Toscana

Un protocollo contro le infiltrazioni mafiose, perché «anche la Toscana è a rischio»

Grazie al rinnovo di un importante protocollo di settore, firmato oggi a Palazzo Medici Riccardi tra la Prefettura di Firenze, i Comuni della Città Metropolitana fiorentina e le Unioni dei Comuni del Mugello, del Chianti Fiorentino, del Valdarno e Valdisieve e del Circondario Empolese Valdelsa, è implementato il livello dei controlli. 

Il prefetto Laura Lega, in apertura dell’evento, ha spiegato le finalità del protocollo e le rilevanti novità che consentiranno il rafforzamento delle attività di prevenzione e contrasto del fenomeno infiltrativo. L’intesa conferma i contenuti stipulati nel 2015, con alcune importanti novità. Per rendere ancora più efficace il contrasto ai tentativi di infiltrazione dei sodalizi criminali in alcuni settori strategici dell’economia legale, le azioni di controllo sono state estese anche al campo dell’edilizia, dell’urbanistica e delle attività economico-commerciali.

In Toscana il rischio «di infiltrazioni mafiose si misura in termini di probabilità», per questo «è necessario sensibilizzare» sul tema. «Brescello è distante da Firenze 194 chilometri, Palermo da Catania 210, e a Brescello sappiamo cos’è successo: un’infiltrazione rilevante della ‘ndrangheta che è riuscita perfino a disarticolare gli equilibri di compagini di amministrazione locale, approfittando della disattenzione». Lo sottolinea il generale Giuseppe Governale, direttore della Direzione Investigativa Antimafia. Proprio stamattina, continua a proposito della sentenza pronunciata nei confronti di Antonello Montante, «si legge sulla stampa della ‘mafia trasparenté. La mafia oggi è trasparente, com’era prima, negli anni ’60-70, quando si diceva che la mafia non esisteva. Lo si diceva a Palermo, perché era trasparente». Certo, prosegue il capo della Dia, «non si presenterà mai con la lupara e la coppola. Ora lo fa con professionisti che hanno abiti firmati da 2.000 euro, belle scarpe e con un bel pò di soldi. Così le aziende che sono in difficoltà subiscono a volte questo fascino, anche ingenuamente, perché il denaro non profuma».

«Le mafie in Toscana non ricorrono a manifestazioni eclatanti: omicidi, attentati oggi non fanno parte della loro strategia», che invece «si realizza con l’acquisizione di settori economici sempre più importanti. Quindi ben vengano i controlli anche degli esercizi pubblici. Sotto questo profilo il protocollo può dare degli ottimi risultati». Lo sottolinea il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo. Dalle indagini, aggiunge il procuratore, emerge «che forze camorristiche, della ‘ndrangheta e di Cosa nostra siano ben presenti in Toscana, ma anche come alcuni imprenditori, assolutamente alieni all’ambiente mafioso, si siano lasciati tentare dal fare affari con loro». Altre inchieste, prosegue, «hanno dimostrato come i subappalti fossero spesso ad appannaggio dei Casalesi», oppure «come le imprese mafiose fossero presenti nel settore dello smaltimento dei rifiuti», nelle vesti di «subappaltatori o trasportatori».

«Se vogliamo diminuire i rischi delle infiltrazioni» mafiose, «dobbiamo avere una legislazione semplice, con meno burocrazia. Abbiamo troppe leggi, atti complessi e una burocrazia pesante che il cittadino non capisce», ed «è lì che si può annidare un caso di corruzione o di concussione». Perché «senza controllo e trasparenza, magari il funzionario che vuol fare qualcosa di brutto ha più facilità nel districarsi in una burocrazia che nessuno capisce». Lo sottolinea il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Inoltre «leggi conflittuali e atti amministrativi complessi spesso inducono anche un funzionario a fare errori senza saperlo. Quindi ci vuole più trasparenza, più semplificazione, meno burocrazia», ma anche «più collaborazione con le autorità giudiziarie e le forze dell’ordine».

La criminalità organizzata, aggiunge, «non deve attecchire nel nostro territorio, per questo è fondamentale tenere gli occhi apertissimi e fare prevenzione». In questo senso «noi tutti gli anni abbiamo l’obbligo di predisporre un piano anticorruzione». Le amministrazioni, quindi, «devono lavorare sul turnover dei capi degli uffici, sulla trasparenza degli atti e guardare con grande attenzione a tutte le procedure di evidenza pubblica, agli appalti». Si devono «aprire al controllo dei cittadini e fornire informazioni alle autorità che ce le chiedono, anche le più dettagliate e particolari, segnalando quelle situazioni che possono destare qualsivoglia sospetto».

In generale, conclude, «io dico sempre che noi viviamo in un’illusione», perché a Firenze come in Toscana «crediamo in qualche modo di essere immuni alle infiltrazioni mafiose, che qui non abbiano casa. Invece il distretto è il primo in Italia, dopo le tre regioni a presenza storica, cioè Campania, Calabria e Sicilia, per numero di denunciati o arrestati con l’aggravante mafiosa».