Opinioni & Commenti

Un laicato cristiano che riporti in quota il pensiero

di Paolo Bustaffa

Avere simpatia per il tempo in cui si vive, resistere alle mode dell’effimero e della vanità, farsi carico degli altri: tre caratteristiche che disegnano, con altre, il volto del laico cristiano. Nel proporle ai presidenti diocesani dell’Azione Cattolica, uomini e donne che sono un’espressione cordiale e seria del pensare in grande del territorio, mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, ha richiamato nei giorni scorsi la via della carità nella verità per rispondere alla crisi della cultura e all’eclissi della coscienza. Nessuno, è il messaggio che si può raccogliere dalle tre caratteristiche, esca dal tempo e dallo spazio: vi rimanga con dignità, senza smarrirsi nelle nebbie del nulla, delle parole vane, della menzogna.

«Bisogna amare il tempo in cui si vive – scriveva Giuseppe Lazzati – con quell’intelligenza critica che sa cogliere ciò che vi è di buono e ciò che va evitato». Aggiungeva, questo maestro-testimone di laicità e di cui il prossimo anno ricorre il 100° della nascita, che il compito del cristiano è «potenziare la verità». Un appello di ieri che trova significativa eco e continuità anche in parole di oggi: precisamente in quelle rivolte, di recente, ancora da mons. Crociata ai teologi italiani. «Occorre stare – dice il vescovo – in maniera significativa ed efficace dentro il dibattito culturale e sociale certo non nel vortice del chiacchiericcio vuoto e insensato di cui è sempre saturo l’apparato mediatico ma nei luoghi e nei tempi del discernere, in cui diventa possibile seminare e far crescere un germe di riflessione o di seria pensosità».

C’è nella società, in quella sua maggioranza che difficilmente appare nelle indagini demoscopiche, un diffuso e sempre più evidente desiderio di portare in quota il pensiero liberandolo dal condizionamento di ideologie e di poteri. C’è nelle persone la ricerca di occasioni che le aiutino a ritrovare se stesse, di rientrare in se stesse. Dopo tante maschere c’è il desiderio di incontrare dei volti, dopo tanta apparenza c’è il desiderio di incontrare la vita e, in quest’albeggiare di un pensiero anticonformista, non ci sono molti mass media e neppure molta politica: hanno perso tempo in scontri crepuscolari.

La preoccupazione negli ultimi tempi è fortemente cresciuta, è diventata sempre più condivisa: nessuno può gioire di un mancato appuntamento con le attese, le sofferenze, le speranze, la normalità della gente. È tempo di parole nuove, di gesti esemplari. L’Azione cattolica, con la sua storica laicità, ha posto in questi giorni alla riflessione dell’opinione pubblica una nota su quattro sfide del Paese: questione morale, immigrazione, rapporto Nord-Sud, crisi economica e precarietà del lavoro.

Parole ferme, scritte con lo stile di uomini e donne che, nel dialogo intenso e quotidiano della fede con la ragione, trovano la capacità e la forza di distinguere la verità dalla menzogna, trovano la capacità e la forza di richiamare pubblicamente politica e media alle loro responsabilità nella costruzione del bene comune. Hanno levato la voce facendo proprio l’appello di Benedetto XVI a Viterbo: «Non abbiate paura di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici istituzioni dell’esistenza umana». Uomini e donne che, nel compito di «potenziare la verità», leggono soprattutto un dono da offrire alla cultura e alla società. Uomini e donne che non vivono nella paura o di paura: non perché dotati di una forza speciale ma semplicemente perché uomini e donne.