Pisa

UN ARCHIVIO DIOCESANO A CINQUE STELLE

di Andrea Zanotto Siamo agli esordi del Settecento quando un sacerdote ricopiò a mano da solo un gran numero di pergamene conservate nell’archivio arcivescovile. Quelle pergamene, raccolte in dodici volumi che vanno dall’Ottavo secolo e arrivano fino al Quattrocento, hanno costituito e costituiscono una delle più importanti fonti  sulla storia della diocesi e della città. Il nome dell’autore delle trascrizioni era ignoto finché, recentemente, la professoressa Luigina Carratori – docente al dipartimento di storia dell’Università di Pisa – ha casualmente ritrovato nello stesso archivio diocesano una nota in cui si accennava all’anonimo copista: sarebbe stato tale Picchietti, o Prichietti.Lo ha raccontato lei stessa in occasione del primo incontro della serie «Conversazioni in archivio», organizzato da diocesi di Pisa e Rete archivistica provinciale e tenutosi nei giorni scorsi nel palazzo arcivescovile. Ha aperto i lavori il vicario generale monsignor Antonio Cecconi, che ha sottolineato come «solo un patrimonio ben conservato può essere conosciuto anche all’esterno della cerchia degli specialisti». Cecconi ha anche evidenziato il nuovo ruolo che sta assumendo l’archivio ospitato nelle sale dell’ex limonaia del palazzo arcivescovile. Considerato che sempre più parrocchie non hanno un sacerdote residente e responsabile del funzionamento e conservazione dell’archivio, l’archivio sta infatti divenendo il centro di raccolta di tanti archivi parrocchiali.Su questo punto si è soffermata nella sua relazione anche la professoressa Carratori, invitando tutti gli studiosi a sostituire la comune dizione «archivio arcivescovile» con quella, più corretta, di «archivio diocesano», dato che il fondo prettamente «vescovile» è ormai solo una parte, sebbene la più consistente, del materiale conservato. Grande conoscitrice dell’archivio (è autrice, tra l’altro, di un primo inventario della parte medievale dell’archivio, dello studio sulle visite pastorali della diocesi di Pisa dal Quattrocento al Novecento, di un’analisi, con Michele Luzzati, dei battesimi a Pisa tra il 1457 e il 1509) la Carratori ha peraltro osservato come l’archivio abbia cominciato ad accogliere fondi di vari enti fin dal Settecento, quando vi confluì, ad esempio, l’archivio dell’Inquisizione.L’archivio diocesano così come ora lo conosciamo aveva iniziato a formarsi nella seconda metà del Trecento, con la comparsa della figura del vicario generale e la divisione, sempre più netta in età moderna, tra i testi che documentavano l’attività pastorale della diocesi (Curia) e quelli dedicati alla gestione patrimoniale (Mensa). La fortuna di non aver subito smembramenti o calamità, e soprattutto l’attenzione con cui è sempre stato conservato, senza dubbio lo rendono ora uno dei più ricchi archivi a livello nazionale.