Toscana
Una scuola in crisi d’identità tra bullismo e mezze riforme
di Giuseppe Savagnone
L’anno scolastico che si conclude appare caratterizzato da due fatti: sotto il profilo giuridico, la progressiva liquidazione della riforma Moratti da parte del nuovo titolare della Pubblica Istruzione; sotto quello socio-culturale, l’improvvisa visibilità dei problemi specificamente educativi della scuola, in seguito alla interminabile sequela di episodi di violenza giunti alla ribalta mediatica.
Per quanto riguarda il primo fatto, fin dall’inizio del suo mandato il ministro Fioroni aveva fatto capire la sua avversione nei confronti dei progetti onnicomprensivi e la sua convinzione che il miglioramento della scuola debba essere affidato, piuttosto, alle «buone pratiche» già da tempo avviate da tanti docenti. In questa logica, i suoi interventi sono stati volti a sospendere o semplicemente eliminare la maggior parte delle novità peraltro in larga misura ancora inattuate, anche a causa dell’avversione dei sindacati e di molti professori introdotte dal governo precedente. In qualche caso come nel caso dell’abolizione delle verifiche a tappeto dell’Invalsi, sostituite da un procedimento mediante campioni è apparso evidente il desiderio del ministro di evitare tutto ciò che potesse suonare come controllo sull’operato del corpo docente.
A costituire un drammatico contrappunto a questa fiducia sono venuti, però, gli atti di bullismo, di violenza sessuale, di prevaricazione di ogni genere, che hanno evidenziato la paurosa carenza di autorevolezza e la demotivazione di molti insegnanti. Né, di fronte ad essi, il ministro è sembrato in grado di elaborare strategie alternative veramente efficaci. A meno di considerare tale il divieto di portare a scuola i telefonini (di cui i ragazzi si servono per filmare le loro tristi prodezze), che però può servire, al massimo, a rendere di nuovo invisibili questi episodi, non ad eliminarli. Oppure l’invito, rivolto ai docenti, ad insistere sui valori, che appare puramente velleitario, visto che la sua attuazione dovrebbe passare attraverso l’opera di insegnanti che spesso non sono all’altezza dei loro compiti. Quanto poi all’elaborazione di nuove indicazioni a livello nazionale per l’insegnamento delle discipline, affidata a gruppi di lavoro che dovrebbero presentarle in autunno, non sono le indicazioni che in certi casi fanno difetto, ma chi le sappia realizzare con intelligenza, senso di responsabilità educativa e autorevolezza.
E allora? Forse è il momento di rendersi conto, finalmente, che il vero problema della scuola è la crisi d’identità dei professori e di coloro che un tempo si chiamavano «presidi» e ora «dirigenti scolastici». Per quanto concerne i primi, il mito della professionalità, sbandierato dai sindacati negli ultimi decenni del secolo scorso come il superamento della retorica della «missione», si è rivelato funzionale solo a un livellamento pauroso, che ha finito per intruppare i docenti all’immenso esercito del personale scolastico, omologandoli ad altre categorie, degnissime, ma rispetto a cui l’insegnante ha ben diverse responsabilità culturali ed educative. La battaglia dei sindacati per difendere quella che essi chiamano «unità dei lavoratori della scuola» non tiene conto che anche in un ospedale sia i medici che i portantini sono lavoratori, ma ciò non ha mai impedito di distinguere le loro funzioni e i loro contratti di lavoro. Il risultato è stato uno scadimento pauroso della figura del docente, non solo e non tanto sul piano strettamente economico, quanto nel prestigio sociale e nella consistenza culturale. Se si vuole veramente che gli insegnanti tornino ad avere il ruolo educativo che la società chiede loro di svolgere, bisognerebbe seriamente pensare a riqualificane lo statuto giuridico complessivo.
Quanto ai dirigenti scolastici, essi ormai sono dichiaratamente dei manager, la cui principale occupazione è quella di reperire finanziamenti e di gestire l’immensa mole della burocrazia scolastica. Non c’è più chi, nelle scuole, si occupi dell’aspetto propriamente culturale ed educativo, seguendo da vicino professori e alunni sotto questo profilo fondamentale. Se non si riempie questo vuoto, magari affiancando al dirigente scolastico una figura che svolga le funzioni del vecchio preside, è inutile moltiplicare le cosiddette «funzioni strumentali» o altri simili accorgimenti.
Queste le principali date del calendario scolastico del prossimo anno, proposto dalla Regione e condiviso, in sede di concertazione, da istituzioni, associazioni dei genitori e delle scuole, sindacati, dirigenti scolastici.
Il calendario fissa anche le altre date importanti del prossimo anno scolastico. Le vacanze di Natale si svolgeranno nei giorni dal 24 dicembre al 6 gennaio 2008. Le vacanze di Pasqua saranno invece nei giorni dal 20 al 25 marzo 2008. Si confermano inoltre le feste del 1° novembre, 8 dicembre, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno e la festa del Patrono nei casi in cui cada all’interno dell’anno scolastico. Per la festa della Toscana (30 novembre) è prevista la sospensione dell’attività, ma è data facoltà alle singole scuole di derogare, in modo motivato, da questa disposizione.
Se l’organico dei docenti rimarrà tale, dicono i sindacati, si riformeranno liste d’attesa per la scuola dell’infanzia, non saranno accolte tutte le domande di tempo pieno e di tempo prolungato, non potranno essere avviati tutti gli indirizzi richiesti per le superiori, aumenterà il numero degli alunni per classe, l’integrazione dei ragazzi diversamente abili e l’inserimento degli alunni stranieri incontreranno maggiori difficoltà.
Le denunce continue delle organizzazioni sindacali. della Toscana hanno raggiunto un primo risultato: la Direzione regionale ha chiesto l’assegnazione di 500 docenti in più. Richiesta, ancora insufficiente rispetto alle necessità, ma che dimostra come l’amministrazione scolastica territoriale sia consapevole della grave situazione. Il ministero, a questo momento, non ha risposto.
Alla crisi degli organici si aggiunge una grave situazione finanziaria che dura da tempo: dal ministero debbono ancora arrivare alle scuole alcune decine di milioni di euro per il pagamento di attività come gli esami di maturità 2006, qualche istituto aspetterebbe ancora il pagamento per il 2004 e 2005, la terza area professionale, le supplenze brevi o di servizi come quello relativo alla Tarsu. In particolare, il problema delle supplenze è all’origine di pesanti interferenze sul funzionamento delle attività didattiche e amministrative.
Organico ridotto, mancano i finanziamenti. La situazione è gravissima. Invece di diventare centrale e fondamentale la scuola toscana rischia di dequalificarsi e di impoverirsi.
Alla ripresa dell’attività scolastica, le organizzazioni sindacali di categoria, Flc Cgil, CISL Scuola, Uil Scuola, Snals, Gilda e Anp promuoveranno iniziative di denuncia e di mobilitazione, coinvolgendo il personale, gli studenti, le famiglie, le associazioni professionali, i parlamentari e i rappresentanti degli enti locali.