Vita Chiesa
Un Sinodo per le cose concrete
Conclusa la visita pastorale, inizia la preparazione del Sinodo. Non ha perso tempo il vescovo Mario Meini: dopo aver visitato tutte le parrocchie della sua diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello, vuole ora dare concretezza ai risultati dell’incontro con il clero e i fedeli. Al diretto interessato, che ci accoglie con la consueta disponibilità nel suo studio di Orbetello, chiediamo innanzitutto com’è nata l’idea del Sinodo?
«Al termine della visita pastorale, mi sono chiesto cosa fare risponde Meini . A quel punto ho riletto l’istruzione sui Sinodi inviata dalla Santa Sede nel 1997 e proprio nella presentazione c’è un richiamo in cui si esortano i vescovi ad avere il coraggio di affrontare, secondo le norme canoniche, veri e propri Sinodi anziché assemblee o convegni molto assimilabili ma senza la forza giuridica del Sinodo. Questa affermazione mi ha colpito: ho approfondito l’argomento e mi sono detto che bisogna avere il coraggio di fare il Sinodo».
Nel valutare l’idea, quali sono state le considerazioni che più di altre lo hanno spinto all’indizione del Sinodo?
«Sono state considerazioni sul fatto che la nostra diocesi ha avuto finora un carattere di grande instabilità: dal 1963 in poi ha avuto amministratori diocesani e vescovi di passaggio. Alcuni sacerdoti mi hanno detto di aver conosciuto 12 vescovi ed ognuno aveva il suo modo di vedere le cose. In questo senso, l’esperienza sinodale mi sembrava il modo migliore per coinvolgere i sacerdoti e i laici in decisioni comuni».
Qual è lo «stato di salute» della sua diocesi?
«La situazione della diocesi è abbastanza buona. Sono contento del clero e mi è sembrato di vedere tra i laici molte persone disponibili. La diocesi è serena, c’è voglia di dialogare. Forse manca un po’ d’entusiasmo. In parte comprensibile perché la nostra è una diocesi molto estesa, fatta di parrocchie piccole e distanti tra di loro. Anche il ritrovarsi insieme è a volte faticoso a causa delle distanze. Ci sono parrocchie piccole dove la percentuale di chi va alla Messa raggiunge il 60% ma la chiesa non si riempie. Di contro ci sono parrocchie grandi dove la frequenza si ferma al 6-7% ma la chiesa sembra piena. Ecco, l’essere o il sembrare di essere in pochi a volte può scoraggiare».
Dal Sinodo, dunque, si aspetta un’iniezione di entusiasmo?
«Non solo. Mi aspetto soprattutto un senso di stabilità, di fiducia in se stessi, di fiducia nella nostra Chiesa locale. Spero si prenda coscienza di essere una Chiesa alla quale non manca nulla per poter esprimere bene se stessa e per obbedire allo Spirito. Per cui anche il darci delle indicazioni, delle norme, l’intraprendere una certa disciplina pastorale ci deve servire a prendere coscienza di essere Chiesa».
Le tappe?
«Al momento è stata insediata la Commissione preparatoria composta dal Consiglio pastorale diocesano (12 persone) più alcuni sacerdoti. Contiamo tra l’estate e l’autunno di creare una serie di commissioni per quanti sono i temi che intendiamo approfondire. Pensiamo anche ad una fase di presinodo zonale, ma il tutto in una forma molto snella».
Il tema?