segnalare ai volontari altri che possono avere bisogno: «Lungo il viale, di là dal ponte dorme una donna» e un altro aggiunge: «A quella fermata della Lam trovate Lucia che prima stava in San Niccolò». Diversi di loro sono extracomunitari. Si assicurano che nel panino non ci sia maiale e dicono un grazie sincero come non sa fare nessuno dei nostri connazionali. La Ronda continua il giro, si va alle Poste dove, accanto a una padella vuota e a un cane addormentato, incontriamo tre uomini. Sono le dieci e già dormono. Uno di loro ha il foglio di via e dice sorridendo: «Sono annoverato tra le persone pericolose!» Non sembra. Ringrazia uno dei volontari per i libri di Stephen King che gli ha prestato. Anche loro hanno bisogno di una coperta.Stasera non ci sono i punkabestia. Loro, si sa, si muovono continuamente e non sono mai gli stessi. Invece stasera si avvicina a chiedere un bicchiere d’acqua un ragazzo cinese, che parla bene l’italiano. La notte in giro per le strade, sulle panchine, nei giardini, ci sono tanti occhi scomodi che aspettano che arrivi il giorno. Non si immagina quanti, o forse non ci si vuole pensare. Il giro è finito. Si torna a casa. Con una buona dose di inquietudine, ma si torna a casa dove c’è qualcuno che ci aspetta.