Livorno

Una città ideale?

«Quella del Prefetto – esordisce la dottoressa Costantino – è un carica particolare: è l’anello di congiunzione tra lo Stato e le Autonomie locali. Fare il Prefetto è un incarico molto impegnativo sotto tanti aspetti e per questo sto cercando di svolgere questo mio compito con il massimo della dedizione. Fare il Prefetto significa avere capacità di capire il territorio e esserne a servizio: è questo che voglio fare».

I livornesi hanno un rapporto strano con le Istituzioni locali: tendono ad incolparle di ciò che non va e chiedono loro, attraverso i loro rappresentanti, di risolvere i problemi cittadini, anche quando non è specifica competenza delle istituzioni. Cosa ne pensa di questo atteggiamento?«Io ritengo che questo non sia un atteggiamento del tutto negativo. È importante che i cittadini ricorrano alle istituzioni, è sintomo di fiducia, l’importante è che lo facciano in modo corretto e costruttivo». Forse in questi pochi mesi si è già resa conto che i livornesi sono un popolo particolare… che si lamenta della crisi, ma poi magari non rinuncia al superfluo…«Non direi che questa analisi sia perfettamente aderente alla realtà. Non credo che i livornesi non si rendano conto dei problemi, vissuti nelle famiglie, nel lavoro, anzi ho constatato con quanta sofferenza vivano la crisi occupazionale…certo, hanno questa libertà innata nel loro dna, questa voglia di distrarsi, ma penso che in qualche modo essa li aiuti anche a far fronte alle difficoltà» I giovani sono un altro grande punto di domanda in questa città dove la crisi è forte e le possibilità di trovare lavoro davvero poche per le nuove generazioni: lei ha due figli, cosa consiglierebbe?«Nella mia vita ho fatto scelte abbastanza decise e a volte contro corrente: avevo questa passione del diritto, il “pallino” di far rispettare le regole, e a questo ho indirizzato i miei studi e la professione. Ai miei figli ho consigliato di seguire le loro aspirazioni, anche se avrebbero dovuto affrontare difficoltà: la famiglia è importante, ma è importante anche la vita fuori della famiglia. Spronare a farli uscire da certi ambiti per costruirsi il proprio avvenire secondo me non può far loro che bene». Lei è credente? Come unisce la sua professione con la fede?«Considero la fede come una grande “spinta interiore”, accompagnata da “spinte esteriori” che si materializzano con le pratiche della religione. La fede mi è stata trasmessa da mia nonna. Era lei che ci portava a Messa, che ci ha tramandato l’amore per le feste religiose. Nel tempo tante abitudini di quando ero bambina le ho perse, ma ho sempre avuto questo sentimento interiore, questa ricerca di una dimensione spirituale.Con la Chiesa condivido il sostegno ai diritti civili di ogni uomo, la lotta perché tutti abbiamo le stesse possibilità, possano vivere una vita degna: questo coincide fortemente con i miei valori e con il mio ruolo di Prefetto». Attraverso il Progetto culturale nazionale e diocesano si fa riferimento spesso alla creazione di una “città ideale”, lei cosa ne pensa?«Credo che una città ideale possa essere quella dove si avverta fortemente il senso di equità, dove cioè la popolazione si impegni al massimo perché tutti possano avere le stesse occasioni. Una città dove si possa vivere quell’uguaglianza tra gli uomini descritta nella nostra Costituzione, una città dove si avvertano meno possibile le contraddizioni del mondo in cui viviamo». Come vede il suo futuro dopo l’esperienza livornese? Cosa le piacerebbe lasciare di lei a questa città?«Penso che finirò la mia esperienza lavorativa e tornerò a casa, a Roma; anche se sono nata a Reggio Calabria, il mio mondo è a Roma.Mi piacerebbe lasciare un buon ricordo, l’impronta di qualcuno che ha saputo occuparsi e preoccuparsi di questa città, in particolare mi piacerebbe che si ricordasse questa mia presenza come quella di una autorità attenta alle persone e alla loro sicurezza. Per realizzare questo mio sogno vorrei lavorare con i più giovani, nelle scuole, cercando, attraverso la formazione di instillare nei giovani il senso della legalità, del rispetto, per gli altri e per il loro paese. A questo proposito stiamo proprio lavorando per un’intesa con le Forze dell’Ordine e tutte le Istituzioni perché la formazione alla legalità diventi strutturale nei percorsi scolastici».