Lettere in redazione

Un equivoco su «grazia» e «perdono»

Caro Direttore,ho letto con qualche disappunto il «Diario di un prete di città» del n. 22 di Toscanaoggi. Forse don Sensini avrebbe fatto meglio a dire a voce il suo consenso rinunziando a affermare poi pubblicamente che la soluzione del «caso Sofri» si dovrebbe trovare «semplicemente con un colpo di grazia»: lo scandalo ci sarebbe stato lo stesso, ma per lo meno sarebbe restato un po’ più circoscritto.Il resto delle argomentazioni non m’interessa; è il colpo di grazia che non si può dare mai: a nessuno e per nessun motivo, tantomeno a un carcerato. Credevo che, da Cesare Beccaria in poi, queste cose fossero diventate patrimonio comune della civiltà di tutti. Invece non è così: mi dispiace.Umberto SantarelliFirenze Caro Direttore,ho trovato piuttosto fuori luogo la presa di posizione di don Francesco Sensini (sul n. 22 dell’11 giugno 2006, pagina IV) in merito alla grazia ad Adriano Sofri. A parer mio don Sensini ha equivocato sui significati delle parole «grazia» e «perdono», scomodando anche nostro Signore e alzando un certo polverone intorno alla questione.

Sull’opportunità del provvedimento di grazia si può e si deve ragionare, rimanendo nella sfera che attiene al potere e quindi nella sfera della politica e della giustizia (intesa come potere dello Stato). E qui si può dire tutto quello che ha scritto don Sensini, magari aggiungendo la lista di tante altre persone «famose», con reati di non piccola entità, che, per gli uffici di avvocati ben introdotti o perché si erano aggiustati le leggi, il carcere non lo hanno nemmeno sfiorato.

Al di là di questo inizia una zona di rispetto, quella della coscienza, accessibile solo a Dio e sulla quale nessuno può proferire parola. Meglio tacere, come quando entriamo in un luogo sacro. Là dove la legge aveva già le pietre in mano per lapidare una peccatrice, il Signore stava in silenzio e scriveva sulla sabbia. Ricordiamocelo.Luisa ProdiPisa Il vostro disagio, cari amici, – che si aggiunge a quello che altri hanno manifestato telefonicamente – è comprensibile. Certe tematiche per la loro complessità, e soprattutto per la valenza etica che rivestono, travalicano le responsabilità di chi tiene una rubrica che – lo sa bene chi segue da tempo il «Diario di un prete di città» – è spesso giocata sul paradosso.È giusto quindi precisare e chiarire. Le tematiche che investono in senso ampio la giustizia e il modo di concepirla e amministrarla sono state affrontate dal Settimanale, anche di recente, sia nel colloquio settimanale coi lettori – e sul n. 20 è lei, gentile signora Luisa, che ce ne ha data occasione – sia con prese di posizione come sul caso dell’ex brigatista Sergio D’Elia eletto deputato e nominato segretario della presidenza della Camera («Il fatto» sul n. 22).Le nostre posizioni sono quelle e credo siano tali da dissipare ogni possibile equivoco.

La Rubrica di don Sensini: Adriano Sofri, la grazia e la giustizia

Caso D’Elia, questione di sensibilità