Opinioni & Commenti
Una «fionda» contro l’eclissi della verità
di Carlo Zaccaro
Non credo che sia mai accaduto nella storia del papato che decisioni, dichiarazioni, scelte, siano state prese affidandosi all’improvvisazione. Scelte ed atti della Sede Apostolica portano piuttosto le stigmate di plurime riflessioni risolte, infine, alla luce di una confidente preghiera.
Se poi pensiamo alla meticolosità di Papa Ratzinger, alla sua vita di appassionato studioso, ci pare sempre più evidente che richiamando alla cattolicità la memoria di Paolo VI, abbia voluto dare con profonda convinzione un segnale forte alla rotta di navigazione di quella barca di cui «forte della parola di Cristo, Pietro sta con fermezza al timone».
Perché dico questo? Perché il fatto della scelta di render omaggio a Paolo VI nella sua Brescia dà una forza singolare alle preoccupate ammonizioni che, sotto l’ombra di amabili espressioni, nascondono l’urgenza di un indilazionabile richiamo alla conversione.
Esplicito tre delle molte ammonizioni che si potrebbero enucleare dal testo dell’omelia:
1) Un invito ad una ferma e visibile resistenza, a fronte alta, contro l’invadenza dell’eclissi della verità.
Allo splendore della verità si sta sostituendo la prostituzione di un’opinione, lontana le mille miglia dal credere che nella versione greca dei Settanta traduce l’ebraico âman, diventato nella nostra liturgia l’amen. Credere è affidarsi a Dio che è roccia solida, stabile, fedele. Aprirsi a Dio vuol dire ricevere la sua grazia, la sua vita divina che è verità.
L’opinione, costruita con i falsi ma potenti e variegatissimi mezzi di comunicazione, fa maggioranza e detta legge. Dalla storia di Brescia e dall’antifascismo Montiniano parte il richiamo a non cedere alla tentazione di aiuti che possono essere elargiti da faraoniche industrie di guerra o farmaceutiche per carpire taciti silenzi, anziché severe condanne verso questa torbida e inquietante discendenza di Caino.
La fionda di Davide abbatte il gigante Golia. Non potrebbe essere recuperata nello spirito «la fionda», la pubblicazione fondata a Brescia dal giovane Giovan Battista Montini e dal suo più caro amico Andrea Trebeschi morto martire nel campo di concentramento di Gusen? Non potrebbe essere spezzato il compromesso con la rete mondiale di relazioni finanziarie che adorano il gigantesco «vitello d’oro»? Lo potremo certamente fare se amassimo di più Chi per noi da ricco si è fatto povero, e se capissimo esistenzialmente che qualunque cosa si faccia favore dei piccoli, lo abbiamo fatto a Lui.
2) Questa eclissi della verità, sostituita dalla deificazione dell’opinione maggioritaria fluttuante nel mare mosso dei singoli egoismi, è possibile perché finanziata dal denaro diventato la nuova idolatria. Questa contende il campo allo «Spiritus Veritatis», al primato dell’anima, a quel primato dello spirituale che Pio XI aveva voluto indicare al mondo istituendo la festa di Cristo Re (1925) sorgente di quel fiume di grazia che ha convertito il pensiero degli spiriti più eletti, sia in Italia che in Francia.
Vittore Branca, che ha conosciuto Montini quando era assistente nazionale della Fuci, in «Protagonisti del 900» (ed. Aragno) scriveva a pagina 201: «Montini si è impegnato a dare sempre ed a qualsiasi costo a costo delle più violente contestazioni, delle più acrimoniose impopolarità aperta e chiara testimonianza della verità».
Nel 1930, in un appunto intitolato «Spiritus Veritatis», ed inviato ai suoi fucini, Montini aveva scritto all’inizio: «Voglio che la mia vita sia una testimonianza alla verità per imitare Gesù Cristo come a me si conviene».
Nell’ultimo colloquio avuto con Paolo VI, Vittore Branca ebbe la netta percezione che il Papa vivesse drammaticamente il fatto che l’eclissi della verità nel mondo, anziché attenuarsi, sembrava farsi sempre più grave ed oscura: «Il Satana presente nel mondo di oggi gli confidò Paolo VI è il denaro ritenuto in sé e per sé il bene».
3) Amare la Chiesa. Fui presente all’omelia che il Sostituto della Segreteria di Stato monsignor Montini dettò ai partecipanti del primo congresso nazionale della Fuci (gennaio 1946). Il tema era «Amare la Chiesa» e si snodava come il leit motif di una sinfonia che non aveva termine. Se si ascoltano le parole del suo testo «pensiero alla morte», largamente citate da Papa Benedetto XVI, ci si rende facilmente conto che l’amore alla Chiesa aveva acceso di fuoco l’arco di tutta la sua esistenza. «Potrei dire che sempre l’ho amata e che per essa e non per altro mi pare di aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse»; e poi ancora: «è alla Chiesa a cui tutto debbo e che fu mia che dirò? Le benedizioni di Dio siano sopra di te abbi coscienza della tua natura e della tua missione, abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo».
Ma «Una Chiesa povera» aperta ad gentes, al rinnovamento, al dialogo, come è stata voluta, amata, «sposata» da Paolo VI, ha bisogno di figli che terribilmente soffrono quando la bellezza immacolata del suo volto mariano si corruga per ricorrenti tentativi, ad ogni svolta storica, di emarginarla, confinandola nei recinti delle private coscienze.
Ripartiamo dalla «Fionda» di Papa Montini, avvalorata ed onorata dal sacrificio di autentici apostoli, laici e sacerdoti, per amare la Chiesa, non quella che mi progetto io tra amici pur validi e solidali, ma la Chiesa che mi ha consegnato con il suo «Spiritus Veritatis» dall’alto della sua croce il Figlio di Dio e che per mezzo dei suoi apostoli debbo corresponsabilmente portare a compimento.