Livorno

“Un piccolo d’uomo è un uomo piccolo”

«La genetica moderna si riassume in questo credo elementare: all’inizio è dato un messaggio, questo messaggio è nella vita, questo messaggio è la vita. Vera e propria perifrasi dell’inizio di un vecchio libro che ben conoscete, tale credo è quello del genetista più materialista possibile…».Così si esprimeva Jérôme Lejeune nei confronti della vita, e da questo discorso si può comprendere la sua persona. Il medico genetista da una parte, e l’uomo di fede dall’altra. Ha difeso la vita, soprattutto i più “deboli”, animato sempre dalla convinzione delle parole di Gesù, «tutto quello che avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo avete fatto a me». Infatti, è con questo spirito che nel 1959, dopo anni di ricerca per curare la sindrome di Down, ne identifica  la causa nella presenza di un cromosoma in più nella coppia ventuno, ovvero la “trisomia 21”. Lejeune,  insomma, è stato un esempio di come la scienza debba essere a disposizione del bene delle persone e non il contrario, come invece hanno fatto suoi diversi colleghi, sfruttando le sue scoperte per fini eugenetici. La Diocesi ha voluto ricordare la figura di questo medico, all’interno degli incontri dedicati al Febbraio per la Vita. Tra i vari ospiti c’era anche l’on. Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita.Il convegno si è tenuto nella Sala della Provincia, di fronte a un discreto pubblico.Prima dell’inizio dei lavori, è stato proiettato il video “Checco, il veloprotto lento”, realizzato da Alessandra Battaglini e Gianluca Neri, in cui tramite la favola si cerca di spiegare ai bambini (ma anche adulti) il valore della diversità. Dopo di che sono iniziati i vari interventi, moderati dal dottor Andrea Rossi, presidente del SAIS di Livorno. Il primo a parlare è stato il dott. Daniele Tornar, presidente dell’Associazione Italiana Persone Down di Livorno, il quale ha sottolineato come lo scopo principale di Lejeune fosse curare la malattia, non sopprimerla e che «occorre difendere la vita da coloro che la minacciano», come, ad esempio, l’ipotesi di una legge danese che favorisca la diagnosi prenatale e l’eventuale aborto, in caso di feto affetto da sindrome Down. La prof.ssa Lucia Gelli Pratesi, insegnante e biologa, ha illustrato brevemente la vita di Lejeune, evidenziando l’importanza del medico francese per la citogenetica e di come egli fosse convinto di poter curare l’embrione malato tramite l’amniocentesi. Il dottor Luca Mastrosimone, presidente dell’Associazione Cattolica Operatori Sanitari di Livorno, ha parlato, invece, dei pericoli dell’eugenetica e di chi la promuove in difesa della qualità della vita. Mastrosimone ha messo in evidenza anche la questione dell’obiezione di coscienza da parte dei medici, di fronte a proposte contrarie ai loro principi, «visto che è un diritto e che esiste anche nei casi della vivisezione degli animali, perché criticare chi lo esercita nei confronti delle persone umane?». Infine, è intervenuto l’on. Carlo Casini, il quale ha ricordato che il motto di Lejeune (cha ha conosciuto di persona) era lo stesso che aveva difeso i neri americani contro il razzismo: “A man is a man”, e che il genetista tendeva a tradurlo in “un piccolo d’uomo, è un uomo piccolo”, portando avanti la sua battaglia in difesa della vita sin dal concepimento e dei “suoi ragazzi”, i down, che amava profondamente. L’onorevole ha continuato il suo discorso parlando del dramma dell’aborto, definendolo, con le parole di Madre Teresa di Calcutta, «il principio che mette in crisi la pace». Infine, ha presentato l’iniziativa “Uno di Noi”, promossa dal Mpv. Si tratta della raccolta di almeno un milione di firme in diversi paesi europei, affinché possa essere discussa a Bruxelles la loro proposta, ovvero che l’Ue interrompa i finanziamenti per la sperimentazione degli embrioni umani e di altre attività che distruggono la vita. A concludere i lavori è stato monsignor Simone Giusti, il quale riferendosi al periodo elettorale (ma anche più in generale), ha ribadito più volte che «l’origine della crisi che stiamo vivendo risiede nella decadenza culturale, e che in Occidente c’è il rischio di un nuovo crollo a causa dei barbari, con la differenza, però, che stavolta l’imbarbarimento venga da dentro. Abbiamo dimenticato che cos’è l’uomo». Il Vescovo ha terminato dicendo che non è questione di schieramenti politici, ma di valori e «uccidere un bambino è un assassinio».