Pisa

Un seme di pace nel solco tracciato da santa Bona

I bambini, si sa, imitano gli adulti. E cosa fanno gli adulti a Jenin, in Cisgiordania, una città che è un gigantesco campo profughi, dove i terroristi vanno a reclutare nuovi adepti e dove gli israeliani, nel 2002, hanno commesso una strage condannata anche dall’Onu? Gli adulti, a Jenin, fanno la guerra. Così anche i bambini imparano presto a tirare sassi e a sparare col fucile. Ma quello con cui giocava Ahmad, un bambino di 12 anni, era solo un fucile giocattolo. Un soldato israeliano non se ne è accorto, e il 6 novembre del 2005 gli ha sparato, con un fucile vero. E Ahmed è morto. «Per un tragico errore», è stato detto con involontaria e macabra ironia; come se fosse possibile morire per «errore» in una terra dove gli uomini si fanno la guerra da ormai sessant’anni. Ma la storia di Ahmed ha un finale diverso da quello delle centinaia di bambini morti, da una parte e dall’altra, nella guerra tra israeliani e palestinesi. I suoi genitori, Ismail e Ablah Khatib, hanno infatti deciso di donare gli organi del figlio. Non sapevano chi li avrebbe ricevuti, perché nessuno può decidere a chi donare gli organi, ma sapevano che con ogni probabilità quel loro gesto avrebbe salvato la vita anche di un israeliano, di un nemico. Così è stato.Quel loro gesto ha commosso il mondo intero, e la Compagnia di Santa Bona li ha scelti per assegnare loro il premio annuale. La cerimonia di consegna del premio – che consiste in una somma di 3.000 euro – si è svolta in municipio, nella sala delle Baleari. Ma i genitori di Ahmed non erano presenti: difficile non solo vivere, ma anche uscire dalla Cisgiordania. Al loro posto ha ritirato il premio Massimo Bacchereti, nominato da poco presidente della «San Miniato Foundation», una sorta di «banca etica» costituita dalla Fondazione CR San Miniato, dalla Cassa di Risparmio di San Miniato e dalla Regione Toscana che – ha spiegato Bacchereti – «concede finanziamenti sulla parola, a tasso zero, per aiutare piccoli imprenditori, artigiani e agricoltori sia israeliani sia palestinesi, che intendono potenziare le loro attività o svilupparne di nuove. Si tratta di piccoli progetti che però servono a superare la grave crisi economica che affligge la Terra Santa e che ha, tra le tante conseguenze, l’esodo delle vecchie comunità cristiane, che un tempo erano maggioritarie in città come Betlemme e Nazareth».Alla cerimonia ha presenziato anche Riccardo Nencini, presidente del consiglio regionale toscano. Riprendendo le parole di don Enrico Giovacchini, rettore della Compagnia di Santa Bona – che aveva rimarcato l’importanza delle sinergie e degli incontri tra mondo religioso e mondo laico – ha sottolineato come «la convergenza tra istanze religiose e laiche non sia un fatto atipico per la Toscana, dove nella piazza principale di tante città il palazzo civico e la chiesa, affiancati, stanno quasi a simboleggiare un’unione di intenti». Andrea Pieroni, presidente della provincia, si è invece soffermato sull’importanza che può avere l’esempio di Santa Bona in una provincia e in una città particolarmente vocate al turismo, per fare in modo «che la nostra accoglienza non sia misurabile solo in termini commerciali e consumistici, ma sappia offrire ai visitatori anche valori diversi e più profondi».E l’arcivescovo Alessandro Plotti, consegnando il premio, si è soffermato sulla necessità «di sconfiggere questa conflittualità che ci fa essere intolleranti gli uni con gli altri»; e ha espresso la speranza che Santa Bona, assieme all’altro santo pisano, San Ranieri, «sia d’ispirazione per tutti, perché la nostra città ne ha bisogno».Dopo la cerimonia in municipio c’è stata una celebrazione eucaristica in San Martino presieduta da monsignor Riccardo Fontana, arcivescovo di Spoleto e Norcia e concelebrata dall’arcivescovo Alessandro Plotti, da Vasco Giuseppe Bertelli, vescovo emerito di Volterra, dai canonici del Duomo e da altri sacerdoti. Tra i fedeli una rappresentanza dei cavalieri e delle dame dell’ordine del Santo Sepolcro e dei cavalieri dell’ordine dei Cavalieri di Malta. Nell’omelia monsignor Riccardo Fontana ha portato Santa Bona ad esempio di come si possa e si debba «riprendere l’abitudine a pensare, in un’epoca in cui l’omologazione generale spinge tutti a pensare allo stesso modo». Alla fine della celebrazione eucaristica monsignor Plotti ha ufficialmente dichiarato aperte le celebrazioni per l’800° anniversario della morte della santa.