Cultura & Società
Una nuova biografia sul «Sindaco santo»
«Se non ci saranno contrattempi, la chiusura della fase diocesana della causa di beatificazione di Giorgio La Pira ha detto l’arcivescovo di Firenze durante la solenne concelebrazione in Santa Maria del Fiore il 5 novembre scorso potrà coincidere con la chiusura del centenario della nascita il prossimo 9 gennaio».
Sulle parole di Antonelli il «sigillo» di Giovanni Paolo II che ama pensare ora Giorgio La Pira, «conclusa la sua vicenda terrena, definitivamente immerso nella contemplazione del Volto di Dio, quale cittadino di quella Gerusalemme del Cielo che tante volte indicò come modello della città terrena».
A maggior ragione, a questo punto, suona intonato quel «sindaco santo» che dà il titolo al volume di Riccardo Bigi (Il sindaco santo. La vita, le opere, i segreti di Giorgio La Pira, pp. 154, euro 12,00) fresco di stampa per le Edizioni San Paolo.
Ad essere sinceri l’autore, che è giornalista di questo settimanale, definisce un po’ naif l’immagine del sindaco santo, «con il vestito stropicciato e il sorriso contagioso». Lui, che quando La Pira è morto, nel 1977, aveva appena 8 anni, preferisce confrontarsi con una «personalità sorprendente, gigantesca» che gli si è parata di fronte quasi per caso.
Chiamato a fare l’addetto stampa per le celebrazioni dell’anno centenario della nascita, Riccardo Bigi ha sentito il desiderio di raccontare Giorgio La Pira e lo ha fatto con semplicità, lasciando che fosse lui a parlare, attraverso i suoi scritti e le testimonianze di chi gli è stato vicino. Ne è venuta fuori una biografia agile, dal linguaggio scorrevole, con uno sguardo d’insieme che permette anche a chi non ha mai sentito parlare di La Pira di avvicinarsi a questo straordinario personaggio, a partire dal suo «strano» modo d’intendere la politica: «Ebbene signori consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia! Ma non avete il diritto di dirmi: signor sindaco, non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini). È il mio dovere fondamentale, questo: dovere che non ammette discriminazioni e che mi deriva prima che dalla mia posizione di capo della città e quindi capo dell’unica e solidale famiglia cittadina dalla mia coscienza di cristiano: c’è qui in gioco la sostanza stessa della grazia e dell’Evangelo! Io non sono fatto per la vita politica nel senso comune di questa parola: non amo le furbizie dei politici e i loro calcoli elettorali Un uomo così fatto non deve restare più oltre nella vita politica, che esige o almeno si crede che esiga altre dimensioni tattiche e furbe! Ma se volete che resti ancora sino al termine del nostro viaggio, allora voi non potete che accettarmi come sono: senza calcolo, col solo calcolo di cui parla l’Evangelo: fare il bene perché è bene. Alle conseguenze del bene fatto ci penserà Iddio».
È questo il La Pira che ci racconta Riccardo Bigi: un «sindaco santo» sempre in viaggio, «come la spoletta di un telaio, tra il convento di San Marco e il palazzo comunale; tra la vita contemplativa, che lo attrae e lo affascina, e l’impegno sociale e politico, a cui comunque si sente chiamato. E in questo suo andirivieni tra vita e preghiera La Pira tesse, sul telaio della storia, la sua trama di pace». Ma è una storia che parte da lontano, nel tempo e nello spazio, da quella Pozzallo estremo lembo della Sicilia all’inizio del secolo scorso. È lì che il giovane La Pira vive le inquietudini dell’adolescenza e «l’ubriacatura fascio-dannunziana» prima di innamorarsi di Cristo.
«Studente a Messina, La Pira racconta Bigi imparerà presto a pregare» e apprenderà «i segreti della contemplazione». Sorprendente quello che scrive, all’indomani della conversione nella Pasqua del 1924, a proposito della Messa: «Mi dà i capogiri: mi fa nascere il bisogno di uno zelo più arduo, di una memoria più presta, di una operazione più eroica».
Dalla Sicilia alla Toscana con la scoperta di Firenze attraverso le figure e le istituzioni che fino alla metà del secolo scorso continuarono a farla grande: don Bensi, don Facibeni, Elia dalla Costa, Bargellini, Adone Zoli, la Libreria editrice fiorentina . Persone e cose alle quali l’autore del Sindaco santo dedica i capitoli centrali suddivisi in brevi paragrafi che facilitano la lettura e l’identificazione dei fatti. È poi la volta dell’impegno politico, degli anni in Palazzo Vecchio, della Costituzione, ma anche dello sguardo al mondo da parte di una «mente illuminata dalla fede» che, come scrive il Papa nel messaggio rammentato, «fu capace di intuizioni premonitrici circa il cammino della Chiesa e del mondo, specialmente riguardo alla necessità della pace tra i popoli ed il superamento delle ideologie atee e materialiste».
All’impegno di La Pira per la pace, Bigi dedica i due capitoli precedenti a quello finale del «sabato senza tramonto». Ma l’ultima testimonianza del libro (che ne raccoglie numerose altre tra cui quella di Oscar Luigi Scalfaro) è affidata, tramite un’intervista, a suor Elisabetta Cipriani, monaca benedettina dell’abbazia di Rosano. «C’era in monastero racconta suor Elisabetta una monachina piccola, piccola, molto laboriosa e silenziosa che viveva unita a Dio. Sognò una notte che era morto un gran personaggio; si era alzato dal letto in cui giaceva, era andato verso di lei, le aveva stretto le mani e l’aveva ringraziata. Si seppe poi che nella notte era morto La Pira».