Cultura & Società
Una nuova «questione» della lingua italiana
Da allora il movimento dell’italiano è stato, si può dire, ancora più rapido e complesso. Il processo di diffusione della lingua nazionale, scritta e parlata, presso parlanti e ceti in precedenza dialettofoni è andato talmente avanti che possiamo dire, statistiche alla mano, che solo da poco si è completato, seppur con grave ritardo rispetto agli altri paesi europei, quel cammino di unificazione linguistica, iniziato, almeno per quanto riguarda il parlato, in gran parte solo con l’Unità politica. Oggi l’italiano è la lingua di tutti gli italiani, anche di quelli che continuano ad usare ancora normalmente il dialetto in famiglia, con gli amici e sul luogo di lavoro. Si tratta, contrariamente alle previsioni pasoliniane, di una lingua molto eterogenea, una lingua nella quale la componente tecnico scientifica è importante, ma non è certo la sola: l’italiano dei giovani è diverso da quello dei vecchi, l’italiano di un lombardo è diverso da quello di un fiorentino, l’italiano di uno scienziato è diverso da quello di un romanziere. E la capacità di scrivere e parlare la lingua nazionale varia molto, come è ovvio, a seconda del livello culturale delle persone.
L’italiano si presenta oggi in Europa in duplice veste: come lingua di un’illustre tradizione letteraria e culturale, molto richiesta nelle scuole, nelle università, negli istituti di cultura di tutto il mondo (anche per la fortuna del «made in Italy», della cucina e del turismo italiano), ma anche come lingua «giovane», nella quale gli stessi italiani non credono a sufficienza. Ecco che allora la questione della lingua, che oggi si ripropone con grande forza, non è più questione solo nazionale, ma questione tipicamente internazionale e in particolare europea. Occorre infatti che la nostra lingua sappia svolgere, in un’Europa istituzionalmente plurilingue, il ruolo che le compete, occorre che sappia intrecciare strettamente la sua storia e il suo futuro a quelli delle altre lingue ufficiali europee che tutte insieme richiedono di essere tutelate e valorizzate.
Ci si è chiesti, in occasione dell’importante convegno su Firenze e la lingua italiana fra Nazione e Europa (organizzato a Firenze dall’Ateneo insieme all’Accademia della Crusca il 27 e 28 maggio), quale ruolo possa avere, in questo quadro, una città come Firenze che è stata per secoli capitale linguistica ideale di un’Italia politicamente, culturalmente e anche linguisticamente divisa.
I molti illustri studiosi presenti, insieme al rettore Marinelli, all’assessore alla cultura del comune di Firenze Siliani e al preside della facoltà di Lettere e filosofia Marrassini, si sono chiesti se Firenze, usando attivamente la sua storia e la presenza di un numero davvero elevato di enti «linguistici» (ora istituzionalmente uniti in un Centro di eccellenza dell’Ateneo, il Clieo, Centro di Linguistica storica e teorica: italiano, lingue europee, lingue orientali) possa offrire un contributo significativo al futuro linguistico dell’Italia e dell’Europa.