Opinioni & Commenti

Una festa della famiglia senza slogan né bandiere

di Alberto Migone

Il «Family Day» è ormai alle porte e credo sia atteso con entusiasmo, ma anche con un po’ di trepidazione perché si desidera che niente snaturi questo appuntamento e che soprattutto se ne colga – anche da chi è critico o perplesso – lo spirito che lo anima e lo scopo che si prefigge.

Si vuole, prima di tutto, far emergere – in un tempo in cui tutta l’attenzione sembra concentrarsi sulle varie forme di convivenza – una realtà spesso trascurata: sono le tante famiglie italiane, «fondate sull’unione stabile di un uomo e di una donna, aperta a un’ordinata generazione naturale».

Quelle che convergeranno a Roma in Piazza San Giovanni non sono «famiglie santino», che vivono in «zone protette», ma famiglie reali, che ogni giorno sperimentano la fatica, la difficoltà, forse anche il conflitto, ma, nonostante tutto, restano fedeli a quel sì perché ne colgono, anche quando il cammino è in salita, tutto il valore e la bellezza.

L’incontro del 12 maggio quindi non ha, né deve avere, alcuna connotazione di parte o confessionale perché la famiglia è «un bene umano fondamentale» che unisce – e le tante adesioni di «laici» lo dimostrano – persone di diversa appartenenza culturale, politica e religiosa che, insieme, chiedono che la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio (art. 29 della nostra Costituzione) sia «un compito primario per la politica e per i legislatori» e si concretizzi in «politiche audaci e impegnative» che la sostengano sul piano sociale e economico.

Ma la famiglia si sostiene anche sul piano culturale e valoriale salvandone la peculiarità e l’unicità. Nasce di qui la contrarietà ai Dico: non per avversione preconcetta a chi in varie forme convive e che anzi come persona va tutelata, ma perché «un riconoscimento pubblico porterebbe inevitabilmente a istituzionalizzare diversi e inaccettabili modelli di famiglia, in aperto contrasto con il dettato costituzionale» e «perché ogni legge ha anche una funzione pedagogica, crea costume e mentalità».

Questo lo spirito e il fine con cui il «Family Day» è stato voluto, pensato e proposto dalle associazioni del laicato cattolico. Altri scopi non ve ne sono.

Per questo dovrà essere una grande manifestazione serena, festosa e con tanti bambini, senza bandiere di partito né strumentalizzazioni politiche e soprattutto senza slogan che offendano o feriscano. Sarà questo un segno che distingue e qualifica. Lo diciamo con convinzione anche in un momento in cui come cattolici e come cittadini siamo addolorati e preoccupati per le tante offese al Papa e le minacce nei confronti del presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco.