È stato inaugurato giovedì 13 luglio il nuovo «Antiquarium paleontologico» ed ha trovato la sua naturale collocazione nella ex scuola elementare di Farneta: occupa i quattro locali del piano superiore, mentre il piano terra è diventato sede della locale filarmonica. L’uno e l’altra sono due «creature» di don Sante Felici, abate-parroco di Farneta per oltre sessant’anni, scomparso il 27 ottobre 2000.Molteplici sono le benemerenze di questo sacerdote che ha dedicato la sua vita alla comunità parrocchiale, «riscoprendo» e restaurando l’antica abbazia con la vetusta cripta tricora risalente al secolo nono e riportata alla luce pietra dopo pietra. Si autodefiniva «cultore dilettante» di archeologia, paleontologia, storia e folklore della Valdichiana. E di tutti questi suoi hobby ha lasciato interessanti testimonianza nei suoi numerosi scritti, particolarmente importanti «L’Abbazia di Farneta in Valdichiana», «Sapienza popolare in Val di Chiana» e «Vocabolario cortonese».Ma di indiscusso interesse è il suo «Museo fatto in casa», una raccolta eterogenea e simpaticamente disordinata, di reperti archeologici e paleontologici del luogo che evidenziano le caratteristiche fossilifere delle colline del Chiucio e della Valdichiana, ricche di elefanti e di altra fauna geologica, vissuta tra l’era terziaria e l’era quaternaria. E’ proprio questa raccolta che ha trovato una sua opportuna collocazione in quello che fino a pochi anni fa era stato la sede della scuola elementare di Farneta.L’amministrazione comunale ha promosso la realizzazione del museo, che rappresenta un importante tassello nella valorizzazione del parco archeologico; la direzione scientifica è stata affidata al Museo Paleontologico di Firenze, nel quale è custodita Linda, l’elefantessa gigante (altezza oltre quattro metri) che, in epoca preistorica, scorrazzava in Valdichiana in amabile compagnia di Paride, Gianni, Simone, Puccio e Renata. Erano presenti alla cerimonia inaugurale il sindaco di Cortona Andrea Vignini, l’assessore ai beni culturali Walter Checcarelli e Moreno Bianchi, presidente dell’associazione «Amici del Museo fatto in casa di don Sante Felici».Che cosa troviamo oggi nel Museo di Farneta, finalmente ben sistemato e riordinato? Citiamo solo i reperti più significativi. Del periodo etrusco vediamo tre urne cinerarie in travertino; del periodo romano gli altorilievi in marmo forse appartenenti a sarcofagi con figure varie, testin e putti; del periodo romanico il capitellino in marmo, i capitelli di bifore in travertino, un bel capitello in marmo scavato (acquasantiera?), acquasantiera in pietra arenaria del ‘300, monete e medaglie di varie epoche.Di notevole importanza storico-iconografica è il «Crocifisso di Farneta», una matrice in pietra dura per conio o per orafo, dell’ottavo secolo, di fattura longobarda. Potremmo continuare a lungo nella enumerazione degli oggetti di varia provenienza e di varie epoche, di cui è ricca l’abbazia, che nell’alto medioevo visse secoli di grande splendore.Ma le curiosità che maggiormente colpiranno l’attenzione del visitatore sono date dai reperti fossili: dai resti di giganteschi elefanti, del peso stimato di 180 quintali, al «Leptobos», un ruminante del villafranchiano superiore; dal rinoceronte «Stephanoroinus» dello stesso periodo all’«Hippopotamus« e all’«Equus tenonis» del pleistocene inferiore, senza contare le innumerevoli conchiglie fossili del pliocene raccolte nei terreni circostanti (durante la costruzione dell’Autostrada del Sole) e nel Chianti.