Toscana
Un cittadino su due beve acqua del rubinetto
di Ennio Cicali
Liscia, gassata o di rubinetto? È stato fino a oggi il dilemma di molti consumatori, non sempre soddisfatti della qualità del prezioso alimento. Insoddisfazione all’origine del boom delle acque in bottiglia: 12,5 miliardi di litri consumati in Italia, con un fatturato alla vendita di 3 miliardi e mezzo di euro. Considerata poco affidabile l’«acqua del sindaco» è stata per molto tempo relegata agli usi domestici: la cucina, il bagno, il lavaggio dei panni.
Oggi non è più così: un toscano su tre beve sempre l’acqua del rubinetto, uno su due la consuma saltuariamente, rendendo possibile così anche un risparmio di bottiglie di plastica utilizzate e quindi anche una riduzione nella produzione di rifiuti spiega Alfredo De Girolamo, presidente di Cispel Toscana (l’associazione regionale delle aziende di servizio pubblico). «I gestori toscani del servizio idrico hanno migliorato la rete idrica prosegue – costruito importanti impianti di potabilizzazione e creato nuove fonti di approvvigionamento, anche grazie a grandi condutture di trasporto tra territori diversi».
Le acque del rubinetto e i loro gestori, cioè i comuni, non si rassegnano al ruolo di perdenti e sono passati al contrattacco. Non sarà facile, ma ci provano.
«Oggi siamo a un punto cruciale spiega Di Girolamo – Possiamo affermare che il sistema toscano del servizio idrico ha fatto passi da gigante in questi anni, oggi abbiamo 7 aziende sane dal punto di vista industriale, che gestiscono con efficacia un servizio e che cercano di attuare gli sforzi necessari per migliorarlo ulteriormente, per mettersi al passo con gli standard ambientali richiesti, per perfezionare quel rapporto di fiducia con i consumatori utenti, dimostrato anche dal fatto che il consumo di acqua del rubinetto è aumentato, anche grazie all’impegno di comunicazione e di educazione ambientale delle aziende toscane».
È necessario, secondo Di Girolamo, fare investimenti per mantenere la qualità del servizio. Quindi serve un piano nazionale strategico che finanzi le grandi opere necessarie al settore.
Il cerino passa ora ai politici, Regione e Governo. Ai cittadini utenti non resta che consolarsi bevendo l’«acqua del sindaco», risparmiando i soldi dell’acqua minerale , circa 300 euro l’anno, che si potrebbero presto trasformare in tariffe.