Lettere in redazione
Una precisazione in tempi di «antipolitica a prescindere»
Egregio direttore, leggendo l’edizione del 2 maggio (Giunta regionale, le richieste del mondo cattolico) ho constatato l’involontario refuso che il suo autorevole (e, personalmente, assai stimato) settimanale ha inserito nell’articolo relativo alla mia elezione a presidente del Consiglio regionale della Toscana. Non è questione di pignoleria, ma, visti questi tempi di «antipolitica a prescindere», di correttezza nei confronti dei toscani, che il Consiglio che ho avuto l’onore di andare a presiedere costituzionalmente e statutariamente rappresenta.
Mi riferisco alla parte della mia biografia relativa all’esperienza parlamentare, non già durata dal 1967 al 1992, come da voi scritto, ma limitata alla legislatura 1987-1992 (a onor di cronaca: nel 1967, quale delegato giovanile provinciale della Dc di Siena, stavo sotto processo per un manifesto con cui avevamo eccepito riguardo al comportamento tenuto da un «barone» dell’Università di Siena in una dolorosa vicenda). Un’esperienza portata avanti certo con il massimo dell’impegno (almeno credo, come in tutte le cose che ho fatto), ma, nei fatti, subita e non voluta. Erano altri tempi, e per alcuni (come il sottoscritto), l’impegno politico era ancora legato alla passione e alla voglia di «testimonianza» del proprio bagaglio etico prima ancora che politico, culturale e professionale (lo credo ancora!). Chi mi è stato vicino in questi anni conosce la storia, e sa della mia resistenza verso quell’incarico, dovuta alla convinzione di una maggiore utilità (alla causa del cattolicesimo democratico concretizzato nella complessa esperienza partitica ed istituzionale della Dc) nell’ambito dell’impegno politico locale.
Certo che saprà dare la necessaria diffusione a questa precisazione («per la precisione», si diceva in una fortunata trasmissione televisiva di fine secolo scorso!), approfitto dello spazio per ribadire la sincera volontà di caratterizzare questa mia esperienza, conseguente alla fiducia attribuitami dall’intero Consiglio regionale, all’insegna della valorizzazione del ruolo e delle funzioni dell’assemblea e dei suoi organi, della sobrietà, ancor più necessaria dati i tempi che viviamo, della capacità di interrelazione (non solo formale) con la società toscana.
Sono infatti fermamente convinto che la vita delle istituzioni e della politica possa essere pienamente compatibile con sobri costumi, lavoro serio e massimo rispetto per le difficoltà e i problemi della società, società di cui queste devono essere giammai dimenticarsene massima espressione e per la quale devono dimostrarsi luogo di soluzione dei problemi. Questo il mio impegno, questa l’azione che sotto la mia presidenza il Consiglio regionale proverà ad esercitare. Garzie per l’ospitalità e sinceri auguri di buon lavoro.
Ci scusiamo con Alberto Monaci per un refuso che dobbiamo condividere con una grande agenzia di stampa. Ci dispiace averlo involontariamente «invecchiato» e soprattutto «incollato» alla poltrona parlamentare per il quintuplo del tempo in cui realmente ci si è seduto. Ci fa però piacere registrare i suoi apprezzamenti per il giornale e soprattutto approfittare dell’occasione per potergli augurare, a nostra volta, di svolgere nel miglior modo possibile l’alto compito istituzionale a cui è stato chiamato all’unanimità dai Consiglieri regionali e quindi dal popolo toscano a cui i problemi, come al resto d’Italia, davvero non mancano in una contingenza così negativa come quella che stiamo vivendo. Pensiamo soprattutto alle difficoltà occupazionali e di reddito in cui si trovano tante famiglie e tanti giovani, anche nella ricca Toscana.