Arezzo - Cortona - Sansepolcro

«Una collocazione che permetterà di esaltare la contemplazione del mistero della vita».

L’ accordo tra la diocesi e il comune di Monterchi circa la definitiva collocazione dell’immagine della Madonna del Parto ha suscitato sollievo e soddisfazione in tutti gli animi desiderosi che fosse finalmente risolta la lunga vicenda. La pazienza, la perseveranza e il senso della misura hanno avuto finalmente ragione sui particolarismi, le prese di posizione, i radicalismi, le incomprensioni.A commento e chiarimento di quanto accaduto è doveroso fare alcune opportune considerazioni. Sul piano metodologico è stato seguito un percorso, iniziato da otto anni, che prevedeva la ricerca di una soluzione onorevole della vicenda, concordata dai due soggetti interessati, e in ascolto anche delle varie aggregazioni di cittadini, interessati ad offrire un contributo attivo e rispondente alle diverse sensibilità della popolazione.Anche dal punto di vista del contenuto, l’accordo tra la diocesi e il comune risponde a pieno alle esigenze della comunità di Monterchi perché affida, come era in precedenza, all’amministrazione civica la gestione artistica, culturale e la fruizione pubblica dell’immagine sacra, comprese tutte le iniziative di promozione per la diffusione nel mondo del capolavoro pierfrancescano. Inoltre, il riconoscimento del carattere sacro dell’affresco e la considerazione della sua collocazione originaria in un luogo di culto, ha finalmente restituito la Madonna alla venerazione dei fedeli dai quali era stata privata da almeno dieci anni. E così la pienezza di significato dell’immagine che ha inspirato la ricerca degli esperti nell’individuare una collocazione idonea dell’opera e che è stata invocata più volte e con tanto fervore dalla gente comune viene definitivamente recuperata. Ora l’affresco potrà rispondere alla esigenza di una visione estetica della pura bellezza o al bisogno di una contemplazione silenziosa del mistero della vita, o di una preghiera raccolta davanti alla Madre di Dio. La chiesa di San Benedetto può davvero essere considerato il sito più idoneo per accogliere tutta la ricchezza e l’espressività della sacra immagine, in quanto contiene in sé il vissuto di una spiritualità che si è accumulata nei secoli che conserva ancora quell’afflato mistico di cui il visitatore sarà sicuramente contagiato quando si incontrerà, nello sguardo e nella fede, con il mistero «dell’attesa» del figlio di Dio. Occorreranno opportuni interventi di consolidamento e di restauro per rendere la chiesa idonea a favorire la centralità dell’immagine e a garantire la necessaria stabilità e sicurezza. A questa esigenza saprà sapientemente provvedere la Soprintendenza regionale ai beni culturali, alla cui approvazione è soggetta anche l’attuazione dell’accordo.La futura utilizzazione del monastero, attiguo alla chiesa, con la quale tuttavia non esiste alcun legame diretto tanto che alla chiesa stessa si accede soltanto dall’esterno, prevede il rispetto della sua natura e della sua storia. La presenza di generazioni di contemplative ha creato una sacralità tale in quegli ambienti che, ancora oggi, vi si respira un’intensa spiritualità che si irradia anche nell’intero territorio. Il monastero sarà destinato ad attività di accoglienza e messo a disposizione delle istituzioni pubbliche per varie iniziative culturali. Il restauro manterrà la sua caratterizzazione originaria; gli interventi saranno finalizzati a valorizzare quel «genius loci» che nei secoli ha dato un’impronta peculiare all’intero complesso. Si chiude così, dopo dodici anni, una vicenda che ha coinvolto il mondo della cultura, ha appassionato critici d’arte; ha creato, a livello locale, anche incomprensioni, tensioni, sospetti, pregiudizi che per fortuna hanno riguardato una parte marginale della popolazione. Ora le intelligenze e i cuori di tutti dovrebbero collaborare per costruire una nuova fase nella storia dell’opera di Piero della Francesca. La sua definitiva sistemazione nella chiesa di San Benedetto avverrà nella gioia e nella gratitudine dell’intera comunità locale. di Mons. Giovacchino Dallara vicario generale